ONIRICHE CITTA’ FANTASMA

“Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare la loro forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati”.
Sull’onda di alcuni scandali edilizi, del degrado politico, morale e culturale delle nostre città, della confusione urbana della metropoli moderna, risuonano bene queste parole accorte di Italo Calvino, tratte da “Le città invisibili”, un piccolo libro forse poco celebrato, ma senz’altro anticipatore dei tempi. Le città del desiderio, della memoria, dei segni, le città nascoste, le città che vorremmo vivere ogni giorno e che, per pigrizia e cecità, non riusciamo a vivere, diventano sempre più i luoghi del sogno, le città invisibili.
Bisogna riscoprirle queste nostre belle città. Perché le tentazioni della Città del Rumore ci sono sempre e prendono le forme, oggi, di una comunicazione tra la gente, rapida, al minuto, superefficiente e quindi superficiale, di una “realtà virtuale” che ci avvinghia tutti con schermi e schermucci; e perché sarebbe meglio pensare di più ad una Città del Silenzio, come luogo privilegiato della parola. E’ quasi un paradosso: il silenzio come comunicazione vera. E quindi tornare a parlarsi. Con il vicino di casa, il passante per strada, con il barbone e il malato di mente.
Tornare sì ad aprire i monumenti, i musei ed i centri storici, ma tornare a riscoprire le strade della città, a starci con i suoi ritmi e i suoi colori, a frequentare i luoghi dove si beve del buon vino e dove si ascolta della buona musica, a fare teatro all’aperto, cinema all’aperto, a ripopolare le nostre strade di poeti, suonatori, scrittori, filosofi, pifferai, giocolieri, incantatori, maghi e astrologi, venditori ambulanti e poveri, matti, mendicanti, come un grande circo dove ognuno può danzare, parlare e stare in silenzio. In una babele di uomini e culture, dove ci sia posto per tutti.
Forse è una città del sogno, una città, appunto, invisibile.
Ma la Città del Silenzio è anche il luogo della dimensione utopica, del ciò che non è ancora e non sarà, come afferma lo storico Vittorio Emanuele Giuntella, in un prezioso volumetto dal titolo “La città dell’illuminismo”: “La città, che è per eccellenza il luogo della storia e il luogo della trascendenza, il segno di contraddizione e quello dell’unità, è Gerusalemme, le pietre della Gerusalemme distesa tra la valle del Cedron e quella di Ben-Hinnom, e l’altra Gerusalemme, quella dell’Apocalisse e della Mishna, che non è ancora, ma che verrà”.
Una dimensione spirituale che però non ci toglie lo sguardo dalla dura realtà urbana di ogni giorno. E’ lo stesso Calvino che ci indica una possibile strada da seguire, per bocca del viaggiatore Marco Polo che racconta ad un desolato e melanconico Gran Khan: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà: se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.
(Le foto riportate sono state realizzate dal fotografo Antonino Orlando, professionista premiato in diverse mostre con menzione d’onore, che si ringrazia per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione.)
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