RILEGGENDO POESIA – GIUSEPPE CONTE

Salmo

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cms_24517/poesia.jpg“Ysusf Adbel Nur è il nome che Giuseppe Conte avrebbe voluto prendere se si fosse convertito all’Islam, nell’epoca in cui fu toccato dal desiderio di compiere questo passo. Giuseppe servitore della luce: questa sarebbe la traduzione esatta. Conte non si è mai convertito all’Islam ma si è tuttavia sottomesso al divino, si è appunto deciso a servire la Luce.”(Roberto Carifi su POESIA, n. 108, lug/ago 1997).

“Conte, si sa, è poeta del mito, ma se qualcuno volesse leggere in questa opzione una specie di religio mortis in nome di un equivoco storicismo perderebbe l’occasione di incontrare una delle esperienze poetiche più vitali della nostra epoca.” L’articolo meriterebbe di essere pubblicato interamente, tanta era la profondità in cui Carifi ci faceva immergere per una lettura dei Canti D’Oriente e d’Occidente. Tuttavia questo spazio, come i nostri lettori sapranno, ha l’ambizione e la presunzione del gusto: di volta in volta proponiamo qualche manicaretto affinché il lettore più interessato e partecipe possa sedersi a tavola e assaporare tutte le portate, perdonandoci persino qualche metafora sopra le righe.

cms_24517/GIUSEPPE_CONTE_2.jpgGiuseppe Conte è nato a Imperia nel 1945. Si è laureato in Lettere presso l’Università Statale di Milano, ed è stato collaboratore di riviste letterarie, redattore della rivista Il Verri diretta da Luciano Anceschi, assistente universitario di Estetica a Milano con il Prof. Dorfles e di Letteratura Italiana a Torino con il Prof. Barberi Squarotti, e docente nelle Scuole Superiori. Abbandonato l’insegnamento, si è poi dedicato a tempo pieno all’attività di scrittore. Esordisce nel 1972 con un volume come "La metafora barocca" (Mursia editore), destinato a diventare un punto di riferimento costante per gli studi secenteschi, e nel 1979 in poesia con "L’Ultimo aprile bianco" (Guanda, Società di Poesia), cui seguirà nel 1983 "L’Oceano e il Ragazzo", uscito direttamente nei tascabili della BUR di Rizzoli, che fu salutato da Italo Calvino come un libro fondamentale nel rinnovamento della poesia italiana. In seguito, ha pubblicato altre raccolte di poesia, romanzi, saggi, libri di viaggio, libretti d’opera, testi teatrali. Ha tradotto Blake, Shelley, Whitman, D. H. Lawrence, ed ha curato l’antologia "La lirica d’Occidente", Guanda 1990. È in uscita una sua nuova antologia che, prima in Italia, comprenderà anche la poesia delle maggiori tradizioni dell’Oriente (quella araba, persiana, turca, indiana, cinese, giapponese). Dal 1986, è consulente per la poesia dell’editore Guanda (Gruppo Longanesi), e dal 1984 collaboratore di diversi quotidiani, settimanali e periodici. Ha scritto come commentatore su Stampa Sera, come critico letterario sul supplemento di Repubblica "Mercurio", e attualmente è collaboratore del Giornale e del Secolo XIX. Tra i libri pubblicati: "Lettera ai disperati sulla primavera" (Ponte alle Grazie, 2006) e "Ferite e rifioriture" (Lo Specchio, Mondadori 2006). Momento culminante di una storia poetica iniziata trent’anni fa con "L’ultimo aprile bianco", "Ferite e rifioriture" si caratterizza per un registro epico, nel quale figurano, forse per la prima volta, momenti di intenso pathos autobiografico. Nel libro precipitano, dunque, abbandono, inquietudine e malinconia che investono di senso inedito il grande tema della poesia di Conte e della nostra vita: il destino della cultura occidentale. Nel 2015 la Mondadori pubblica in un Oscar l’intera produzione poetica (1983-2015). Tra le raccolte di poesia, L’Oceano e il Ragazzo (BUR, 1983 e TEA, 2002), Le stagioni (BUR, 1988, Premio Montale), Ferite e rifioriture (Mondadori, 2006, Premio Viareggio), Poesie 1983-2015 (Oscar Mondadori, 2015), Non finirò di scrivere sul mare (Mondadori, 2019). (da https://www.italian-poetry.org/giuseppe-conte/ e https://www.casadellapoesia.org/poeti/conte-giuseppe/biografia). Da inizi che in qualche modo si riallacciano ai testi della neo-avanguardia Conte procede verso la riscoperta del mito, del sacro, della natura. Nel 1994, in ottobre, promuove a Firenze l’occupazione pacifica della Basilica di Santa Croce con un gruppo di poeti (i capitani del Commando eroico, tra i quali Tomaso Kemeny, Roberto Carifi, Lamberto Garzia): pronuncia sul sagrato di Santa Croce un discorso in cui rivendica il primato etico e spirituale della poesia. Tra i messaggi di adesione, quelli di Lawrence Ferlinghetti, di Mary de Rachewiltz, di Mario Luzi, di Gao Xingjian. Nel 1995-96 contribuisce a far sorgere il movimento del Mitomodernismo, partecipando con Tomaso Kemeny, Stefano Zecchi e altri a letture, conferenze e viaggi. Nel 2006 vince con Ferite e rifioriture il Premio Viareggio sezione poesia. Numerosissimi i siti in cui tutto quello che è stato appena accennato può essere approfondito, sia per quanto riguarda le notizie biografiche, sia per quanto riguarda l’opera omnia. Recentissimo (marzo 2021) l’intervento del poeta e saggista Alfredo Rienzi (https://alfredorienzi.wordpress.com/2021/03/19/ai-lari-la-preghiera-bifronte-e-la-discesa-agli-inferi-di-giuseppe-conte/) su Giuseppe Conte intitolato Ai lari: la preghiera bifronte e la discesa agli inferi di Giuseppe Conte. Ne proponiamo la lettura integrale.

Così conclude Rienzi: […] che la potenza di questi versi tragga energia da vicende radicate nel mito più che nella storia, nell’atemporalità più che nello stretto angolo del giorno, ci fa ancora una volta dubitare del destino di tanta minuta poesia, recente e presente, nutrita dalle muffe dei nostri angoletti urbani e dalle sospette ipertrofie di un qui ed ora, necessitante, ma sciaguratamente orfano. Ci sentiamo in dovere di non aggiungere altro.

Salmo
Ad Yves Bonnefoy

Oso invocarti in questa Europa cieca
sfiancata da calura e siccità
corrosa da diluvi e frane,
continente di cenere e liquami
dove sono sovrani incontestati
Nulla ed Ipermercati.
Oso invocarti e sperare, oh Poesia.
Senza essere né Davide né Salomone
senza possedere né Betsabea né la Sunemita
e senza conoscere il linguaggio
degli sparvieri e delle formiche
io ti invoco, ritorna
ritorna come un maggio
luminoso-selvaggio
e come il primo raggio
soffiante –biancheggiante
dell’alba.
Ritorna, ritorna.
Ritorna foreste, anime, cattedrali.
Ritorna azzurri giardini orientali.
Ritorna, ritorna
Vergine, Venere, Africa.
Non sarai più la stessa
migrerai, muterai
e noi non ti vedremo come non vide
Mosé la Terra Promessa.
Ma ritorna, ritorna, oh Poesia.
Oso invocarti e sperare.
Seduto su una sponda del torrente in secca ad aspettare.
E ancora tra le rovine a cantare.

Raffaele Floris

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