PARIGI FASHION WEEK COLLEZIONI FALL-WINTER ‘22/’23
Il fashion system tra venti di guerra e think pink

Dopo New York, Londra e Milano, è toccato a Parigi chiudere il mese della moda dedicato alle collezioni pret-a-porter per il prossimo autunno-inverno. La fashion week parigina, se pur ricca di sfilate ed eventi, quarantacinque sfilate in presenza, tredici in digitale e trentasette presentazioni fisiche di brand “minori”, non è ad eguagliare la vitalità di Milano dove, solo le sfilate in presenza sono state più di sessanta e dove hanno avuto luogo centosettanta manifestazioni, tra eventi e presentazioni fisiche. Come è stato per Milano, anche a Parigi non hanno di far sentire la loro voce i grandi del lusso made in France come: Chanel, Dior, Saint Laurent, Louis Vuitton, Loewe, Hermes, Givenchy, Balmain, Balenciaga. Le sfilate più emozionanti sono stati quelli della maison Off-White, perché ha sfilato l’ultima collezione disegnata dal suo fondatore, Virgil Abloh scomparso lo novembre, quello della maison Balenciaga che è stato un pugno allo stomaco di tutti noi su come gli ucraini stanno vivendo questi terribili momenti e il fashion show “think pink” della maison Valentino. Ha suscitato grande attesa la sfilata della designer inglese, Stella McCartney che ha scelto Parigi per la sua collezione, mentre tra gli assenti hanno fatto scalpore il forfait Alexander McQueen che presenterà la sua collezione il prossimo quindici marzo a New York e quello di Maison Margiela che presenterà la sua collezione fuori dal calendario ufficiale. Anche da Parigi il messaggio fashion arriva forte e chiaro: il bustier e la canotta bianca sono i capi must have del prossimo autunno-inverno, il monocromo, la formazione tra couture e sportswear, i volumi over, le linee e le spalle strutturate, la vita segnata, la minigonna, la vita bassa (anche se molto meno protagonista rispetto alle altre fashion week), le trasparenze, il cut-out, il plateau, io collant ton sur ton. Saranno questi i trend per mantenere la barra dritta nel fashion del prossimo inverno.
Anche per la designer Maria Grazia Chiuri la donna Dior non potrà fare a meno del bustier, che sia un accessorio che completa l’outfit o un elemento integrante di una giacca, di un trench, di un abito. Il bustier, per Dior, sarà l’elemento chiave per esaltare la silhouette, ma non più come una gabbia come in tempi passati. Anche per la maison la contaminazione tra couture e sportswear diventa il fil rouge della collezione, così l’iconica giacca bar, grazie all’uso di tessuti tecnologici, si trasforma in un capo capace di regolare la temperatura corporea, il coprispalle si trasforma in un air bag che attenua le cadute della “vita quotidiana”, la jumpsuit, second skin e con corde catarifrangenti, si trasforma in un catalizzatore che ci aiuta a non perderci nell’anonimato delle metropoli. La palette colori si affida al total black, ai pattern black and white, alle nuance poco sature che richiamano le sfumature della natura nel periodo autunnale. La couture più pura fa capolino dagli abiti di impalpabile seta plissé che chiudono una sfilata futuristica che lascia sul terreno l’allure Dior per andare incontro, forse troppo, ai gusti dei millennials.
La maison Saint Laurent decide un cambio di rotta che non ti aspetti, per il designer Anthony Vaccarello sono tempi di moderazione, ma che sa essere anche glamour. In questa collezione non ritroviamo i tratti distintivi delle scorse collezioni: gambe in bella vista, trasparenze, una palette colori esageratamente pop. Il mood della collezione si ispira al glamour minimale degli anni ’30, la silhouette è perfettamente esaltata da long dress drappeggiati in chiffon di seta, da fluttuanti pantaloni palazzo a vita alta, dai long coat, dai caban e dai trench che diventano un’armatura glamour contro il freddo delle giornate invernali. La palette colori è fatta di tanto nero, beige, marrone con tocchi di verde, di bianco mai ottico. Della “vecchia” donna Saint Laurent restano le spalle strutturate, i leggings in tessuto lucido che diventano i nuovi collant, i cuissardes in vernice nera, l’iconico smoking. Se Dior lascia sul terreno l’allure, Saint Laurent sa raccoglierlo benissimo donandogli una voce moderata, ma meravigliosamente glamour.
La donna Balmain pensata dal designer Olivier Rousteing è una donna che indossa un equipaggiamento da guerra, in principio, pensato per affrontare il post pandemia, ma che in questi giorni di guerra diventa più attuale che mai. La collezione è una collezione futuristica con capi imbottiti, con pullover che diventano una scintillante armatura, capi che hanno spalle strutturate, che predilige il total white e il total black, ma che non rinuncia alla femminilità attraverso i ricami, il plateau, la vita bassa e le gambe in bella mostra.
Il fashion show della maison Balenciaga è stato il più simbolico, quello più vero, quello che ci ha restituito perfettamente quello che oggi sta vivendo il popolo ucraino. Il designer Demna Gvasalia sa bene sulla sua pelle cosa stanno provando e vivendo chi sta fuggendo, oggi, dall’orrore della guerra, lui che da bambino, negli anni ’90, è dovuto fuggire dalla Georgia invasa dalla Russia finendo in un campo profughi in Germania. Gli invitati alla sfilata hanno trovato sul loro posto una t-shirt con i colori dell’Ucraina e una lettera scritta dal designer che ha commentato con queste parole la sfilata: “questa sfilata non ha bisogno di spiegazioni. E’ dedicata alla resistenza, al non aver paura e alla vittoria dell’amore e della pace”. Le modelle hanno sfilato in una tempesta di neve dove faticano a camminare, rischiarata da lampi e con sacchetti di plastica al posto di borse griffate. Dopo un così forte impatto visivo, parlare di abiti sembra superfluo, ma questo è il mio lavoro, lavoro che mi porta a considerare la collezione della maison pensata per una donna che vuole affrontare l’inverno coprendosi, con capi dalle spalle larghe, con occhiali neri che precludono gli occhi allo sguardo altrui. La donna Balenciaga è una donna che lascia nel guardaroba le frivolezze, una donna minimal che riserva poche deroghe al glamour e al cromatismo, dove il total black è imperante.
Dopo tanto orrore, plasticamente rappresentato, dal fashion show di Balenciaga è toccato alla maison Valentino portare speranza ed ottimismo. Le collezioni della maison, co-ed uomo e donna, sono state una carrellata di outfit total pink, una precisa nuance di pink: il pink PP che sarà certificato da Pantone e che, forse, si appresta a prendere il posto dell’iconico rosso Valentino. Il rosa, in tutte le sue nuance, è stato sempre un colore presente nelle collezioni del designer Pier Paolo Piccioli, ma questa collezione vuole rappresentare una lente rosa da cui guardare il futuro. Tutto ha parlato con una sola voce: il rosa, dalla location total pink, dagli inviti, dagli abiti, Piccioli ha spiegato che l’uso di un solo colore è stato un escamotage per costringere l’occhio dello spettatore ad andare oltre le “apparenze” del colore per apprezzare i tessuti come la lana, la seta, lo chiffon, apprezzare i dettagli come i plissé, le paillettes, i ricami, gli intarsi, apprezzare la perfezione delle linee. La fine della sfilata è stata consegnata al total black come a volerci ricordare che il rosa non ha ancora vinto sulle tenebre che minacciano questi nostri tempi di post pandemia e di conflitti. Pier Paolo Piccioli riesce nell’intento di regalare un’oasi di glamour scevra da pregiudizi, un colore che diventa genderless, una boccata d’aria e di speranza. L’uso del colore interconnesso con gli eventi storici è stato da sempre oggetto di studio, sono molti a sostenere che durante i periodi più bui della storia, sia nel campo economico che geopolitico, il fashion system si è sempre colorato, ha usato il color blocking, ha sperimentato nuovi percorsi stilistici. Viceversa quando le cose sono andate bene, il fashion system è diventato minimal, ha usato il monochrome, i colori si sono fatti scuri e neutri. Una sorta di dicotomia che possiamo riassumere così: quando siamo felici e ricchi la moda è minimal, quando siamo tristi e più poveri la moda è ridondante. Non a caso la grande designer, Elsa Schiapparelli inventa l’iconico rosa shocking o rosa Schiapparelli nel 1938 quando i nazisti imperversavano in Europa ed erano alle porte di Parigi che poi occuperanno nel 1940.
Anche per la maison Givenchy, come è stato per Saint Laurent, la strada della moderazione è la chiave per interpretare questi nostri tempi. Lo stesso designer, Matthew Williams ha dichiarato di aver voluto creare abiti che possano essere indossati senza tante complicazioni. E’ una collezione easy che non comprende abiti da sera, ma che jeans, bomber oversize, felpe logate, jumpsuit in pelle, long coat si indossano da mattina a sera. La palette colori è tenebrosa con tanto nero, viola, rosso, giallo, verde, ma declinati nelle nuance più scure. Gli accessori indispensabili per la donna Givenchy sono le perle, micro per decorare i jeans, maxi per le collane girocollo, a far compagnia le perle ci sono i cuissardes in pelle nera che prendono il posto dei collant, ma che vengono indossati anche sotto i pantaloni come una seconda pelle. Se la maison Saint Laurent è riuscita nell’intento di rendere la moderazione glamour, la stessa cosa non è perfettamente riuscita alla maison Givenchy che ha fatto sfilare una collezione sportswear, facilmente portabile, ma non glam-chic al cento per cento.
La collezione della designer Stella McCartney è una dedica-omaggio all’artista americano, Frank Stella e alle sue opere più emblematiche: Spectralia e Swan Engraving. Il velluto è il tessuto d’elezione, come il very peri (colore del 2022 per Pantone) lo è stato per la palette colori, nel guardaroba della donne McCartney c’è proprio tutto, forse troppo, gonne, jumpsuit, leather, long coat, blazer oversize, tailleur, spalle strutturate, stampe pop, eco fur, slip dress cut-out, texani, cuissardes.
Per il designer Nicolas Ghesquiere l’adolescenza è un momento magico, il momento dove non c’è spazio per il conformismo, per i retaggi culturali, ma è il momento per conoscere le diversità e per formarsi la propria personalità. La collezione della maison Louis Vuitton esprime tutto questo rappresentato, in modo emblematico, dalle gonne a ruota, dai calzini, dalle camicie, dalle felpe oversize, dai blazer, dagli outfit distonici, delle sneakers, delle scarpe basse, ma tutto questo, mi viene da dire, non sono altri luoghi comuni del periodo adolescenziale e del modo di vestirsi degli adolescenti?
Tutt’altro mood quello che si è respirato alla sfilata della maison Chanel, la designer Virginie Viard ha pensato a delle eterne giovani donne che amano rubare i capi dal guardaroba delle loro nonne e indossarli alla loro maniera. L’iconico tailleur in tweed viene indossato con gli stivali da pioggia, le parigine di lana spessa si indossano con le slingback, l’iconico tubino è ripensato in modo contemporaneo grazie all’uso della pelle che prende il posto del tweed. L’ispirazione è vagamente sessantottina nelle linee e nell’uso compulsivo del tweed, non solo nei capi, ma anche l’intera location era interamente tappezzata del tessuto tanto caro a Coco Chanel. Una vena più anni ’80 si respira nella palette colori composta dal viola, dal verde, dal rosa, dall’aragosta, dal bordeaux, senza dimenticare l’iconico connubio black and white, dopo la scomparsa del designer Karl Lagerfeld non c’è ancora niente di nuovo sotto il Grand Palais.
Anche per la designer Miuccia Prada, per la sua collezione di Miu Miu, c’è un forte rimando alla spensierata giovinezza che prende forma in micro gonnelline a pieghe, calzettoni, vita bassissima, maglie crop, long coat, blazer oversize, ballerine da pieghe , il guardaroba da “ragazza di buona famiglia”, ma che non disdegna, al calar del sole, di indossare trasparenze, paillettes, anfibi.
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