Perde il proprio figlio in seguito ad una lite: accusata di omicidio

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Negli anni Cinquanta la città di Birmingham, Alabama, venne ironicamente soprannominata dalla stampa nazionale “Bombingham” a causa della frequente abitudine del Ku Klux Klan locale di rubare la dinamite dalle miniere d’estrazione e di utilizzarla contro i cittadini afroamericani per punirli a causa delle loro rivendicazioni civili. È curioso notare che, a distanza di oltre sessant’anni, la città ha ormai smesso di far parlare di sé a causa delle proprie tensioni interrazziali, eppure lo spirito reazionario che in passato ispirava gran parte della popolazione bianca del luogo sembra starsi riversando con sempre maggiore slancio verso un altro gruppo sociale non meno vulnerabile di quanto non fossero i neri negli anni ‘50: le donne.

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In seguito ad un furibondo litigio avvenuto nel parcheggio di un minimarket alla periferia di Birmingham, infatti, la ventisettenne afroamericana Marshae Jones è stata ferita allo stomaco da un colpo d’arma da fuoco sparato presumibilmente da una collega di lavoro con la quale fin da tempo era in pessimi rapporti, Ebony Jemison. Marshae è stata quasi subito portata all’UAB hospital, dove soltanto il pronto intervento del personale medico le ha salvato la vita. Tuttavia, il feto di cinque mesi che all’epoca dei fatti portava in grembo non ha avuto la stessa fortuna e, dopo un drammatico travaglio, è morto. Quasi subito la polizia ha formalizzato un’accusa di omicidio… non tuttavia contro Ebony, come sarebbe lecito supporre, bensì contro la madre del bambino, rea di non aver fatto abbastanza per proteggere il piccolo.

Di recente lo stato dell’Alabama ha infatti approvato una delle più severe leggi dell’intero mondo occidentale per quanto concerne l’aborto, arrivando a proibirlo anche in casi di stupro e d’incesto e a prevedere pene fino a novantanove anni per qualunque medico dovesse praticarlo. A quanto pare dunque, non solo l’aborto è equiparabile a un omicidio, ma una qualunque condotta negligente da parte della madre di un bambino, laddove dovesse causare l’interruzione della gravidanza, è equiparabile ad un aborto. “I figli dipendono dalle madri: sono loro a doverli tenere lontani dal male evitando qualunque alterco fisico” ha dichiarato Danny Reid, capo della polizia di Birmingham.

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In effetti, secondo le testimonianze relative all’accaduto Marshae, animata probabilmente da un’antica rivalità amorosa, sarebbe stata la prima ad avvicinarsi ad Ebony con aria arcigna e provocatoria, generando così la “discussione” che sarebbe presto degenerata in una sparatoria. Eppure, ciò che la maggior parte degli esperti di giurisprudenza si domandano è se sia ragionevolmente possibile per una madre prevedere che un semplice litigio sfoci in una tragedia simile, ed in caso di risposta negativa, per quale motivo la donna dovrebbe essere considerata responsabile della nefasta sorte del figlio? In un certo senso, associare qualunque condotta scorretta di una madre ad un’interruzione di gravidanza rischierebbe di creare un pericoloso precedente: è verosimile che, in futuro, qualunque morte di un feto legata all’assunzione della madre di droghe o di sostanze alcoliche permetterà alla magistratura di istituire un caso di notevole rilevanza penale per omicidio colposo, con l’inevitabile conseguenza che le libertà comportamentali di tutte le donne incinte subirebbero delle brusche ed improvvise restrizioni.

Marshae, dunque, non è potuta tornare in libertà se non dopo aver pagato la cospicua cauzione di 50.000 dollari e nei prossimi mesi dovrà affrontare uno spinoso processo che, se la vedrà condannata, potrebbe costringerla ad una pena di vent’anni di carcere. Numerose associazioni femministe e pro abortiste hanno già espresso la propria solidarietà alla donna avviando una raccolta fondi per sostenere le sue spese legali tramite Yellowhammer, un fondo nato proprio per proteggere le vittime delle leggi ultraconservatrici dell’Alabama in merito all’aborto. “Con questo atto, è come se stessero processando tutte le donne del Paese” ha dichiarato Lynn Paltrow, direttrice esecutiva di “National Advocates for Pregnant Women”. A molti, sembra infatti ingiusto che una donna dopo aver subito un grave danno fisico, aver perso un figlio e aver visto compromessa la propria serenità interiore, debba ora ritrovarsi ad affrontare un tanto beffardo quanto pericoloso processo giudiziario.

In molti tuttavia sembrano non concordare con tale visione, come il già citato Danny Reid, che in un’intervista alla stampa locale ha asserito che: “Non dobbiamo creare confusione: l’unica vittima è il bambino”. Più in generale, la vicenda sembrerebbe aver fatto emergere ancora una volta le profonde differenze tra un’America cattolica e profondamente tradizionalista ed un’altra più liberale, uno scontro che, com’è facile intuire, sembra raggiungere il proprio apice negli Stati del Sud. Secondo le statistiche, l’Alabama sarebbe infatti il luogo dove negli ultimi mesi sono stati registrati il maggior numero di violazioni penali relative all’aborto e ad altre materie affini, non tuttavia perché la condotta delle ragazze del luogo sia differente rispetto a quella di coloro che vivono in altre regioni, ma più banalmente perché le leggi del posto sono maggiormente restrittive. Il che crea, ancora una volta, una profonda dicotomia fra chi sostiene che in occasioni simili la disobbedienza civile dovrebbe essere punita nel modo più severo possibile e chi, viceversa, vorrebbe un sistema giudiziario maggiormente tollerante nei confronti delle giovani madri.

cms_13313/4v.jpgIn quanto a Ebony Jemison, la ragazza che ha aperto il fuoco dando il via all’inusitata tragedia, dopo un’iniziale accusa di omicidio il suo gesto di sparare è stato derubricato a un semplice “incidente,” in parte giustificato, a detta delle autorità competenti, dalla situazione di panico in cui si trovava nonché dal legittimo diritto di difendersi. Dopo un rapido controllo è stato verificato che il suo porto d’armi era completamente in regola e che la pistola con la quale avrebbe ucciso il bambino era stata legalmente acquistata alcuni mesi prima, di conseguenza non esiste alcuna ragione per accusarla di una condotta delittuosa. In altre parole, sembra proprio che in Alabama possedere armi da fuoco e sparare in un luogo pubblico sia non solo più facile che abortire, ma perfino più legittimo.

Gianmatteo Ercolino

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