Panama Papers

La tentazione dell’impresa facile a scapito del popolo

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Sembra destinato a non fermarsi lo tsunami “Panama Papers” che qualche giorno fa ha visto aggiungersi altri 100 nomi alla lista degli imprenditori italiani già coinvolti nello scandalo.
Al centro della vicenda lo studio legale Mossack Fonseca, specializzato nella creazione di società offshore.

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Fondato nel 1977 da due avvocati, Jurgen Mossack e Ramon Fonseca, si è sempre distinto per la massima riservatezza, almeno lo ha fatto fino a qualche giorno fa.

cms_3769/foto_3.jpgSecondo Ramon Fonseca, che ha ricoperto in passato la carica di consigliere del presidente panamense Juan Carlos Varela, l’indagine sarebbe un attacco hacker contro Panama.Il governo ha preferito avviare un’indagine e, stando ai media, lo studio sarebbe stato addirittura perquisito di recente.Non sarebbe la prima volta se si considera che lo scorso marzo si è trovato coinvolto nell’indagine sulla Petrobras, l’azienda petrolifera controllata da Brasilia. Intanto anche il ministro dell’Industria spagnolo, José Manuel Soria, fedelissimo del premier Mariano Rajoy, si è dimesso sia dall’incarico governativo che politico nel Partito Popolare. Nonostante i tentativi di giustificare “fatti risalenti a più di vent’anni fa e quindi troppo lontani nel tempo per essere ricostruiti nei dettagli”, è stato costretto a cedere dinanzi a un documento, riportante la sua firma, riconducibile a una società con sede nelle isole Jersey.

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Troppo grosso lo scandalo per essere ignorato dal Parlamento Europeo, la cui Conferenza dei presidenti ha deciso all’unanimità l’istituzione di una commissione d’inchiesta, il cui mandato sarà varato il prossimo 4 maggio. A mostrarsi molto preoccupato è il commissario europeo per gli Affari economici Pierre Moscovita che al Peterson Institute for International Economics a Washington ha detto che, se non affrontata, la questione rischia di alimentare i populismi.
“È un’opportunità enorme – precisa – perché dà forza a coloro, incluso me stesso, che per molto tempo hanno lottato contro frodi ed evasione fiscale. È tempo di accelerare la lotta. Molto è stato fatto negli ultimi anni. La situazione è cambiata dal 2012”.

cms_3769/foto_5.jpgNon ci sta Putin che grida alla macchinazione politica. I Panama Papers “sono stati preparati da giuristi e non da giornalisti”. Intanto i nomi degli italiani compaiono nel dettagliato articolo pubblicato dal settimanale L’Espresso lo scorso 15 aprile. “Tra le carte panamensi – si legge - emerge tra l’altro il nome della Sport Image International delle Isole Vergini britanniche, una società della galassia di Silvio Berlusconi che una ventina di anni fa finì al centro di un`indagine giudiziaria per i pagamenti in nero ad alcuni calciatori del Milan, da Ruud Gullit e Marco Van Basten. Come amministratori della Sport Image, fondata nel 1989, sono indicati Adriano Galliani e altri due manager a quell`epoca targati Fininvest: Giancarlo Foscale e Livio Gironi. Struie invece, è una cassaforte, anche questa creata da Mossack Fonseca, di cui si sono serviti sia il leader di Forza Italia sia Flavio Briatore (benché i loro nomi non compaiano direttamente nelle carte panamensi). A metterla a loro disposizione fu l`avvocato britannico David Mills, creatore del sistema offshore da 775 milioni di euro per conto del capo della Fininvest".

cms_3769/foto_6.jpgL’Espresso “ha ricostruito anche gli affari offshore di altri personaggi molto conosciuti dell’economia come Emanuela Barilla, azionista del gruppo del Mulino Bianco” che avrebbe costituito nel 2014, stando alle carte dello studio “una offshore con sede alle Isole Vergini Britanniche, la Jamers iinternational”. Altro particolare curioso riguarderebbe Stefano Pessina, manager dell’industria farmaceutica mondiale che “insieme alla compagna Ornella Barra, controlla una offshore con un’insegna quantomeno originale. Si chiama Farniente holding”."Sono stufo di essere tirato in ballo ogni volta che si parla di evasione! Le attività italiane pagano il dovuto in Italia e le altre società pagano nei paesi dove risiedono". Replica Flavio Briatore con un comunicato affidato al suo profilo Instagram, dichiarando di "operare legittimamente con società in tutto il mondo che pagano le tasse nei paesi in cui gestiscono gli affari". Stefano Pessina e Ornella Barra tengono a precisare di essere da decenni residenti nel Principato di Monaco e che la Farniente Holding è stata costituita e opera da sempre nella più completa legalità e la sua riferibilità al patrimonio personale è sempre stata palesata e nota alle autorità competenti. In Italia ricorrere alle società offshore è legale purché sia dichiarato il possesso delle quote azionarie, documentato il patrimonio movimentato, l’avvenuto pagamento delle tasse e il luogo in cui sono stati realizzati i profitti, secondo gli obblighi di trasparenza imposti dalla legge n. 262/2005 alle società italiane che controllano o sono collegate a quelle estere.

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Ma analizziamole nel dettaglio, al fine di comprendere perché i Panama Papers stiano suscitando così tanto clamore.Le offshore sono società che hanno sede in un paese straniero rispetto a quello di destinazione del fatturato.
Esistono luoghi nei quali avviare un business è semplice e soprattutto poco costoso, grazie alle condizioni fiscali particolarmente vantaggiose vigenti (tassazione nulla o prossima allo zero). Sono oltre 200 le giurisdizioni che offrono uno o più incentivi agli investitori non residenti.Panama dal 1932 offre la migliore legge. Costi bassissimi e facilità di amministrazione hanno permesso la creazione di oltre 350 mila società internazionali, con stime di capitali affluiti che oscillano tra i 7.600 e i 32.000 miliardi di dollari. 2.600 provenienti dall’Europa.
cms_3769/foto_8.jpgNon sarà dunque un caso che Panama non abbia aderito agli accordi internazionali voluti dal G20 e dall’OCSE che introducono scambi automatici di informazioni sui movimenti di denaro, in virtù dei quali entro il 2018 i paradisi fiscali sarebbero destinati a sparire.Ricorrere ai conti offshore in Italia è legale solo se il tutto viene dichiarato al fisco.Se invece i redditi accumulati non vengono denunciati alle autorità, s’incorre nel reato di frode fiscale, spesso commesso per nascondere e riciclare denaro sporco o realizzare discretamente operazioni speculative.In relazione alla finalità illecita si creano dei veri e propri schemi di ingegneria fiscale che uniscono tra loro diverse realtà anonime, spesso destinate a generare fondi neri.Il gioco delle scatole cinesi, in assenza di un regime di piena trasparenza, complica di molto le operazioni di analisi e accertamento della titolarità del denaro investito, specie se il Paese in cui opera l’azienda madre, garantisce riservatezza.
Se eludere il fisco non costituisce reato, determina una perdita ingente di denaro che uno Stato potrebbe impiegare nel sostegno alle imprese che si registrano e svolgono diligentemente la propria attività nel territorio.

cms_3769/foto_9.jpg“A rimetterci sono i cittadini di tutto il mondo – denuncia l’OXFAM – Ogni anno, secondo le stime, perdono 170 miliardi di dollari in mancate entrate fiscali”. È per questo che Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne OXFAM Italia ha lanciato la petizione “Basta con i paradisi fiscali”, chiedendo di adottare con urgenza misure efficaci di giustizia nel fisco. L’Agenzia delle Entrate vuole comunque vederci chiaro e pretende i nomi dei contribuenti che hanno avviato attività in paradisi fiscali, grazie a prestanome.L’industria offshore gestisce oltre il sessanta per cento dei capitali mondiali. Il 50% delle società quotate in borsa e il 25% dei gruppi bancari hanno partecipazioni, quasi sempre di controllo, in società residenti nei paradisi fiscali.

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E al Boulevard Prince Henry di Lussemburgo, capitale dell’omonimo Granducato, al nr. 13, tutte nello stesso palazzo, si trovano le sedi di Pirelli, Mondadori, Tosi, Merloni Ariston e, 50 metri più in là, Meccanica Finanziaria, Lucchini, Autogrill, Franzoni, Gazzoni Frascara e Valentino. “Le società operano legittimamente”, si legge in rete nei numerosi siti che promuovono la creazione di offshore.

Diventa allora importante il sostegno a campagne come quelle dell’OXFAM. Con i soldi recuperati dall’elusione fiscale si potrebbe, oltre che ripianare gradualmente il debito pubblico, investire la spesa in azioni di sostegno alla crescita del Paese.
Sarebbe bello se l’Italia riuscisse a riattivare quel fervore industriale, incentivando magari la green economy. Sarebbe bello vederla, come fu nel periodo del take off, durante il primo Novecento, avvicinarsi di nuovo al centro del sistema economico.

Silvia Girotti

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