RILEGGENDO POESIA – GIOVANNI GIUDICI

L’amore dei vecchi

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cms_23240/1.jpgNella rubrica Lo scaffale di Poesia incontriamo Giovanni Giudici nel luglio/agosto 1993, n. 64. Andare in Cina a piedi (E/O, 1992) era nell’occasione introdotta da Arnaldo Colasanti, il quale affermava: “Stiamo assistendo ad anni di grande rimozione della poesia. I critici parlano soltanto di narrativa.

La poesia, certo, per tutti esiste. Ma è, al tempo stesso, sospesa, rinviata a fatto culturalmente eccentrico, in fondo gratuito e fuori orario.” Già su queste parole si potrebbe aprire un dibattito che ci porterebbe indubbiamente lontano. Proseguiva, poi, Colasanti: “Alla semplificazione di molti giovani scrittori hanno fatto da contrappeso soltanto degli ottimi libri in versi. Se gli anni ottanta trovarono di Poesia e Destino di Milo De Angelis il loro stemma riflessivo, i nostri tempi, dieci anni dopo, trovano un libro di intelligenza, di lucidità e di fermezza espressiva, nel racconto poetico di Giovanni Giudici. Il poeta ci riporta sul campo della misura, della pazienza, della perfezione: e fa rivivere la nascita di un verso attraverso la grazia di un’attesa infinita.” Giovanni Giudici è morto nel 2011, e ci sembra giusto proporlo ai nostri lettori a dieci anni dalla sua scomparsa. Citiamo, a tal proposito, il sito https://www.treccani.it/enciclopedia/giovanni-giudici_(Dizionario-Biografico)/, con un’ampia nota biografica che, per ragioni di spazio dovremmo necessariamente riassumere e che, per le stesse ragioni non vogliamo riassumere. I lettori ci perdoneranno, ma la biografia di Giovanni Giudici (1924-2011) si salda perfettamente con l’opera del poeta, giornalista, traduttore, saggista, tanto che ci risulta impossibile una qualsivoglia riduzione. Il link è a disposizione: ne consigliamo la lettura integrale.

cms_23240/Giovanni_Giudici.jpg Il problema, per Giovanni Giudici (26 giugno 1924 – 24 maggio 2011), è sempre stato questo: trovare una forma che renda la poesia comunicabile, espressione del suo civico interesse per le cose del mondo, lotta per la salvaguardia di uno spazio sociale per la parola poetica, continuamente e sempre più minacciata dal potere e dalla comunicazione. Perché se la ricerca di un linguaggio democratico è quella che anima il fare di Giudici, allora si tratta di rendere democratico anche il sublime, abbassarlo alla comprensione e all’esperienza quotidiana di tutti. Ed è così che un sublime siffatto diventa anche un punto di vista, uno sguardo preciso da posare sul mondo, una posizione da cui guardare la realtà. (da https://www.illibraio.it/news/dautore/giovanni-giudici-1195383/).

Giovanni Giudici ha attraversato gran parte del Novecento italiano ed europeo, disertando il servizio militare nel 1942 per aderire al Partito d’Azione nel 1943; dalla speranza riposta nella Primavera di Praga, alla successiva risposta militare da parte dell’U.R.S.S.; dalla lenta destalinizzazione del PCI alla perestrojka di Michail Gorbačëv sino al conseguente crollo del Muro di Berlino, continuamente cercando punti di contatto, possibili convergenze tra il proprio cattolicesimo e l’effervescente ambiente laico frequentato, tra spirito religioso e spinta politica in senso marxista, quasi recitando un senso di minorità e di estraneità nell’atto stesso di frequentarlo e di sentirne l’attrazione, avvertendo le falle che il decennio trascorso aveva aperto e che si sarebbero sentite in modo più lacerante negli anni successivi. E tuttavia gli anni ’90 lo videro impegnato come pubblico amministratore: a La Spezia assunse tra il 1992 e il 1993 anche l’incarico di assessore alla cultura della giunta provinciale, prendendo alcune originali iniziative culturali. Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti in questi anni, particolarmente prestigioso fu il premio Antonio Feltrinelli dell’Accademia nazionale dei Lincei, conferito a Roma il 14 novembre 1997. Sarebbe doveroso da parte nostra citare l’opera omnia: sillogi poetiche, saggi, traduzioni. Ma l’elenco è sterminato; per quanto riguarda la poesia possiamo indirizzare i nostri lettori al sito https://www.italian-poetry.org/giovanni-giudici/, sono altrettanto facilmente reperibili le traduzioni e i saggi. Ma non sfugga, non sia scordata la sua testimonianza civile, il suo rigore morale, la sua vicenda di poeta e di uomo, la sua coerenza interiore e il suo straniamento dentro il secolo breve.

L’amore dei vecchi

In una gloria di sole occidentale
vaneggi, mente stanca:
inseguito prodigio non s’adempie
nell’aldiquà del fiore che s’imbianca
ma tu, distanza, torna a ricolmarti
tu a farti terra in questa ferma fuga
mare di nuda promessa
ai nostri balbettanti passi tardi
e tu, voce, rimani
persuàdici – un poco, un poco ancora
nostro non più domani,
usignolo dell’aurora.

Raffaele Floris

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