PAVLOPETRI

La città sommersa del Mediterraneo

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Di certo non si tratta di Atlantide ma le città perdute, quelle inghiottite dal mare non sono leggenda o materiale fantascientifico per film di Spielberg, esistono per davvero!

Il ritrovamento ha dello straordinario e il nome della città rinvenuta ancora sconosciuto. Chiamata anche la “Pompei subacquea”, è stata battezzata Pavlopetri, adottando di fatto il nome dell’isoletta che sorge nei pressi della scoperta. Come sempre accade per ogni rintracciamento eclatante anche Pavlopetri è un’esplorazione del tutto fortuita ad opera di Nicholas Flemming, geo-archeologo marino che nel 1967, durante la ricerca di prove sui cambiamenti del mare nella zona, si trovò dinnanzi a questo tesoro sommerso. In realtà, tali resti architettonici furono individuati, sempre per caso, già nel 1904, dal geologo Fokion Negris ma all’epoca la portata dell’avvenimento non fu compresa.

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Patrimonio subacqueo protetto dall’Unesco, Pavlopetri si trova a 4 metri di profondità e si ritiene sia la civiltà più antica del Mediterraneo, con i suoi 5000 anni stimati di vita. La perlustrazione ha fin’ora identificato un agglomerato urbano, risalente al 3.000 avanti Cristo circa, e comprende strade, case fino a 12 stanze, presumibilmente a due piani con giardini, templi, un cimitero ed un avanzato sistema di gestione delle acque. Al centro della città è ancora visibile una piazza con un’area di 40X20 metri, luogo di riunione cittadino. Un edificio più grande conteneva anche magazzini e dispense di cibo. La qualità progettuale di questa città ha stupito gli esperti urbanisti, che la ritengono superiore a molte di quelle moderne.

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Occupata già nel 2800 a.C. si pensa che la città sia stata inghiottita dal mare durante il 1.000 a.C. a causa del primo dei tre funesti terremoti che colpirono la regione. Conosciuta già da mezzo secolo, fu solo nel 2009 che furono effettuati studi approfonditi su questa area di circa 9 ettari.

Nonostante la devastazione del sisma, la disposizione del centro abitato è ancora chiaramente percepibile, tanto da essere stati riconosciuti con certezza 15 edifici primari, in ottimo stato di conservazione ed in ognuno di questi era presente una sala spesso rettangolare. Le case comprendono circa dieci stanze, in grado di ospitare fino a dieci persone e, per questo motivo, si può dedurre che il numero degli abitanti fosse superiore ai seicento.

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Uno stabile più grande conteneva anche magazzini e dispense di cibo. Sono state, inoltre, riconosciute 40 tombe a cista, presenti tra gli immobili dell’ insediamento sprofondato o al loro interno, sotto i pavimenti delle case, anche all’ interno delle mura. Questi loculi sono costituiti da quattro placche calcaree verticali e formano di solito un parallelogrammo rettangolo e una quinta lastra copre la sepoltura. Al numero di queste di sepolture bisogna aggiungere anche 60 tombe scolpite nella roccia.

"I rilievi della città sono stati un’operazione veramente unica. Si tratta d’uno dei pochi posti della terra in cui, come archeologo marino, puoi letteralmente nuotare tra le vie di una antica città sommersa e andare a visitare una tomba sott’acqua, " ha detto il Dr. Henderson. "Le informazioni minuziose che abbiamo archiviato ci forniscono una visione dettagliata, senza precedenti di che cosa fosse una città micenea dell’Età del Bronzo, " ha aggiunto.

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Gli storici suppongono che la “Pompei subacquea” fosse crocevia commerciale fondamentale proprio fra la civiltà minoica, dell’isola di Creta, e quella Micenea, nelle regione dell’Argolide poco distante; una tesi supportata dal ritrovamento di numerosi contenitori in argilla per lo stoccaggio di merci, di statue, strumenti di uso quotidiano e altri manufatti, in particolar modo molti “Pithari”, giare per l’olio, provenienti certamente da Creta. Pavlopetri doveva essere anche un importante centro di produzione tessile, informazione ricavabile dai molteplici pesi da telaio ritrovati in loco.

Sebbene soggetto a secoli di erosioni dell’acqua, la mancata riemersione del sito ha permesso il suo eccellente stato di conservazione.

Francesca Coppola

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