Questo non è un paese per gatti

A Cocullo infuria la protesta degli animalisti dopo la singolare ordinanza del sindaco

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L’ennesimo caso di presunto sopruso ai danni degli animali si svolge nella piena legalità: sì, perché il fautore è nientemeno che il primo cittadino di un noto centro agricolo abruzzese.

Sandro Chiocchio, sindaco della cittadina di Cocullo, comune italiano situato al confine della valle Peligna con la Marsica, in provincia de L’Aquila, ha emesso in questi giorni un’ordinanza che vieta la somministrazione di alimenti ai gatti. Il provvedimento intende arginare il fenomeno del randagismo dei piccoli amici a quattro zampe.

Si legge tra le motivazioni che, con la diffusa abitudine dei cittadini di sfamare i felini randagi con gli avanzi di cibo, il centro storico risulterebbe infestato da escrementi ed orine dando luogo a seri problemi di carattere igienico-sanitario.

Il sindaco sembra aver adottato l’extrema ratio a seguito delle lamentele e delle proteste dei cittadini nauseati dagli odori e dalla presenza di bisogni sparsi per le vie del suggestivo paese medievale.

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Il sindaco di Cocullo deve annullare immediatamente l’ordinanza emessa contro i gatti randagi, - ha commentato il presidente degli Animalisti Italiani onlus, Walter Caporale, all’indomani della notizia - se non lo fa daremo mandato ai nostri legali per procedere ai sensi di legge contro la sua persona, denunciandolo alle autorità competenti per maltrattamento di animali”.

Caporale fa poi leva sull’illegalità del provvedimento facendo riferimento al disposto legislativo che di fatto tutela i gatti randagi: “Le colonie feline sono tutelate dalla legge 281 del 1991, che vieta a chiunque di maltrattare i gatti che vivono in libertà. Il randagismo si previene attraverso la sterilizzazione, e la responsabilità è dell’autorità sanitaria competente per il territorio, imporre il digiuno è illegittimo se non crudele, è quanto stabilito da sentenze pronunciate dal Tar Lazio e dal Tar Puglia. I comuni non possono vietare la somministrazione di alimenti a cani e gatti randagi con contenitori sulle aree pubbliche. Il provvedimento del sindaco è privo delle condizioni richieste dalla legge per essere riconosciuto giuridicamente valido, per difetto di istruttoria e di motivazione, poiché non avrebbe fornito alcuna prova o studi sui citati seri problemi di carattere igienico-sanitario,e tantomeno non risulterebbe che abbia richiesto un parere all’Asl, organismo deputato alla sorveglianza sul fenomeno del randagismo”.

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L’ordinanza non è né contro i gatti, né contro i cittadini che danno loro cibo – ha commentato il sindaco, difendendo il suo operato dalle accuse e dalle critiche piovutegli addosso all’indomani della pubblicazione della notizia – Le strade oggetto di ordinanza sono quelle in cui non è presente alcuna area verde dove i gatti possano espletare i propri bisogni fisiologici. Abbiamo tentato per lungo tempo di sensibilizzare e limitare l’eccessivo nutrimento dei gatti in quelle aree e abbiamo posizionato lettiere lungo quelle vie per arginare la situazione che, nonostante i provvedimenti, è diventata insostenibile. Abbiamo pertanto concordato con i cittadini che nutrono abitualmente i gatti che, per il bene della collettività e dei gatti stessi, questi possano essere nutriti a poche decine di metri di distanza da tali strade principali, essendo il borgo di piccole dimensioni e immerso nel verde”.

Intanto che le misure adottate dall’amministrazione del piccolo comune abruzzese dimostrino la loro efficacia, sarà illuminante capire come si fa a convincere gli animali meno stanziali del mondo a fare la pupù seguendo magari precise indicazioni cartellonistiche.

Cucullo è il paese dei serpari. Deve la sua fama alle singolari processioni in onore di San Domenico, santo patrono molto venerato in Abruzzo, che si svolge il primo maggio richiamando molti turisti.

Sperando che la questione prenda la giusta direzione non si può prescindere dall’evidenza che, da un sindaco che una volta l’anno si fa letteralmente infestare il paese di serpenti, specie animale certamente non contemplata tra quelle che rientrano nei severi canoni di sicurezza igienico sanitaria, ci si aspetterebbe la massima apertura mentale, specie se si parla di innocui micetti.

Gioverà ricordare che la tradizione che vuole la spiritualità dei gatti a completo servizio della protezione degli esseri umani è una tra le più antiche che la memoria storica ricordi.

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Ad Istanbul per esempio, famosa per la sua perfetta integrazione tra i gatti selvatici ed il tessuto urbano, ne è addirittura fondamento della religione islamica.

L’antica leggenda secondo cui fu proprio un gatto a salvare dal morso di un serpente il profeta Maometto è alla radice del profondo rispetto che i nativi del posto nutrono per i gatti, con cui vivono nella più totale simbiosi. Non c’è negozio, casa o moschea interdetto al loro altezzoso ed elegante passaggio.

Ad Istanbul il fascino enigmatico di questi depositari di segreti millenari non passa inosservato ai milioni di turisti che la visitano ogni anno e che cercano, attraverso i loro scatti fotografici, di immortalarne la sacralità.

Ad Istanbul è il governo a prendersi in carico la cura degli animali e uccidere un felino qui equivale a commettere un delitto morale, tanto che un popolare proverbio islamico recita che se hai fatto del male ad un gatto, l’unico modo per ricevere il perdono di Dio è quello di costruire una moschea.

Per quanto può sembrare eccessivo chiedere al sindaco di Cocullo di rimediare costruendo una chiesa, un tempestivo ritiro dell’ordinanza contro i gatti sarebbe auspicabile.

Maria Cristina Negro

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