Paul è veramente morto? L’enigma nella storia dei Beatles

Il Paul McCartney che conosciamo non sarebbe quello originale, ma un sosia comparso nello storico gruppo dopo l’incidente che costò al primo la vita

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La leggenda della morte di Paul McCartney (talvolta citata come PID “Paul Is Dead”), è una delle prime e più note teorie del complotto. Iniziò a circolare dal 1969; la tesi era che il bassista dei Beatles fosse deceduto nel 1966 per un incidente stradale e sostituito da un sosia. La leggenda metropolitana, priva di riscontri oggettivi, secondo i suoi sostenitori, troverebbe conferme in presunti messaggi in codice nascosti nel corso degli anni dagli stessi Beatles nelle loro opere.

Nel ’69 Russel Gibb, un dj, annunciò in radio di aver ricevuto la clamorosa soffiata della morte di Paul.

Sarebbe avvenuta il 9 novembre 1966 dopo un violento litigio con gli altri tre Beatles o dopo una sessione in sala prove. C’è chi invece afferma dopo una festa all’inizio del dicembre 1965. Salito a bordo della sua auto, una Aston Martin DB5 – quella di James Bond per intenderci – si avviò verso casa.

Lungo la strada raccolse un’autostoppista di nome Rita. Era incinta e stava scappando per abortire, gli avrebbe raccontato.

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Rita non comprese subito che la persona al volante era Paul dei Beatles e quando lo realizzò, fu colta da una reazione esagitata che spaventò McCartney che non vide il semaforo diventare rosso.

A seguito della fatale distrazione, pur riuscendo ad evitare l’urto con un altro veicolo, la sua auto uscì di strada e si schiantò contro un albero, prendendo fuoco. Pau fu sbalzato fuori dall’abitacolo sbattendo la testa.

Nell’incidente sia Paul che Rita persero la vita, sebbene in una variante della storia si dice che Paul rimase decapitato nello schianto contro un camion.

Secondo la narrazione i restanti tre Beatles, ricevuta subito la notizia, dovettero decidere che cosa fare. Ci sarebbe stato chi come il loro manager Brian Epstein o John Lennon insistette per non divulgare la notizia. Seppellire Paul senza far sapere niente a nessuno per non sconvolgere il mondo dei fans e il futuro del gruppo che, nel 1966, toccava l’apice della popolarità.

Cosa fare dunque? Cercare un sosia che, dopo giorni convulsi, arrivò.

Anche in questo caso la storia ha due versioni. Due nomi.

William Stuart Campbell, un attore di origini scozzesi che assomigliava a Paul e che si sarebbe sottoposto a diversi interventi di chirurgia plastica per rendere i suoi tratti ancor più simili a quelli dell’artista.

William Sheppard, nientemeno che un ex poliziotto canadese.

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Un fatto certo adesso.

Da quel momento, i Beatles non si esibirono più dal vivo, a parte lo storico concerto sul tetto della Apple Records.

Perché un concerto sul tetto? Ovvio secondo i credenti del complotto: Campbell era più alto di Paul ed inoltre occorreva del tempo per insegnargli a imitare i movimenti e la voce del Beatle.

Certo, se questa versione della storia fosse vera, come credere che chi, dopo il ’66 ha suonato e cantato negli album dei Beatles, componendo canzoni di successo planetario, indelebili come Penny Lane, Hey Jude, Helter Skelter, Let It Be, chi è apparso nei film Magical Mystery Tour, Let It Be e successivamente è stato autore di una discografia solista, sarebbe un impostore, un uomo scelto solo sulla base di una spiccata somiglianza fisica con l’originale.

Ma ora arriva forse la parte più intrigante del racconto.

I sostenitori del complotto adducono come prove, numerosi indizi che i tre superstiti avrebbero disseminato nelle loro opere successive alla tragedia.

Si, ma perché fornire indizi?

I motivi sarebbero controversi.

Per taluni lo scopo sarebbe stato quello di far conoscere la verità indirettamente in modo quasi subliminale, attraverso messaggi, codici, contenuti nelle copertine e nei testi delle loro canzoni.

Indizi forniti quasi da un irrefrenabile desiderio inconscio.

Secondo altri, per far conoscere la realtà un po’ alla volta, in modo non traumatico.

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Ma c’è anche chi afferma che i ragazzi di Liverpool avrebbero giocato sul mito, sulla smodata popolarità, introducendo volontariamente riferimenti allusivi e falsi indizi alimentando di proposito i sospetti.

In pochi anni si scatenò una sorta di vera e propria psicosi collettiva alla ricerca dei segnali nascosti, quasi una macabra caccia al tesoro rappresentato dalla realtà di come si sarebbero svolti gli accadimenti narrati.

I messaggi in codice sarebbero decine e decine.

Ad esempio nella copertina “HELP!”, Paul è l’unico senza cappello, come per simboleggiare un estraneo nel gruppo (qualcuno ha addirittura ipotizzato che possa essere una metafora della presunta decapitazione avvenuta nell’incidente). Se si ascolta al contrario la canzone, si udirebbe addirittura la frase: «Now we need a member» ("Ora ci serve un membro").

E ancora nella copertina di Revolver, realizzata da Klaus Voormann, Paul è l’unico defilato, addirittura di profilo. In alto a sinistra compare il viso di Paul con un’espressione che potrebbe essere di sofferenza. Ma la maggior parte dei cosiddetti indizi dell’album si troverebbero nei testi delle canzoni ove il tema della morte è ricorrente (fonte Wikipedia).

Ma se diversi sarebbero i segnali, altrettante sono le incongruenze.

Basta una ricerca sul web per scoprire quanta” letteratura” è stata profusa sull’argomento e per soddisfare la nostra curiosità.

E a proposito di curiosità nel ‘93 lo stesso Paul ammorbidì i toni della vicenda, facendo uscire l’album" Paul is Live” tornando a posare per la copertina ad Abbey Road.

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Venticinque anni prima, nella medesima location della storica cover dell’album, la targa del Maggiolino sullo sfondo riportava la dicitura “28if”, dunque, in chiave complottista, “Paul avrebbe 28 anni se fosse ancora vivo”, mentre nel 1993 si vede lo stesso Maggiolino che riporta scritto sulla targa: “51is”, ovvero Paul c’è ed ha 51 anni.

Una storia senza dubbio suggestiva che da cinquant’anni impazza nell’immaginario collettivo del popolo rock e non solo… che alimenta il mito così come avviene per altre icone contemporanee quali Marylin o Elvis.

E chissà se in quella che appare più come una geniale trovata di marketing possa magari nascondersi quel pizzico di mistero che, diciamoci la verità, in fondo ci intriga profondamente!!

Buona salute grande Paul!

Massimo Lupi

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