Nucleare: l’Iran lancia un ultimatum

Tensioni tra Teheran e Washington

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A pochi giorni dalla vicenda delle petroliere battenti bandiera delle Isole Marshall, silurate nel Golfo dell’Oman mentre trasportavano un carico di etanolo dal Quatar a Taiwan, e che ha visto l’amministrazione Trump accusare infondatamente le autorità militari iraniane, nuove importanti decisioni arrivano da Teheran nell’ambito del nucleare. Il portavoce dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, Behrouz Kamalvandi, ha dichiarato infatti che l’Iran intende trasgredire ai limiti fissati dal Jcpoa, l’accordo internazionale sul nucleare iraniano, pattuito nel 2015 a Vienna con i 5 paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, più la Germania. Questo accordo prevedeva che l’Iran eliminasse le sue riserve di uranio a medio arricchimento, tagliasse del 98% le riserve a basso arricchimento e riducesse di due terzi le centrifughe a gas, impegnandosi nell’arco temporale di 10 anni a non superare il limite del 3,67% nel livello di arricchimento dell’uranio e a concentrare tale attività in un solo impianto; ai cui database ha accesso l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, con l’obiettivo di evitare in questo modo il rischio di proliferazione nucleare, in ossequio al Trattato internazionale di non proliferazione del nucleare che prevede il disarmo e l’uso pacifico del nucleare. Dal punto di vista dell’Iran l’interesse nel sottoscrivere questo accordo, consisteva nell’ottenimento della cessazione delle sanzioni economiche imposte da Stati Uniti, Unione Europea e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, a causa della contrarietà al suo pesante programma nucleare.

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Entro il 27 giugno, la nostra produzione di uranio supererà i 300 kg", ha detto Kamalvandi, e già l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha confermato l’aumento della produzione di uranio arricchito da parte dell’Iran. Si tratta in realtà di un processo decisionale che si porta avanti dallo scorso maggio, quando la Repubblica Islamica ha annunciato la decisione di sospendere la cessione all’estero dell’eccedenza di 300 kg di uranio arricchito al 3,67% e di 130 tonnellate di acqua pesante. Tutto ciò sarebbe una diretta conseguenza di una mancata risposta dei paesi contraenti il patto alle richieste dell’Iran in ambito petrolifero e bancario, in seguito all’uscita degli Stati Uniti dall’accordo e al ripristino delle sanzioni da parte dell’amministrazione Trump. "Abbiamo aspettato un anno, era la nostra ’pazienza strategica; […] gli europei o non vogliono fare qualcosa o non sono capaci di farla" ha affermato Kamalvandi. Scatta così l’ultimatum. La situazione è tesissima, considerando che che Teheran potrebbe tornare ad arricchire il proprio uranio fino al 20% "in base alle esigenze del Paese". Come spiegato dal portavoce, "ci sono due scenari : uno è procedere con l’arricchimento fino al 5% per la centrale nucleare di Busher", l’altro prevede un "incremento fino al 20% per il reattore di Teheran", dove secondo le autorità iraniane sono prodotti isotopi radioattivi per scopi medici.

Federica Scippa

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