RECOVERY FUND, “FINO AL 20% ALL’ITALIA”

Ursula Von Der Leyen presenta il compromesso tra prestiti e fondo perduto

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L’equipaggio della grande nave che è l’economia europea inizia a remare nella stessa direzione. I primi membri sono i cosiddetti frugal four: Danimarca, Svezia, Olanda e Austria. I “quattro frugali” hanno presentato il loro piano per gli aiuti ai Paesi colpiti dal virus: trattasi di prestiti non a fondo perduto, indi per cui saranno evitati condivisione del debito e aumenti della spesa europea. Questa proposta arriva sulla scia di quella di Francia e Germania, per un valore complessivo di 500 miliardi. I transalpini e i teutonici avevano pensato all’emissione di bond (o prestiti obbligazionari) da parte della Commissione Europea, nonostante il rischio di spalmare il debito generale su più nazioni.

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Ursula Von Der Leyen, presidente della Commissione Europea, cerca di accontentare tutti. Di “salvare capra e cavoli”, come si suol dire in questi casi. La via di mezzo proposta porterebbe ad una cifra che sfiora i 1000 miliardi: gli aiuti a fondo perduto dovrebbero essere pari o inferiori ai 500 miliardi di cui sopra, mentre il resto consisterà in prestiti da rimborsare. Sono soldi che verranno raccolti sui mercati e che dovranno poi essere restituiti ai detentori dei bond dell’Unione Europea. L’Italia, uno tra gli Stati più colpiti dal virus e più danneggiato economicamente, dovrebbe riceverne circa il 20%.

Addentrandoci nelle cifre, il 60-70% andrà in sovvenzioni a fondo perduto mentre il 40 o il 30% in prestiti. Il fondo perduto sarà legato a investimenti nelle priorità dell’Unione Europea (il Green deal e la Digital Agenda) e a strumenti che distribuiranno il 50% dei fondi (il Recovery and resilience facility instrument). Ogni Paese potrà richiedere il sostegno del Recovery instrument, se lo vorrà, preparando un piano di investimenti che segua le già pubblicate raccomandazioni dell’Unione Europea e da sottoporre al Parlamento Europeo per l’approvazione. Questo perché, giustamente, la Commissione Europea vuole essere sicura che gli Stati membri spendano in modo coerente e non scellerato, rispettando gli obiettivi comuni del digitale e della transizione energetica.

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Gli altri strumenti sono il programma InvestEU e il Solvency Instrument. Il primo punta agli investimenti strategici, mentre il secondo alla ricapitalizzazione delle imprese in difficoltà per l’emergenza coronavirus. Tale ricapitalizzazione avverrà attraverso fondi di banche di promozione annuale. Uno degli scopi principali della Commissione Europea, infatti, è ridurre l’attuale frammentazione economica: chi aveva più spazio di bilancio poteva spendere di più (fondamentalmente ciò che accade normalmente) mentre chi non ne aveva è rimasto indietro.

Ogni misura dovrà essere approvata dai Paesi membri, che difficilmente voteranno per un “sì” all’unanimità in futuro. Non è da trascurare il fatto che, al fine di raccogliere i fondi sui mercati, andrà aumentato il tetto per la spesa del bilancio dell’Unione Europea. E servirà il benestare di tutti i governi e dei parlamenti nazionali, un gruppo troppo grande per raggiungere facilmente un accordo. Per anticipare i fondi servono i “via libera” di Consiglio e Parlamento Europeo, una strada già percorribile in attesa di risollevare l’economia generale e navigare verso un futuro migliore di questo presente.

Francesco Bulzis

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