RE ARTU’ IN ITALIA

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Il Graal, se mai è esistito, è transitato anche nel bel paese. Quando si parla della Coppa Sacra, sorge spontaneo il rimando a Re Artù ed ai suoi cavalieri, a Camelot, alla Queste del Saint Gral e a Sir Lancillotto. Per non parlare di Excalibur, la spada dalle origini misteriose. Secondo alcuni incantata, fatta col metallo di un meteorite o con quello della Lancia Sacra, la lancia di Longino, che trafisse il costato di Cristo sulla Croce. E la Lancia di Longino, o perlomeno ciò che si dice essere la sua copia, è conservata a Bari, nel Duomo di San Nicola.

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E qui si trova anche Artù, infatti lui ed i suoi cavalieri sono scolpiti sull’archivolto della Porta dei Leoni. Eppure la Basilica è stata costruita prima che si diffondessero le gesta arturiane. Ma scendendo da Bari ad Otranto, troviamo ancora il re britanno, inserito nel grande mosaico sul pavimento. Una figura che in Italia ancora non era nota nel 1165, anno della realizzazione del mosaico stesso. E non si tratta di una ipotesi, la figura è indicata dal nome, sopra un caprone, nell’atto di affrontare una fiera, forse un leone. Bari, Otranto, e poi in Sicilia, sull’Etna. In questo vulcano infatti, secondo una vecchia leggenda siciliana, Artù venne portato dall’Arcangelo Michele, per riparare la spada, spezzata durante lo stesso duello in cui era stato ferito mortalmente. Risvegliatosi il mattino dopo, vedendo la bellezza dell’isola, pregò il signore di farlo vivere ancora, per godere di tali bellezze, ed il suo desiderio venne esaudito, tanto che ancora oggi si dice vegli sulla Sicilia. Una leggenda ovviamente, e poi Artù riposa ad Avalon, che letto al contrario diventa no lava, e la lava sta nei vulcani. Certo, l’Etna non si vede da Reggio Calabria, altrimenti sarebbe stata una curiosa coincidenza il verificarsi del fenomeno della Fata Morgana, che dalla città dello Stretto mostra la Sicilia come fosse vicinissima. Curiosità, capricci del destino, coincidenze appunto, e dalla Sicilia spostiamoci verso Modena, in cerca di altri strani segni.

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Qui, sulla Porta della Pescheria, uno degli accessi alla Cattedrale, troviamo ancora Artù, in un bassorilievo che lo ritrae assieme ai prodi Ivano, Galvano, Galleron e Kay, mentre assaltano una fortezza per liberare Ginevra. Anche questa Cattedrale è antecedente al periodo in cui venne scritto il ciclo arturiano, ma si sa, i cantori giravano per i regni dell’epoca, e quindi forse la storia era già nota come poema orale. Forse. Ma tornando ai cavalieri, di Galvano si è detto molto, del fatto che un cavaliere di nome Galgano infisse la sua spada in una roccia, a Monte Siepi, vicino Siena. E si sa che ora quella roccia è protetta da una chiesa rotonda, rotonda come la tavola di Artù. Ma anche un altro cavaliere è presente in Italia, si tratta di Ivano, ritratto negli affreschi del Castello di Rodengo, vicino Bressanone, realizzati nel 1210 circa. Non sappiamo se alti cavalieri abbiano lasciato il loro nome nella penisola italiana, ma senza dubbio possiamo trovare un altro personaggio altrettanto famoso, se non di più. Stiamo parlando di Merlino il mago, il precettore di Artù, amante di Morgana e forse padre di Viviana, la Signora del Lago. Ma per parlare di questo mago dobbiamo recarci ad Arcidosso, in provincia di Grosseto, e poi salire sul Monte Amiata. Qui, su questa montagna, esiste una spelonca in cui, secondo la tradizione popolare, avrebbe dimorato Merlino, ed a ricordarcelo è stata posta una lapide, su cui è incisa la seguente frase: questa è l’antica memorabile grotta che edificò Merlino il savio mago, qui il Peri musa naturale indotta spiegò il suo genio portentoso e vago”. Ovviamente la sua presenza in terra italiana è giustificata da una leggenda locale. Infatti Merlino venne chiamato dal Conte Guido degli Aldobrandeschi, per sconfiggere un temibile drago, ed il mago si rivolse al Cavaliere Giorgio, che uccise la creatura. La mascella della bestia si dice sia conservata nel Convento della Selva, ma dovrebbe trattarsi in realtà di un osso di coccodrillo, anche se non è mai stato esaminato il reperto. Non sapremo mai se davvero Rex Artorius venne in Italia, o se sia mai esistito, ma lui vive nel regno della leggenda, della fantasia, ed in questo modo le sue gesta si perpetuano, venendo ricordate ancora oggi.

Paolo Varese

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