RENZI E PD: UN BINOMIO ANCORA INSCINDIBILE

Nella corsa alla segreteria del Pd, Renzi ha staccato tutti, stando ai risultati arrivati dai circoli. E, francamente, di motivi per dubitarne non ve ne erano. Vero che la gestione della campagna referendaria aveva covato i presupposti per inferire al partito un colpo al cuore, ma è altrettanto vero che indebolirsi non significa morire.
Il Pd, per quanto in calo, ha basi ancora solide, con radici nelle organizzazioni sindacali e, almeno per un altro anno, sarà al governo. Di cose, certo, potranno succederne. Gli ultimi sondaggi hanno fotografato uno stacco – seppur di soli due punti - del Movimento Cinque Stelle, avvantaggiato probabilmente dall’intima défaillance di quello che fino a qualche tempo fa era il primo partito.
Occorrerà attendere l’esito delle primarie per veder delinearsi una strategia. Ma, date le evidenze – Renzi al 68%, Orlando al 25% ed Emiliano al 6% - appare scontato.
Se si considera poi che al voto di preferenza verrà ammesso chiunque si presenti, dichiarandosi elettore del Pd e che voglia iscriversi al momento delle primarie, il dado è presto tratto. Perché Renzi, per quanto criticata, è una forza capace di acquisire consensi all’esterno, pescando nel bacino degli indecisi o di quelli che strategicamente lo sosterrebbero pur di arginare la corsa populista. E allora anche per Berlusconi, il giovane Matteo potrebbe essere un cavallo segreto sul quale puntare.
Per il Partito Democratico, resta l’unica ancora di salvezza per continuare a sperare. Non fosse altro che per mancanza di interpreti.
Il quadro emerso dalle votazioni parla chiaro: se Renzi uscisse di scena, per qualsiasi bizzarro motivo, come potrebbe Orlando tenere coesa una forza che gli ha dimostrato fedeltà per solo quel 25% iniziale?
Cosa succederà lo sapremo dopo la vittoria, quando si tireranno le somme dell’effettivo consenso all’ex premier. Più di qualcuno ha detto che in caso si confermasse lui segretario, lascerebbe la casa. Poi ci sono gli equilibri con gli europeisti di Gentiloni e un confronto interno da affrontare.
Ma il primo obiettivo Renzi lo ha già centrato: dimostrare che le redini di un partito che molti ritenevano morto, le tiene ancora lui. E alla fine il Pd tornerà, volente o nolente, a fargli quadrato intorno. La posta in gioco va ben oltre gli screzi interni e passa per la volontà di ritrovarsi in una visione che sappia coniugare identità storica e innovazione.
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