PASSEGGIATA ARTISTICA IN ITALIA ATTRAVERSO "IL LUNGO OTTOCENTO" (III^Parte)

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Appena formata la nuova nazione, il governo decise di celebrare i momenti bellici più rappresentativi, molto noto è il quadro di Giovanni Fattori, “Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta”, il pittore livornese non realizza un quadro enfatico e retorico, ma si sofferma sui combattenti stanchi o feriti.

Al centro del dipinto c’è il carro della “pietà”, con le monache che prestano soccorso ai feriti, stanno curando un austriaco, riconoscibile per il colore la divisa, dopo la battaglia non c’è distinzione tra vincitori e vinti.

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Giovanni Fattori- Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta -1862 - Galleria d’Arte Moderna- Firenze

Non solo scene di battaglie, i pittori ci mostrano anche la storia dentro le case, raffigurando le madri, le sorelle, le fidanzate che soffrivano e trepidavano ma allo stesso tempo comprendevano, sostenevano e aspettavano ansiose le notizie dei loro cari, occupandosi della famiglia, realizzando bandiere tricolori, camicie rosse e coccarde.

Nell’opera di Gerolamo Induno, Triste presentimento, è evidente nella fanciulla il turbamento per il ritardo del fidanzato, in un quadretto attaccato alla parete vi è raffigurato il “Bacio” di Hayez, in una nicchia al centro vi è un piccolo busto con l’immagine di Giuseppe Garibaldi, appesa sull’anta della finestra vi è una stampa raffigurante le camicie rosse garibaldine che sventolano il tricolore, è evidente che il fidanzato è un garibaldino o un cospiratore e il ritardo può essere dovuto alla sua morte.

Non mancano, poi, i poetici dipinti che hanno per soggetto la natura, come a ribadire l’amore per la propria terra. Ma passata l’ubriacatura patriottica, a unificazione avvenuta, fra questi artisti e non solo loro, cresce la delusione per il tradimento degli ideali risorgimentali.

Più tardi fu chiaro che i sacrifici di quanti erano caduti in battaglia non erano serviti a creare un’Italia diversa e più giusta.

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Gerolamo Induno -Triste Presentimento-1862-Pinacoteca di Brera- Milano

Tuttavia nelle piazze, lungo le strade, nei parchi e in molti altri luoghi sorsero numerosi i cosiddetti “monumenti tricolori”.

Monumento deriva dalla parola latina monere che significa “far ricordare”, è un segno che perpetua il passato, solitamente sono statue e busti dei personaggi del Risorgimento in primis Garibaldi, Mazzini, Cavour o Vittorio Emanuele II, ma anche complessi statuari molto grandi, l’altare della Patria o Vittoriano fa parte di questi.

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Il Vittoriano visto da piazza Venezia- Roma

Dietro questo storicismo artistico, restaurato oppure ex novo, c’era il desiderio di un’identità nazionale, che seppure possa sembrare oggi anacronistico in piena globalizzazione (globalismo che tuttavia segnala degli evidenti scricchiolamenti) è un meccanismo che s’erge quando ci sentiamo insicuri o troppo ‘mescolati’.

Ci si aggrappa così alle proprie tradizioni, alle proprie radici per esistere, questo sentimento identitario viene spesso usato come spinta autonomistica a fini politici o per dividere i popoli e creare guerre in nome della libertà.

Nazionalismo è in infatti un concetto controverso e pericoloso, tuttavia è un sentimento antropologico legato non solo all’identità culturale, ma alla terra natia, intesa geograficamente, luoghi, sole, vento, fiori e altro, religione e modi comportamentali, il luogo natio e la famiglia.

Scriveva George Orwell: «Il nazionalismo non deve essere confuso con il patriottismo. [...] Per ‘patriottismo’ intendo la devozione a un particolare luogo e a un particolare modo di vita che si crede essere il migliore al mondo senza tuttavia desiderare di imporlo ad altri. [...] nazionalismo, per contro, non può essere separato dal desiderio di potere.»

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Umberto Boccioni- Gli addii- 1911- Moma- New York

Lo stesso intento identitario fu una delle spinte del fascismo, che con l’arte continuò l’epopea risorgimentale e unitaria, addobbandola e caricandola eccessivamente coi simboli ripescati dal mondo romano, tuttavia ‘fare gli italiani’ sembra essere difficile, in quanto è un popolo che ha in sé molte anime e culture, in un’intervista a Mussolini chiesero: «È molto difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani?». Mussolini rispose: «Difficile? Ma per nulla. È semplicemente inutile!»

Non so e non mi chiedo quale sia la verità o la differenza fra nazionalismo o patriottismo, se interrogo me stessa, mi rispondo in questo ordine, sono di Ghibullo, di Ravenna, della Romagna, d’Italia, d’Europa, del Mondo. Nonostante le bellezze che ho visto, il mio piccolo paese natio resta la mia terra, anche se non vi sono più gli stessi usi e costumi, il fiume, l’aria, il sole sono sempre i medesimi, per me vale il… ti sposti, cambi luogo solo perché vai con la tua famiglia, quindi credo che famiglia e territorio, siano i legami più forti.

Questo sentimento cresce con gli anni e la maturità, come ci fosse un tempo per andare e uno per stare.

Lo stesso viaggiare non mi piace più come una volta, un po’ perché il mio corpo si è votato alla cinetosi, cioè una sensibilità più del dovuto del sistema nervoso che mi causa disturbi addominali, confusione, pallore, senso di malessere generale se mi sposto troppo lontano da casa, forse perché sento il viaggio come un dovere imposto, istigato dalla pubblicità e dal pensiero omologante, del fare quello che fa l’altro, un pensiero dominante che martella, che mi ha tolto il piacere della scoperta e mi ha dato la voglia e il piacere di fare il contrario.

Ma in realtà la vera ragione del mio turbamento verso i viaggi è dovuto ai miei cari, che per lavoro sono in giro per il mondo, senza un luogo fisso di appartenenza e il mio dolore si accresce ogni volta che mi guardo attorno e vedo persone da ogni parte del mondo, sono soprattutto giovani, che si spostano dai loro paesi per lavoro o ricerca di un domani migliore (lo chiamano progresso) penso alle loro madri e penso allo sgretolamento della famiglia, penso alla frantumazione dei dipinti di Umberto Boccioni, agli “Stati d’animo n.1 - Gli addii”, “Stati d’animo n.2 - Quelli che vanno” e a Stati d’animo n.3 - Quelli che restano”.

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Umberto Boccioni- Quelli che vanno-1912-Museum of Modern Art- New York

Nel primo Novecento, l’idea di appartenenza a una comunità sfociò in un’idea di appartenenza basata sulla superiorità politica, militare e anche razziale che portò con sé l’espansionismo a scopo egemonico; nonostante tutto quello che si dice a livello politico, sembra che ciò perduri tutt’oggi, siamo in effetti in un sistema industriale mondiale in cui qualsiasi ingranaggio radicale o deviante, rivoluzionario o conservatore, avanguardista o attardato viene forzatamente omologato dal sistema, si esporta la “democrazia”, non ci va bene questo mondo veloce, che ci frantuma il nostro modo di vivere continuamente, che ci costringe a cambiare ogni giorno valori e costumi, ma non possiamo farci niente il progresso corre sempre più veloce.

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Umberto Boccioni-Quelli che restano-1911- Museum of Modern Art (MOMA)- New York

Eric Hobsbawm ha scritto che la vita materiale di un inglese della fine del Settecento era più simile a quella dei legionari di Cesare che a quella che avrebbero vissuto i suoi discendenti tre o quattro generazioni dopo… il progresso corre sempre più veloce, ma non ci ha dato le risposte sul: da dove veniamo, chi siamo, dove andiamo.

(continua)

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Le parti precedenti ai links:

https://www.internationalwebpost.org/contents/PASSEGGIATA_ARTISTICA_IN_ITALIA_ATTRAVERSO_-quot;IL_LUNGO_OTTOCENTO-quot;_(I%5EParte)_29215.html#.Y9_gKnbMKUk

https://www.internationalwebpost.org/contents/PASSEGGIATA_ARTISTICA_IN_ITALIA_ATTRAVERSO_-quot;IL_LUNGO_OTTOCENTO-quot;_(II%5EParte)_29288.html#.Y-iqHHbMKUk

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Paola Tassinari

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