POLITICA DI COESIONE 2021-2027: DEAL EUROPEO E MEZZOGIORNO D’ITALIA
Un™occasione possibile?

Alla domanda rispondono autorevoli esperti di politica economica con una “Proposta Infrastrutture” condivisa, che riporto integralmente.
L’intervento, sottoscritto da Luigi Paganetto, Adriano Giannola, Ettore Incalza, Alessandro Corbino, Leandra D’Antone, Mario Panizza, Enzo Carra, Flavia Marzano, Giandomenico Magliano, Vincenzo Scotti, Ortensio Zecchino e Sergio Zoppi (a nome di altri), muove dalla considerazione che, allo stato, si stia dando poca attenzione al Programma 2021 - 2027 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di Coesione (FC).
Programma 2021 – 2027: Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e Fondo di Coesione (FC).
Prima di entrare nei merito del documento in premessa vediamo, in sintesi, cos’è il Fondo Europeo di Sviluppo regionale (FESR) e il Fondo di Coesione (FC) e, in particolare, cosa prevede il Quadro europeo di sviluppo regionale per il periodo 2021-2027.
Il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) è’ un fondo le cui risorse sono stanziate per investimenti a “concetrazione tematica” . Si tratta di investimenti la cui entità dipende dalla tipologia delle regioni cui sono destinate e della tipologia dei progetti da valorizzare e afferenti quattro macroaree: 1) innovazione e ricerca; 2) agenda digitale, 3) sostegno alle piccole e medie imprese (PMI); 4) progetti diretti ad eliminare le emissioni di carbonio.
Nello specifico, i Programmi di cooperazione territoriale europea prevedono la concentrazione di almeno l’80 % dei Fondi sulle quattro aree prioritarie menzionate e delle specificità territoriali; ciò nella finalità di ridurre i problemi economici, ambientali e sociali che affliggono le aree urbane. Le aree svantaggiate dal punto di vista geografico (in quanto isolate, montagnose o a scarsa densità demografica) ricevono un trattamento particolare. Le aree più periferiche, invece, godono di specifici aiuti economici da parte del FESR per far fronte agli eventuali svantaggi derivanti dalle condizioni di lontananza.
Il Fondo di Coesione (FC), soggetto alle medesime norme di programmazione, gestione e controllo che disciplinano FESR (e Fondo di Sviluppo Europeo, n.d.r.) è il Fondo le cui risorse sono destinate a progetti infrastrutturali afferenti le reti transeuropee di trasporto (ossia i progetti prioritari di interesse europeo così come definiti dall’UE) e la tutela dell’ambiente nel quadro, ad esempio, di progetti correlati al settore dell’energia o dei trasporti (a condizione che questi offrano chiari vantaggi sotto il profilo ambientale in termini di efficienza energetica, utilizzo delle energie rinnovabili, sviluppo del trasporto ferroviario, sostegno all’intermodalità, potenziamento dei trasporti pubblici, ecc. ).
Ciò premesso, con l’accordo politico del Parlamento europeo e del Consiglio sulle proposte della Commissione per il periodo 2021-2027, il Deal europeo di Sviluppo regionale e coesione individua cinque priorità di investimento nei settori in cui l’UE prevede cinque obiettivi principali:
1) l’innovazione, la digitalizzazione, la trasformazione economica e il sostegno alle piccole e medie imprese;
2) eliminazione delle emissioni di carbonio grazie all’attuazione dell’accordo di Parigi e agli investimenti nella transizione energetica, nelle energie rinnovabili e nella lotta contro i cambiamenti climatici;
3) infrastrutture (reti di trasporto e digitali strategiche);
4) inclusione (diritti sociali, occupazione di qualità, istruzione, competenze professionali, e un equo accesso alla sanità);
5) strategie di sviluppo gestite a livello locale e sviluppo urbano sostenibile in tutta l’UE.
Gli investimenti per lo sviluppo regionale saranno principalmente incentrati sugli obiettivi 1 e 2. Tra il 65% e l’85% delle risorse del FESR e del Fondo di Coesione sarà, infatti, assegnato a queste priorità, in funzione della ricchezza relativa degli Stati membri e in tutte le regioni, in funzione della loro appartenenza alle tre categorie già note (regioni meno sviluppate, in transizione e più sviluppate).
Il metodo di assegnazione dei fondi è ancora in gran parte basato sul PIL pro capite ma integrato da nuovi criteri (disoccupazione giovanile, basso livello di istruzione, cambiamenti climatici nonché accoglienza e integrazione dei migranti). La nuova politica di coesione fornisce, inoltre, un ulteriore sostegno alle strategie di sviluppo gestite a livello locale e conferisce maggiori responsabilità alle autorità locali nella gestione dei fondi facendo leva sulla semplificazione delle regole.
Proposta Infrastrutture
La “Proposta Infrastrutture” nasce dalle seguenti premesse:
- I progetti da realizzare devono essere visti, seguendo l’esempio della Francia, valutando il complesso delle opere da realizzare e tenendo presente l’insieme delle risorse finanziarie disponibili a livello di Bilancio pubblico, PNRR e Fondi Strutturali nel periodo 2021-26. Nel farlo non bisogna dimenticare che l’elemento che davvero preoccupa è quello relativo alla mancata spesa, sempre negli ultimi sei anni, del Programma del Fondo Coesione e Sviluppo 2014 – 2020. Dei circa 50 miliardi di euro sono stati realmente spesi 6 – 7 miliardi e impegnati solo 20; per cui, entro il 2023 dobbiamo essere in grado di garantire l’intero utilizzo di un volano di risorse pari a circa 30 miliardi di euro .Questo grave ritardo nella spesa e nella attuazione del Programma non può essere addebitato solo alle Regioni del Sud: ricordiamoci che oltre ai Programmi Operativi Regionali (POR) ci sono anche i Piani Operativi Nazionali (PON) e, come ribadito dalla stessa Unione Europea, “l’Italia spesso non ha versato la sua quota del 50%”.
- Per i Trasporti,.la griglia portante della offerta infrastrutturale del Paese è legata al Piano Generale Trasporti, approvato con la legge 443 del 2001sulle Infrastrutture strategiche e al primo Quadro EU delle Reti TEN – T, nonché al secondo quadro delle Reti TEN – T. al cui interno il nostro Paese era presente con tre corridoi chiave: il Corridoio Lisbona – Kiev, che attraversava l’intera pianura padana, il Corridoio Genova – Rotterdam, che in realtà collegava l’intero nord Europa con il Mediterraneo e il Corridoio Berlino – Palermo.
Alla fine del 2009 il quadro delle Reti TEN – T è stato aggiornato e la Unione Europea ha identificato solo 9 Corridoi e ha dato grande attenzione e rilevanza ai nodi urbani e ai nodi logistici. Dei 9 Corridoi 4 attraversavano il nostro Paese, infatti ai tre precedenti approvati veniva aggiunto il Corridoio Baltico – Adriatico
Queste scelte sono sostenute da un’ampia motivazione analitica che può essere utilizzata ,come richiede la EU, per motivare - in termini di tempi e risultati attesi - le scelte d’investimento che, in questo caso, sono di origine europea. Questa è la ragione di partire da questi investimenti nel PNRR considerandoli prioritari.
- C’è da spiegare come oggi la scelta per queste linee non possa essere altro che quella dell’alta velocità e dell’alta capacità, da congiungere, con la creazione di linee metropolitane e di banchine portuali senza le quali è compromessa la funzionalità e la crescita non di un limitato spazio territoriale ma, addirittura, di un ambito regionale. Va sottolineato che il blocco delle opere dal 2015 con il ricorso al project review e alla analisi costi benefici ha permesso di confermare la validià delle opere previste (di cui all’allegato1) e un onere di sistema di 60-70 miliardi di maggior costo/tonnellata di trasporto (Bankitalia,Confndustria)
- L’assieme delle proposte deve essere formulata mettendo in evidenza la griglia infrastrutturale, in parte realizzata e in parte in corso di realizzazione e, per una enorme parte, da realizzare (allegato 2). Ma occorre farlo trasferendo negli investimenti sulle infrastrutture da realizzare l’aggiornamento tecnologico indispensabile per la sicurezza e la gestione del territorio. Non solo: servono progetti da cui emergano risultati attesi con aumento di produttività e crescita, attraverso la scelta di investimenti integrati trasporti,territorio-logisica .
- Il trinomio deve essere: area - tecnologia – produttività vs sviluppo sostenibile. Le “smart cities”, con una mobilità intelligente sostenuta dal 5G, sono un elemento importante di questo modello. È prioritario un investimento sulle infrastrutture di rete e, in particolare, sulla rete in fibra che non accumuli ritardi. Serve realizzare un’unificazione della connettività per proporci come un’area integrata pronta alle applicazioni del 5G che prospettano uno straordinario effetto trasformativo su interi settori dell’economia. Per realizzare il necessario aumento di produttività e crescita nel Mezzogiorno occorre partire dalle “Zone Economiche Speciali “che vedono insieme città, manifattura ed export con porti e aeroporti dotati di un rapido ed efficiente, accesso attraverso il sistema ferroviario e stradale.
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Le scelte a favore degli investimenti aero- portuali devono essere tradotte in progetti in cui dominano le tecnologie informatiche e l’intelligenza artificiale. Esse consentono - nei porti.- la movimentazione di merci e container, con sistemi di gestione del traffico navi che minimizzano i tempi dell’alternarsi delle navi in ingresso/uscita e della loro permanenza in banchina.
La partecipazione allo sforzo europeo per l’adozione di motori marini e di punti di rifornimento meno inquinanti come quelli a gas metano va nella stessa direzione
Ma ciò che più conta per l’aumento della produttività del sistema aero-portuale è la realizzazione di un sistema di “Governance” che veda il coordinamento tra le tante “Autorità”, i concessionari di servizi e le diverse Amministrazioni locali.
- La nostra portualità deve essere convertita ad una capacità di gestione dei traffici su scala europea e soprattutto mediterranea, piuttosto che lasciata - come succede oggi.- al servizio di mercati locali.Sono i nuovi mercati a contare, sia che si guardi in direzione est che sud. Per conquistarli occorre un programma in cui logistica ed efficienza portuale siano opportunamente coniugati.Conta intervenire per aggiornare, in termini di sicurezza e velocità, i nostri trasporti ma è altrettanto importante integrare dal punto di vista della logistica porti,aeroporti,strade e ferrovie e tener conto dei nuovi flussi di traffico.Allo stesso tempo vanno realizzati gli investimenti, sia in materia di energia che di riduzione di inquinamento del mare, capaci di produrre efficienza e beneficio ambientale. Anche le autostrade del mare vanno in questa direzione, sottraendo traffico all’affollato sistema autostradale così come l’adozione di sistemi portuali di erogazione dell’energia di maggior efficienza.
- è la domanda attuale e potenziale che deve guidare le scelte di investimento. La frammentazione dei servizi aeroportuali, in particolare nel Mezzogiorno, deve essere ricondotta a una logica unitaria rispetto al traffico passeggeri e alle rotte turistiche prevalenti.L’idea-guida dei progetti da inserire nel PNRR deve essere, in conclusione, quella di investimenti strettamente integrati, se si vuole avere un effetto significativo sulla crescita perché, diversamente, avremo la realizzazione di opere, pur necessarie ma espressione di mera spesa che, pur assicurando sostegno alla domanda, poco potranno contribuire all’aumento della produttività
- Tra le infrastrutture non devono essere dimenticate le opere di riassetto idrico e, in particolare, il sistema dighe nel Mezzogiorno del Paese che diventa urgente ed improcrastinabile.(allegato 3). Per molte di esse si dispone già da anni di adeguati invasi ma non si dispone né degli adduttori né delle reti di distribuzione. Cioè, dopo mezzo secolo, il Mezzogiorno, o meglio alcune Regioni come la Sicilia e la Puglia, ricevono quantità idriche limitate (in alcuni comuni l’acqua arriva tre volte a settimana per sole sei ore). Quindi, nel Mezzogiorno una emergenza fondamentale da affrontare e da risolvere è proprio quella relativa sia alla messa in sicurezza delle dighe sia alla realizzazione di adeguati adduttori.
- Per la concreta realizzazione dei progetti e degli investimenti del PNRR la prima riforma dovrà essere quella che assicuri un reale e misurabile passaggio tra la decisone del Governo e del Parlamento e l’attuazione concreta delle scelte. È infatti utile ricordare che tra le decisioni prese in sede di Consiglio dei Ministri e quelle trasformate in legge dal Parlamento e l’attuazione concreta delle stesse scelte intercorre una fase temporale lunga e, a volte, i cosiddetti Decreti Attuativi vengono presi dopo tempi talmente lunghi da annullare la efficacia delle norme stesse. La prima riforma, quindi, è proprio quella in cui la norma possa contenere - sin dall’inizio - tutte le condizioni, tutti i passaggi procedurali capaci di dare consistenza immediata alla volontà istituzionale. D’altra parte se nei controlli sistematici previsti proprio dalla Commissione europea, mirati a verificare l’avanzamento delle proposte progettuali inserite nel Recovery Plan, non ci dovesse essere un immediato e coerente collegamento tra quanto approvato e quanto avviato, scatterebbe automaticamente il blocco delle coperture e, addirittura, l’annullamento della proposta. Per quanto concerne le opere, queste devono tutte disporre di una WBS, cioè di un sistema dettagliato di tutte le fasi e di tutte le procedure necessarie per garantire il reale avanzamento dei lavori, il misurabile avanzamento della spesa. In questo non facile lavoro, sempre per la parte legata alle infrastrutture, non possiamo non ricordare che per evitare che il Recovery Plan sia definito incostituzionale è necessario prevedere lo strumento della “Intesa” (ricordiamoci che per la Legge Obiettivo ci fu una precisa sentenza della Corte Costituzionale e fu necessario redigere una norma - Decreto Legislativo 190/2002 - che recuperò integralmente il ruolo delle Regioni).
Quale è il quadro delle esigenze finanziarie e delle relative coperture?
La Proposta Infrastrutture, oltre ad essere supportata da uno schema sinottico degli interventi (allegati Tabelle nn. 1 e 2 a margine), è motivata da alcune considerazioni che i firmatari dettagliano nello specifico.
Fra pochi giorni il Parlamento esaminerà il Documento di Economia e Finanza e necessariamente dovrà affrontare ancora una volta il tema delle coperture, cioè dovrà esaminare come sia possibile continuare a credere a quanto previsto nei commi dal 1036 al 1050, mi riferisco alla copertura garantita dal Next Generation Eu. In una copertura che allo stato non è disponibile e che nel migliore dei casi parzialmente lo sarà solo alla fine del 2021. Ricordiamo che gli automatismi raccontati ultimamente che presentando il nostro Recovery Plan entro il 30 aprile dopo sessanta giorni, cioè alla fine del mese di giugno, potremo disporre nel 13% del Recovery Fund, sono purtroppo non veri.
Riteniamo, poi, si stia dando poca attenzione al Programma 2021 - 2027 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) e al Fondo di Coesione (FC). La finalizzazione del testo avverrà quindi nei primi mesi del 2021 sotto la presidenza portoghese e varrà per l’Italia circa 50 miliardi di euro.
In realtà seguendo il modello seguito dalla Francia dovremmo presentare un Recovery Plan al cui interno sia leggibile un chiaro quadro fonti – impieghi; un quadro che si articoli su quattro distinte coperture:
1. Fondi di bilancio dello Stato
2. Risorse provenienti dal Recovery Fund
3. Risorse del Fondo di Coesione e Sviluppo 2014 – 2020 da spendere entro il 2023
4. Risorse del Fondo di Coesione e Sviluppo 2021 – 2027
Questo approccio offrirebbe alla Unione Europea una chiara articolazione delle scelte di breve e medio periodo che il Paese intende attuare e, al tempo stesso, fornirebbe una chiara immagine di organicità nella stesura de Recovery Plan.
Va detto anche che la Unione Europea ha rivisitato integralmente una serie di riferimenti procedurali ed una serie di modalità legate alle coperture finanziarie ma la cosa che andrebbe affrontata subito è il superamento della programmazione portata avanti dalle singole Regioni del Mezzogiorno e non da un atto collegiale e coordinato unico che tenga conto contestualmente sia di ciò che definiamo PON e di ciò che definiamo POR. Anche questo approccio dovrebbe integrarsi in modo organico e funzionale con il redigendo Recovery Plan. Non abbiamo il tempo necessario per dare compiutezza ad una simile impostazione. Forse come ha fatto la Olanda faremmo bene a chiedere almeno una proroga di tre mesi della scadenza del 30 aprile. Tuttavia cerchiamo almeno di effettuare subito un approfondimento mirato su ciò che in questi giorni si sta facendo nella definizione del Programma 2021 – 2027.
Una ultima considerazione: dal mese di settembre ad oggi la Commissione europea per ben quattro volte con le Linee Guida e con appositi incontri formali come quello avvenuto a Roma tra il Commissario Gentiloni e le Commissioni Bilancio riunite, ha cercato di chiarire in modo davvero analitico come doveva essere redatto il Recovery Plan; pochi giorni fa, sempre la Commissione europea ha inviato un ulteriore documento in cui ribadisce la esigenza di ricevere “obiettivi misurabili” per ogni investimento previsto e occorre rafforzare in modo chiaro e trasparente il capitolo riforme. Il Regolamento UE (2020/104) prevede che non può essere approvato un Piano nazionale se non garantisce una attuazione efficace di tutte le sue componenti (articolo 16). Non solo ma i finanziamenti possono essere revocati se non si rispetterà il timing di attuazione. Fra i primi atti del nuovo Governo si auspica, sempre da parte degli Uffici della Unione Europea, un Decreto Legge per semplificare le procedure e definire la governance del Piano.
Ma, accanto a questo supporto analitico della proposta, la Unione Europea chiede anche una chiara articolazione delle coperture; cioè delle possibili risorse già disponibili, dei possibili coinvolgimenti di privati attraverso forme di Partenariato Pubblico Privato (PPP), delle modalità di erogazione nel tempo delle risorse, in particolare della possibilità di ricorrere al modello contrattuale del “canone di disponibilità”, ecc. In realtà questa parte del Recovery Plan è senza dubbio la più difficile perché deve essere strettamente collegata con lo strumento della Legge di Stabilità e quindi deve trovare anche nel Documento di Economia e Finanza (DEF) un riferimento sistematico sia nel primo anno di avvio del Recovery Plan, sia in tutti gli anni di attuazione concreta dello stesso. Questa è senza dubbio la fase più complessa che imporrà forse anche una rilettura o addirittura una modifica, almeno per le coperture del Recovery Plan, alla impostazione della stessa Legge di Stabilità o, forse, sarà necessario dare vita ad una Tabella distinta e, come richiesto dallo stesso Regolamento approvato ultimamente dal Parlamento Europeo, ad una norma che regoli in modo diverso l’intero programma finanziario legato al Recovery Plan
Questi pilastri procedurali, queste concrete innovazioni non solo nel programmare ma nell’attuare concretamente, in tempi certi le scelte, offrono in particolare al Mezzogiorno una grande occasione; si è ritenuto opportuno volutamente parlare di Mezzogiorno e non di “Regioni del Mezzogiorno” perché in questo nuovo approccio è il Mezzogiorno, nella sua articolazione non solo geografica, non solo geo economica, non solo istituzionale ma nella sua unica caratteristica di realtà ricca di potenzialità e priva delle condizioni strutturali ed infrastrutturali capaci di produrre crescita, ad essere un attore chiave, un attore vincente.
In fondo è la prima volta che si disegna una proposta organica concreta per l’intero Mezzogiorno; non è un Piano del Sud, non è una elencazione di interventi, non è una sommatoria di assegnazione di risorse per raggiungere percentuali teoriche (34%, 40%, 45%, 50%), non è una elencazione bilanciata di opere e di funzioni (equilibrio tra porti, interporti ed aeroporti tra le varie Regioni), non è una articolazione equilibrata dei proventi generati dai vari, reali o potenziali, nodi logistici.
(Allegati: Tabella 1, Tabella 2)
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