OLANDA: CONOSCERE IL PAESE PER CAPIRE IL MALCONTENTO

Via libera al voto per eleggere la Camera bassa. Sfida tra europeisti ed euroscettici. Stress test per l’UE

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Si aprono oggi le urne per il rinnovo della Camera bassa in Olanda. 28 le liste in gara e una partita da giocarsi tra Geert Wilders, leader anti UE del PVV e l’attuale primo ministro, Mark Rutte, pro UE a capo del VDD. Tra loro Jesse Klaver, giovane promessa dei verdi, destinata, secondo i sondaggi, a conquistare un gran numero di seggi in Parlamento. I risultati ufficiali non verranno resi noti prima del 21 marzo, ma i dati preliminari saranno disponibili già dalle prime ore di giovedì.

Se vincesse Wilders sarebbe davvero un colpo di scena?

Ammessa la rimonta di Rutte, almeno secondo alcune proiezioni, il paese, con sedici milioni di abitanti e una realtà finanziaria solida, vanta una storia intelligente e commerciale, dal forte carattere identitario. Fu l’età borgognona a gettare le basi di una coscienza nazionale che ben presto si riassunse nell’ingegnosa vocazione commerciale. Le risorse non erano molte e per provvedere ai bisogni primari degli abitanti, era necessario importare il grano dalla regione baltica. E le navi del 1477 che approdavano ad Amsterdam, preludevano al governo dell’aristocrazia mercantile del secolo d’oro, il XVII.

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Era la fine del 1500 quando iniziò ufficialmente l’era dell’espansione che vide l’annessione dell’Indonesia, delle Piccole Antille e di quella che sarebbe diventata New York: la New Amsterdam. L’animo olandese si riconobbe in un colonialismo integrato con la struttura produttiva interna che non impoverì le terre conquistate, ma assicurò materie prime a basso costo. Contrariamente alla Spagna che dilapidò ben presto i beni importati, l’Olanda crebbe perché impiegò le risorse nelle manifatture, per la maggior parte private.

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Dall’avvento dell’illuminato Guglielmo I che archiviò un periodo travagliato di guerre, iniziò la transizione verso la modernizzazione dell’economia nel suo liberismo, essenza di un paese chiamato ora a mostrare il suo vero volto. Di continentale ha ben poco, nonostante il sostegno alla causa della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio del ’51. Per capirne la ratio occorre tornare al ’49, anno in cui l’Indonesia, che avrebbe assicurato fervidi rapporti commerciali con tutta l’Asia, ottenne l’indipendenza. È facile dedurre come la politica basata sull’integrazione estera non sia stata che una scelta strumentale allo spirito mercantilistico di chi, da buon commerciante, ha sempre preferito mantenersi neutrale, curando quanto basta le relazioni diplomatiche. Dall’operazione Tulipano nero del ’45 che segnò la fine del Reichskommissariat Niederlande, istaurato nel ’40 con l’invasione tedesca, l’Olanda condusse una gestione programmata e funzionale alla propria tranquillità, almeno fino alla caduta del Muro di Berlino che cancellò la necessità di riparo sotto l’ombrello dell’Alleanza Atlantica. Non dimentichiamo che nel 2005, il referendum confermativo della Costituzione Europea, lo vinsero gli euroscettici.

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La diffidenza nei confronti dell’Unione trae linfa dal dubbio crescente sul futuro dell’euro. Bruxelles è troppo poco liberale e le strategie economiche dell’Unione non convincono, nonostante la Commissione Europea abbia previsto per il paese una crescita del 2% e una riduzione della disoccupazione che dovrebbe attestarsi, nell’anno in corso, attorno al 5,2%. Ipotesi sicuramente incoraggianti. Ma ad aver incrinato la legittimità politica della sinistra, sono state le politiche di austerity che hanno portato a un taglio del welfare sociale soprattutto nel campo della sanità.La campagna elettorale di Wilders ha preferito però puntare sulla retorica anti Islam e anti immigrazione in genere, dipingendo l’UE come la causa principale dell’arrivo dei rifugiati nel paese, troppo “stretto” per garantire benessere a tutti. In effetti la densità di popolazione è di 450 abitanti per chilometro quadrato, con picchi di 900 nel quadrilatero tra L’Aja, Rotterdam, Ultrecht e Amsterdam. La percentuale complessiva di suolo vivibile è del 55%, con un rischio inondazione sempre in agguato.

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Tuttavia il numero dei richiedenti asilo nel 2015 è diminuito della metà grazie all’accordo con la Turchia - che oggi mostra segni d’insofferenza - e allo sbarramento della via dei Balcani. Allora la politica di chiusura è dettata non tanto dalla crisi corrente in senso generale, ma dalla paura che il welfare possa non reggere la presenza di stranieri. Guardando ai numeri, su 17 milioni di abitanti, solo 3,8 milioni provengono da altri paesi. E di questi, la metà non è europea. Qualsiasi sia il sentimento che prevarrà tra gli olandesi, resterà la difficoltà di realizzare un governo che necessariamente dovrà basarsi sul gioco delle coalizioni. Se il VDD avrebbe buone possibilità di formare un gruppo con altri partiti, molte sarebbero le complicazioni per il PVV, col quale, ad oggi, nessuno vuole allearsi.

Silvia Girotti

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