PEDAGOGIA DELLA SALUTE

Tra benessere e formazione

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1.1 Costrutti chiave della pedagogia della salute

In senso generale, la pedagogia della salute ha come oggetto di studio la dimensione della salute letta ed interpretata attraverso categorie pedagogico-educative. Ma il percorso che ha portato, ormai da diversi anni, a valutare come praticabile e sempre più auspicabile l’intreccio tra sapere educativo e sapere medico non è stato semplice né lineare.

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Per parlare di un approccio educativo alle tematiche sanitarie, è stato infatti necessario modificare il concetto stesso di salute: quel che oggi appare ormai quasi un’acquisizione di senso comune, cioè l’idea che la salute non debba essere semplicemente interpretata come «assenza di malattia», ma come raggiungimento di una condizione di pieno benessere ed equilibrio, va, infatti, considerato come l’esito di una lunga e complessa serie di modificazioni degli schemi culturali e concettuali di cui il concetto stesso è stato oggetto[1].

cms_24921/2_OMS-logo.jpgDovendo indicare sommariamente alcune svolte storiche, è possibile rintracciare una prima trasformazione della nozione di salute negli anni Settanta del secolo scorso, quando l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) suggerì l’opportunità di abbandonare la ricordata definizione, per così dire “negativa”,risalente al 1946, della salute come «assenza di malattia» aprendosi ad una valutazione in positivo della stessa,intendendola cioè come «uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale» (OMS, 1975)[2]. Nonostante, per certi, si trattasse di una definizione quasi irrealistica, ebbe comunque il merito di fornire una messa a punto concettuale particolarmente rilevante, nella misura in cui introdusse una netta variazione prospettica: dalla semplice, mera, “sanità” dell’organismo alla salutecomplessiva della persona.

cms_24921/3.jpgLe definizioni successive hanno ulteriormente esteso la prospettiva, soprattutto in chiave socio-ambientale: dall’esclusiva valutazione della condizione del singolo individuo si è, infatti, progressivamente passati all’analisi della relazione con il contesto ambientale in cui il singolo vive, definendo la salute come una «condizione di armonico equilibrio funzionale, fisico e psichico, dell’individuo dinamicamente integrato nel suo ambiente naturale e sociale»[3]. Un quadro interpretativo più largo, quindi, che oltrepassala staticità del termine «benessere» per sostituirlo con un costrutto più fluido come quello espresso dal riferimento all’«equilibrio funzionale».

Più in generale, questi slittamenti di significato rinviano ad una nuova e diversa visione dei bisogni umani in termini non solo di efficienza fisica,di prestazione, di performance, ma anche di equilibrio interiore, di integrazione sociale, cioè in un complesso, si potrebbe dire, “esistenziale”, in cui entrano in maniera radicale delle variabili che non si riducono alla dimensione biologica, ma che fanno anche riferimento alla sfera culturale e sociale.

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Il comportamento individuale, infatti, nell’ambito di una visione pedagogica della salute, va contestualizzato all’interno degli stili di vita intesi in senso lato, cioè considerati in relazione alle influenze socio-ambientali, agli specifici valori culturali del gruppo di appartenenza e persino alle scelte politico-sociali che li condizionano. Se gli stili di vita maggiormente diffusi nelle odierne società complesse possono rivelarsi pericolosi per la salute, ciò non accade, come si potrebbe pensare semplicisticamente, a causa di scarsa informazione mediatica oper l’irresponsabilità di quanti, in numero crescente, decidano intenzionalmente di mettere a rischio la propria salute e la propria vita con condotte sbagliate. Si tratta, infatti, più articolatamente, di comportamenti, modi di vita, strategie esistenziali legati a potenti influenze culturali che per certi aspetti sembrano quasi obbligatoriamente imposti alla collettività. La libertà individuale finisce spesso, in questo senso, per rivelarsi apparente:rischiare la propria salute può divenire addirittura l’unico modo per continuare a “funzionare”, la strada obbligata per far fronte alle richieste del sistema economico-sociale e per garantirsi un certo livello di integrazione all’interno di esso[4].

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È utile dunque iniziare a chiedersi cosa significhi realmente «star bene» per ciascuno di noi, per giungere a identificare diverse dimensioni del concetto di salute, che possiamo così, in prima approssimazione,classificare:

- dimensione fisica (percezione del benessere del proprio corpo, sintetizzabile nella domanda: “come sta il mio corpo?”);

- dimensione psichica e relazionale (percezione del benessere soggettivo e intersoggettivo, traducibile nella questione: “come sto con me stesso e con gli altri?”);

- dimensione sociale (percezione del benessere proprio in relazione al contesto sociale di appartenenza, esprimibile nell’interrogativo: “come vivo?”)[5].

cms_24921/2_1645590243.jpgÈ evidente che il livello complessivo di salute dell’individuo non discende tanto dalla semplice somma di queste dimensioni, quanto piuttosto dal loro equilibrio. Gli standard personali relativamente a ciò che può essere considerato uno stato di buona salute possono infatti naturalmente essere soggetti a variazione. Ciascuno valuta il proprio stato di salute soggettivamente, in ragione dei propri schemi di riferimento esistenziali e delle proprie esperienze: questi sono alcuni dei motivi per cui offrire una “misurazione”della salute, contrariamente a quanto si può tentare di fare rispetto alla malattia, appare, oltre che estremamente complesso, anche in un certo senso inutile.

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[1] S. Colazzo, A. Manfreda, Pedagogia della salute: considerazioni epistemologiche e metodologiche, in Riflessioni Sistemiche - N° 15 dicembre 2016, pp. 105-120

[2] Le diverse definizioni del concetto di salute sono visionabili in rete presso https://www.treccani.it/enciclopedia/salute

[3]Ibidem

[4]Aa. Vv. Appunti di educazione sanitaria, a cura del Centro Servizi e Documentazione in EducazioneSanitaria, p. 3 (in https://www.aslmn.net/docs_file/edsal_p_appunti_educazione_sanitaria.pdf).

[5] Ivi, p. 4 e sgg.

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Giusy Negro

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