QUOTA 100
BOOM DI DOMANDE NEL MONDO DELLA SCUOLA

La possibilità per andare in pensione con i nuovi requisiti (oltre alla quota 100, i 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e i 41 e 10 mesi per le donne) mostra tante facce diverse della scuola. Sono moltissimi gli insegnanti di ogni grado - dagli asili nido alle superiori - che, stanchi di lavorare in classe tutti i giorni, sono pronti a scappare dalla scuola, anche a rischio di rimetterci: circa 300 di loro si sono già rivolti ai patronati dei sindacati per verificare i conteggi. Lo Spi Cgil, nei giorni scorsi, ha ricevuto 50 insegnanti e bidelli pronti a lasciare banchi, registri e attrezzi del mestiere, costi quel che costi. E la Cgil scuola, parla di 100 appuntamenti fissati dagli insegnanti e tecnici negli ultimi 10 giorni. Molte sono, tuttavia, le incertezze relative alle quote previste. Nei giorni scorsi, infatti, avevano fatto discutere le stime realizzate per docenti e Ata dal sindacato Snals, che arrivavano a prevedere tagli anche da 350 euro al mese. Ora, però, si scopre che sono decisamente realiste.
Qualche settimana fa, il sottosegretario al lavoro, leghista, Claudio Durigon, aveva precisato che con quota 100 non ci sarebbero stati tagli all’assegno di quiescenza: “chi uscirà con quota 100 avrà una rata pensionistica basata sugli effettivi anni di contributi e non anche sugli anni non lavorati” e comunque, aveva calcolato, si arriverà a percepire non oltre il 16% in meno rispetto all’uscita dal lavoro ordinaria. Più pessimista era stato, in precedenza, l’Ufficio parlamentare di bilancio che aveva parlato anche del 30% lordo di riduzione (minimo il 5%) rispetto a chi lascia nei termini previsti dalla legge Fornero-Monti. Il calo dei compensi permanente è comunque un fattore ineludibile. La consistenza sarà legata a varie ragioni: dalla minore quantità di contributi versati all’effetto coefficienti di trasformazione, fino alla possibilità che sia minore la parte calcolata con il metodo retributivo rispetto a quella calcolata con quello contributivo. La riduzione più grande scatterà per chi rientra per poco nei parametri richiesti: quindi, coloro che presenteranno domanda proprio con 38 anni di contributi e 62 di età. Per loro, il taglio, sarà quindi tra il 20% e il 30%. In sostanza, quindi, per un docente di scuola primaria, che a 67 anni percepirebbe qualcosa di più di 1.700 euro netti, l’assegno con quota 100 si “sgonfierebbe” di molto, collocandosi sotto i 1.300 euro, sempre netti.
Da un punto di vista della distribuzione geografica, il pensionamento anticipato con quota 100 avvantaggerà soprattutto gli uomini del Nord, con carriere più lunghe e continue, secondo le stime presentate dal presidente dell’Inps Tito Boeri in audizione al Senato. Gli uomini a fine anno saranno il 62,6% degli interessati alla misura contro il 37,4% delle donne. Guardando alla distribuzione percentuale del maggior numero di pensioni a fine 2019 liquidate con quota 100 sul territorio il Nord rappresenta il 42,2% del totale, il Centro il 24,7% e il Sud e le Isole il 33%. Al momento le domande sono in percentuale più alta al Sud , perché le prime richieste arrivano da chi è rimasto senza lavoro.
A fronte di questi numeri, sorgono spontaneamente dei dubbi: potrà l’INPS pagare tutti questi importi di pensione, dal momento che le risorse stanziate nella legge di bilancio del 2019 non sarebbero sufficienti e nonostante l’Europa abbia posto dei vincoli di bilancio che devono essere rispettati, a cominciare dal rapporto deficit/pil dello 2,04? In molti se lo chiedono. Per la risposta non ci resta che attendere.
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