RILEGGENDO POESIA – LIANA DE LUCA
Cantico d’addio
Nella rubrica Lo scaffale di Poesia Silvio Ramat presentava, nel dicembre del 2000 (n. 145), Liana De Luca e il suo ultimo libro La grata, Genesi Editrice, Torino.
“Sono quattordici le raccolte antologizzate in questo volume di proporzioni necessariamente ampie. La prima di esse risale al 1954 e da allora, col supporto anche di una serie di bellissime fotografie, vicenda del linguaggio e della persona fan strada assieme, testimoniandosi e testimoniando.
L’immagine che la raffigura dietro una grata si collega subito e con dedizione all’oggetto-simbolo cui avrebbe scelto di ancorare, molti decenni più tardi, il proprio destino di agilissima forzata della parola. […] Con grande sicurezza ormai la de Luca scolpisce e reinventa le proprie gallerie mitologiche, che diventano auto mitologie: Ofelia, Desdemona, Giulietta. […]” Per meglio conoscere Liana De Luca ci affidiamo nuovamente ad Alfredo Rienzi e al suo blog Di sesta e di settima grandezza – Avvistamenti di poesia, che la include nella rubrica I poeti di Torino in 10 righe (https://alfredorienzi.wordpress.com/2021/01/25/poeti-di-torino-in-10-righe-4-liana-de-luca/). Questo riferimento non è da noi scelto a caso, dal momento che la fotografia voluta dall’autore del blog a corredare l’articolo è proprio La grata, l’antologia di Liana De Luca pubblicata da Genesi nel 2000, la stessa di cui parla Silvio Ramat sulle pagine del mensile POESIA.
Liana de Luca, (Zara, 1931 – Torino, 2018), pubblicista, scrittrice e poetessa, di origine illirico-partenopea, ha vissuto e operato per lungo tempo a Torino. Ha dato alle stampe, oltre a volumi di racconti, romanzi (La magnifica desolazione, 1990), saggistica (tra cui Donne di carta, 1999) e numerosi libri di poesia, da VIII casa, Mursia, 1965 a La margherita della protesi, pubblicata nel 2016 da Genesi, che ha editato gran parte delle opere del periodo torinese e che nel 2000 ha curato la raccolta antologica La grata.
Liana De Luca è stata un’esploratrice che ha percorso oltre mezzo secolo di scrittura con tensione non comune , «mescola[ndo] il comico con il tragico, l’antico con il moderno, il lezioso con il brutale» (S. Gros Pietro), con amplissimo ventaglio (pluri)linguistico, citazionale e formale, difficile da esemplificare in pochi testi. Un impegno eterogeneo che ne ha connotato, in definitiva, un profilo originale. Una parte rilevante della sua opera e della sua poetica è stata dedicata all’esplorazione dell’universo femminile, tra modernità e ironia. Nel 2013, con Nazario Pardini, Ninnj Di Stefano Busà, Elio Pecora e Dante Maffia, fu insignita del prestigioso riconoscimento LAUREA APOLLINARIS UNIVERSITA’ PONTIFICIA. Pier Franco Quaglieni, in un articolo su www.iltorinese.it, ci ricordava che la De Luca è stata socia del Centro “Pannunzio” sin dal1970, amica di Mario Soldati e di Mario Bonfantini. Era un’autrice prestigiosa di “Genesi” con cui ha pubblicato buona parte della sua vasta produzione letteraria, intrecciando un lungo rapporto d’amicizia con l’editore Sandro Gros-Pietro. La storia di quasi cinquant’anni del Centro “Pannunzio” è scandita dalla figura intellettuale ed umana di Liana, fondatrice della sezione “Esuli Istriani e Dalmati” di cui era presidente. Negli anni ’80 e ’90 – ci sia consentito un ricordo personale da parte di chi scrive – fu anche giurata del Concorso Temposensibile di Novara. Presiedeva la giuria Giorgio Bàrberi Squarotti. Due garanzie di serietà, di generosità, di amore per la poesia, che oggi tutti rimpiangiamo.
Cantico d’addio
Grazie mio mare
- come diceva ogni anno mia madre
finché una estate non lo vide più –
per tutti i beni che mi hai donato
per la confidenza che mi hai offerto
per la sicurezza che il mio corpo
e l’animo da te hanno attinto.
In questa ultima – forse – vacanza
ho riscoperto la Liana di un tempo
dal passo e lo sguardo sicuro
serena nella sua sorte.
Anche se al ritorno
ritroverò le brume cittadine
dentro di me rimane il fulgore
del tuo azzurro specchiato nel cielo
l’armonia modulata delle onde
il calore in pienezza di vita.
Mi scorri nelle vene come sangue.
Io, da te generata, ti ringrazio
per avermi insegnato l’ars moriendi.
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