RICORDI

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Facilmente si accumulano cose, pensieri, esperienze, incontri, persino persone. Con facilità si prende e si lascia, si conosce e si dimentica, si incontra e si abbandona. Facilmente si volta pagina.

I nostri giorni, però, hanno suoni e colori che si ascoltano e si osservano in modo sempre speciale: sono diversi, non tutti hanno lo stesso valore, non tutti durano allo stesso modo.

Ci sono eventi che costringono a lasciare tutto, anche ciò che si custodiva con attenzione gelosa, e a ricominciare, a ripartire, a rifare tutto da capo.

Nulla nasce dal caso e ogni accadimento è richiamato da qualcosa che lo precede, allo stesso modo in cui l’onda spumeggiante che si avvolge sull’arena cristallina, il più innanzi possibile, è solo il risultato finale, ultimo, appunto, di una lunga serie di altre spinte, iniziate lontano, chissà dove, provocate da chissà quale remota e dimenticata causa.

Un tocco di musica in una via deserta che fluisce improvvisa da una finestra sconosciuta, un profumo leggero appena accennato, un suono, una voce, un volto sfuggente per strada, una foto ingiallita, un colore, un sapore…un ricordo.

È sufficiente un cenno perché torni presente un’emozione vissuta. Un colore o un riflesso di luce hanno la forza di evocare volti o confidenze passate, che tornano a vivere come fossero appena accadute. Un suono, una semplice nota musicale ed ecco torna a vibrare dentro una melodia dimenticata. Una parola può far rivivere il calore di una voce amica e restituire serenità e sicurezza a un cuore turbato.

Strana capacità la memoria: consente di ricordare, ma anche sceglie e dimentica, ci lascia rasserenati come un unico albero verde in una piana nebbiosa, ma a volte ci inquieta e ci agita rendendoci incapaci di lasciar andare, lasciar scivolare, di liberarci.

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Ci offre distanza, e dunque calma gli ardori, ma a volte ci offre anche rimpianto o rancore, che nutrono le braci e non lasciano che il fuoco si spenga. Per questo non possiamo ignorare la memoria, ci tocca guardarla in volto, quando è dolorosa come quando è quieta.

Le diverse età di una persona – fanciullo, maturo, anziano – sono da sempre state oggetto di storie e di arte.

Invecchiando, ognuno di noi cessa di essere il bambino che fu, il ragazzo che fu, la bambina con il fiocco, la ragazza con la mini?

Oppure le età trascorse si integrano una dentro l’altra, come le bamboline colorate russe?

Se prendete una vostra foto da studenti, e qui non importa se siete andati sui banchi del liceo quando il Milan aveva Rocco in panchina, la Juve era imbattibile o si giocava con il pallone a stringhe di cuoio, vi chiedete: “Chi sono, chi ero allora?”

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Mi è capitato, in un giorno complicato di qualche settimana fa, di passeggiare per il centro di Roma e di ricordarmi di colpo che, da studente, ero passato nella stessa viuzza medievale. Cosa avrebbe pensato di me il ventenne di allora?

Il crescere è un po’ come il partire per qualcosa di nuovo, attraente e pieno di imprevisti e difficoltà allo stesso tempo.

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Ognuno di noi ha una quantità così grande di possibilità davanti a sé, tanti progetti a cui si aggrappa, soprattutto quando si è giovani, nel campo dello studio, dello sport, del lavoro: possono veramente “spaventare”. Quante volte la nostra testa si sente piena di dubbi…Ogni volta che ci imbattiamo in un sentiero perdiamo tutti gli altri della stessa montagna in cui ci troviamo…e noi come facciamo a sapere se la strada presa è quella che cercavamo? E se avessi preso quell’altra strada?

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Con il senno del se non si fa la storia, ma non è facile scegliere. E poi nel momento della scelta si muovono in noi tutti quei valori di amore, giustizia, rispetto, rinuncia…che i nostri genitori ci hanno trasmesso fin da piccoli, quei valori che i nostri insegnanti ci hanno cercato di far capire con il loro insegnamento scolastico ed extra-scolastico…non è facile, soprattutto quando a tutto ciò subentra l’orgoglio personale o la stima che ti sei costruito in una “compagnia”, che può condizionare molto nella scelta per il proprio futuro.

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Paul Nizan malediceva chi diceva che a vent’anni si è sempre felici, ma sbagliava: andando avanti è altrettanto dura.

Quella passeggiata dentro l’avvicendarsi dei giorni in cui accadono cose che in un frammento di tempo, di vita, segnano irreversibilmente esistenze alla ricerca di una luce, di una parola, di un colore, di un messaggio che resti significativo, eloquente, unico, nel tempo.

Ho provato, per gioco, a camminare a vent’anni, a vedere il mondo come allora, e ad un tratto, come per l’effetto di una magia, mi sono sentito come allora: attento, intenso, ingenuo. Perfino le illusioni, le domande di quei giorni risuonavano coerenti. Provate il gioco: provate a sentire dentro di voi ogni giorno della vostra vita, ogni età precedente.

Niente più vi sembrerà perduto.

Tante domande sembrano esprimere l’insistente domanda di senso che avvolge ogni uomo alla ricerca di una traccia indelebile che dia senso all’essere e al divenire.

Attenzione, rispetto, delicatezza, tenerezza, presenza.

È lo stile di vita dei piccoli grandi uomini, di quanti hanno scavato a mani nude, di quanti hanno finalmente scoperto che non vi è nulla di poco importante, nulla è insignificante, ma tutto è segno e anticipo, promessa e possesso della Completezza che verrà. Il frammento vale quanto l’intero, il dettaglio anticipa il tutto, il futuro è compimento della memoria: nulla andrà mai perduto, se custodito “nell’intimo vividissimo e ignoto”.

(Servizio fotografico realizzato da Marina Tarozzi)

Fausto Corsetti

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