RECAP MILANO FASHION WEEK

Collezioni pret-a-porter spring-summer 2024

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La fashion week meneghina è stata una settimana ricca di eventi (in totale cento settantasei presentazioni), di celebrazioni, di revival, di storici ritorni come quello di Fiorucci e di grandi attese come quella della maison Tom Ford, senza Tom Ford ed affidata al genio creativo di Peter Hawkings, ma soprattutto l’attesa del debutto del designer Sabato De Sarno come direttore creativo della maison Gucci. Arrivare dopo “l’ingombrante” figura di Alessandro Michele che, nel bene o nel male (per la sottoscritta nel male), ha lasciato un segno indelebile che non è sarà facile lasciarsi alle spalle. Per la sottoscritta, al netto degli orfani di Michele, la collezione firmata De Sarno è stato un ritorno al glamour sussurrato, al taglio sartoriale che, sotto la direzione di Michele, si erano via via persi per rincorrere mode social alquanto discutibili con capi ed accessori poco chic e con una continua rincorsa all’eccesso. La fashion week meneghina ci lascia il ritorno al minimalismo estetico, linee pulite, tagli geometrici, capi timeless, accessori funzionali, mood bon ton, ancora tanto rosa in tutte le sue nuance, ma anche la vita bassa, le gambe in bella vista, la pelle, le trasparenze, il black and white. Sono stati in molti, tra gli addetti ai lavori, che hanno storto il naso per questo cambio di rotta che avrebbe, sempre a loro dire, concesso poco spazio alla creatività per inseguire un mercato e un fatturato con saldo positivo, ma che per chi scrive è stato un ritorno alla maestria artigianale made in Italy e al buongusto che non passerà mai di moda. Per la prossima primavera-estate un capo con le frange, un capo in pelle, un paio di shorts e una borsa in pelle intrecciata non si negheranno a nessuna, soprattutto ad una fashion addicted.

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La maison che meglio ha rappresentato questa voglia di minimalismo estetico e di glamour timeless è stata Fendi sotto la direzione creativa del designer Kim Jones. La collezione è la massima espressione di un sapiente equilibrio di linee pulite, di volumi calibrati e mai esasperati, di capi che comunicano perfettamente tra loro per dar vita ad outfit ad alto tasso di glamour. Una collezione che si accende grazie all’uso dell’arancio, dell’azzurro e del giallo, ma soprattutto attraverso gli accessori, da indossare rigorosamente a contrasto, come i guanti e le iconiche borse. La palette colori è completata da nuance più soft come il castagna, il beige, l’off-white e il grigio che disegnano una donna timeless e very chic.

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La femminilità e la leggerezza sono da sempre nel DNA di Alberta Ferretti, ma per la prossima primavera-estate la donna Ferretti viaggia su un doppio binario: quello della concretezza attraverso i tailleur dal mood mannish, i pantaloni ampi, i blazer strutturati, le camicie in popeline di cotone e quello della leggerezza attraverso i long dress in chiffon di seta, gli orli asimmetrici, i cut-out, il pizzo, il macramè e le frange che esaltano la silhouette rendendola sinuosa e mai statica. Una collezione femminile, concreta, mai leziosa dove, ogni singolo capo, è pensato per esaltare la silhouette e l’indole di ogni donna.

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E’ una collezione utility wear quella della maison Max Mara dal nome esplicito: “An Army of Women” che si ispirata alle donne inglesi degli anni ’40 che, durante la guerra, coltivavano i campi al posto dei loro mariti e fidanzati partiti per il fronte. Il designer Ian Griffith reinterpreta in chiave contemporanea e chic le jumpsuit con grandi tasche, le salopette e i grembiuli di quelle donne coltivatrici per renderli appetibili alle donne di oggi. Gli shorts e le minigonne sono bilanciati da bluson e camicie oversize, una collezione dove l’utility wear deve “arrendersi” agli abiti in chiffon con scollo a cuore, a pattern floreali, ma sempre sotto il segno della forza di quelle donne lontane nel tempo, ma vicine per forza e determinazione.

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Per celebrare i suoi primi quarant’anni la maison Moschino, nell’attesa del nuovo direttore creativo, ha affidato a quattro designers la creazione di una collezione che prende ispirazione dall’archivio della maison e al lascito creativo del suo fondatore: Franco Moschino. Su una passerella, volutamente minimal, sfilano i capi più iconici della maison come i cappelli da cowboy, i bijoux oversize, gli abiti all’uncinetto, le t-shirt che “parlano”, la pelle, il latex, le ruches, i colori pop, la voglia d’eccesso, una moda che legge con la lente del dissacratorio i tempi che viviamo. Dopo anni di smarrimento il mio auspicio è che la maison riesca a trovare un direttore creativo che sappia creare moda e reinterpretare, adeguandola ai tempi moderni, una storia così importante che ha fatto scuola nel fashion system internazionale grazie a quel designer filosofo che era Franco Moschino.

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La maison Prada al minimalismo estetico e a quel rigore milanese è avezza, ma quel tocco dark è una novità. La designer Miuccia Prada con il designer Raf Simons portano in scena una donna rigorosa, anche nel beauty e nell’hairstyle dove i capelli sono raccolti e nascosti da ampie fasce scure. Una donna che ama il total black, i blazer strutturati, i bluson oversize, ma anche le gambe in bella vista, lo sparkling grazie ai tocchi silver, le nuance (poche) pastello e gli abiti impalpabili, abiti che sembrano lievitare quando si cammina grazie ai lembi d’organza che svolazzano nell’aree e che sembrano liquefarsi ad ogni passo. Una collezione dal sapore internazionale che porta l’ugly-chic, tanto caro alle sciure milanesi e alla designer, nel mondo rendendolo bello e desiderabile. Il fatturato le dà ragione e, al netto dei detrattori, il “brutto” nelle mani di Miuccia Prada si plasma in bello e desiderabile.

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La maison Tom Ford è senza Tom Ford, ma è sempre Tom Ford. Al netto del gioco di parole la collezione della maison, che porta la firma del designer Peter Hawkings, continua nel solco del suo fondatore portando in passerella sinuosi long dress, shorts, tailleur pantalone in velluto, camicie in satin, jumpsuit cortissime, frange, oro, pelle, latex e gli irrinunciabili sandali dal tacco vertiginoso.

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La prima collezione della maison Gucci sotto la direzione creativa del designer Sabato De Sarno è apparsa come un repulisti dagli accessi delle collezioni precedenti, fare tabula rasa per, in futuro, poter scrivere la nuova storia della maison. La collezione si intitola “GUCCI ANCORA”, ma più che ancora Gucci è sembrato vedere un nuovo Gucci, una maison che si riappropria della propria eleganza, della propria attitude, della propria storia per dar vita ad una collezione che si spoglia di loghi ingombranti, di pattern barocchi, di colori pop, di inutili provocazioni per riprendersi il glamour del black and white, i capi sartoriali, le linee pulite, i loghi micro e ton sur ton su camicie e tank top, le gonne midi in pelle bon ton, ma che sanno diventare super glam grazie alle micro frange in Swarovski. Le bralette gioiello fanno capolino dai blazer dal taglio impeccabile, gli shorts acquistano un’allure sofisticata grazie ai bluson e ai blazer oversize, gli accessori ritornano ad essere l’elemento cool dell’outfit come le décolleté in vernice o quelle, decisamente più fashioniste, ricoperte da frange di cristallo (l’accessorio più desiderato a bordo passerella). La palette colori punta sul nero, sul bianco, sui colori della terra, sul grigio, sul rosso ancora con accenti pop-chic come l’azzurro e il verde lime. Sabato De Sarno arriva dalla scuola di Pierpaolo Piccioli e come Piccioli compie, non solo una rivoluzione stilistica, ma anche una rivoluzione cromatica con l’introduzione del rosso ancora, come Piccioli ha fatto con il Valentino Pink PP, e con uno spostamento verso nuance più fredde che danno quell’allure sofisticata e meno opulenta rispetto alle nuance calde. Il posizionamento di una maison passa anche attraverso l’identificazione con un colore: rosso e rosa per Valentino, verde per Bottega Veneta, blu per Armani etc… De Sarno cerca di affrancarsi da Alessandro Michele, come aveva fatto Piccioli prendendo il posto di Valentino Garavani, anche attraverso l’introduzione di un colore che possa identificare la maison e il suo nuovo corso. Se il rosso ancora avrà il successo che ha avuto il Valentino Pink PP per Valentino solo il tempo potrà dircelo.

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Per la maison Versace l’effetto Barbiecore sembra non essere finito, ma viene rieditato in chiave lady like con chiari rimandi alle creazioni di Gianni Versace del 1995. Una decisa virata verso il bon ton da rendere quasi irriconoscibile la maison della medusa che, negli ultimi anni, si era connotata per un attitude prepotentemente sexy. E’ la top model Claudia Schiffer, la più amata dall’indimenticabile Gianni Versace, a chiudere la sfilata ed è stato subito nostalgia canaglia…Gianni quanto ci manchi! La versione lady like della donna Versace indossa mini dress dalla linea ad A, giacche senza colletto, tailleur bon bon, denim dal taglio sartoriale e adora i colori pastello. L’iconica maglia metal ideata da Gianni Versace prende forma attraverso long dress dallo scollo vertiginoso che ci ricordano che siamo pur sempre da Versace!

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Se per la prossima primavera-estate l’estetica minimalista, l’ugly-chic e il low profile non fanno per voi la collezione della maison Dolce & Gabbana fa al caso vostro. La collezione intitolata “Woman” è stata un inno alla sensualità declinata per tutte le età, per tutte le silhouette, una sensualità che si insinua anche nella vita quotidiana. I due designer, Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno dichiarato: “perché per noi la femminilità non ha età e abbiamo voluto dirlo con gli abiti”. E’ una collezione che diventa un inno alla libertà di ogni donna a poter esprimere la propria sensualità anche attraverso un abito maschile come può essere un tailleur gessato indossato a una colazione di lavoro. La collezione viaggia su una palette binaria: black and white, i pattern sono quelli iconici: pois. righe, animalier, la sensualità usa simboli iconici come i bustier, il pizzo, i reggicalze, le trasparenze.

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La collezione della maison Bottega Veneta ha l’ambiziosa missione di conquistare il mondo, il designer Matthieu Blazy ha dichiarato di aver preso ispirazione da ogni parte del mondo: sud America, Russia, Inghilterra, Sicilia…ovunque ci sia qualcosa da raccontare attraverso un abito o un accessorio. Il vero protagonista di questa collezione è la figura dell’artigiano che sa realizzare meraviglie come le borse di pelle intrecciata, i tailleur in rafia, le gonne a ruota con striscioline di pelle, i poncho con frange in nappa. Una collezione straordinariamente bella, composta da capi che sono dei piccoli capolavori del made in Italy da venerare come preziosi gioielli, ma che, ahimè, in pochi potranno permettersi.

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A chiudere la fashion week meneghina è stato, come sempre, Giorgio Armani con la sua collezione dal titolo: “Vibes”. Il designer è andato a caccia di vibrazioni positive che arrivano dagli occhi delle donne e si trasmettono con le paillettes, le increspature e le ondulazioni, con tessuti “liquidi” che ipnotizzano lo sguardo di chi guarda. La palette colori è pura vibrazione di bianco, azzurro, blu, verde acqua, rosa, oro, bronzo ed argento. Giorgio Armani fa quello che gli riesce meglio: portare in passerella quell’allure timeless che, visto i riscontri, non stanca mai e continua a fare sempre nuove adepte. L’attitude è quella di un’eleganza rilassata, anche negli accessori, d’altronde è lo stesso designer a dichiararlo: “sono anni che faccio questo. Uso le scarpe basse anche di sera. Non ho mai pensato che la donna debba essere schiava dell’altezza o che debba avere quell’andatura felina e sexy a tutti i costi”. Giorgio Armani fa Giorgio Armani ed è subito glamour, ma è soprattutto al suo spirito da “barricadero” contro i francesi che va il mio plauso e la mia sincera ammirazione. Oggi, Giorgio Armani, resta l’unico baluardo del made in Italy che non si arrende a “vendersi” ai colossi del lusso. Le sue parole rilasciate al Financial Times sono state miele per le orecchie: “Questi gruppi francesi vogliono prendersi tutto, non lo capisco, lo trovo un po’ ridicolo, perché dovrei essere dominato da una di queste mega strutture che mancano di personalità?”. Lunga vita al re, lunga vita a Giorgio Armani!

T. Velvet

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