RILEGGENDO POESIA – DANIELE PICCINNI
I muri della patria

Ci occupiamo oggi di un autore che abbiamo già citato diverse volte, in qualità di critico: Daniele Piccini (Città di Castello, PG, 1972). L’articolo che presentava la sua opera allora più recente fu scritto da Paolo Maccari e pubblicato sul numero estivo 218 del 2007.
Una stagione al limbo era il titolo dell’articolo, Altra stagione, Aragno Editore, Torino 2006 il libro cui si riferiva Maccari. Che affermava: “Tra le molte ipotesi d’interpretazione […] la prima, di carattere esistenziale, che alluda cioè a un’altra stagione della vita, a un incremento di umanità che trascina con sé una diversa percezione del reale e del proprio io; la seconda che pertenga invece a un ambito letterario e segnali una consapevole progressione nell’approfondimento dei motivi e delle tonalità che fin dai suoi inizi caratterizzano la poesia di Daniele Piccini. […] Il nuovo libro procede secondo assestamenti e direzionalità intensamente ponderati e coerenti rispetto ai presupposti stabiliti dalla sua poetica.” [Piccini] “per sua natura si tiene lontano da scoperte capziose, da adeguamenti alla voga delle manifestazioni odierne più à la page; un autore a lui caro – proseguiva Maccari – è Alessandro Parronchi” (di cui abbiamo già parlato nella nostra rubrica). Scopriamo dunque chi è l’ormai cinquantenne Daniele Piccini, leggendo quanto riportato dal sito (anch’esso già citato più volte)
https://www.pordenonelegge.it/tuttolanno/censimento-poeti/103-Daniele-Piccini.
Daniele Picciniè nato a Città di Castello (PG) il 15 aprile 1972. Insegna all’Università per Stranieri di Perugia e vive a Sansepolcro (AR). Ha pubblicato edizioni critiche di poeti trecenteschi, curato un commento al Ninfale fiesolano di Boccaccio e La poesia italiana dal 1960 a oggi, idealmente completata dalla successiva Poesia italiana contemporanea e tradizione del Novecento (Principato, Milano 2009). I suoi libri di poesia sono Terra dei voti (Crocetti, 2003), Canzoniere scritto solo per amore (Jaca Book, 2005), Altra stagione (Aragno, 2006) e l’antologia con traduzione inglese A Breath in Creation. Collected poems (Gradiva, 2013). Imminente è l’uscita di Inizio fine (Crocetti), (uscita nel 2013, NdA).
In un’intervista, rilasciata sempre a Pordenone legge, ha risposto ad alcune domande:
Che cosa pensi dell’insegnamento della poesia nella scuola?
Penso che sia utile e che il lavoro degli insegnanti sia prezioso e da valorizzare.
Al di là dell’interesse legato alle tue esigenze di informazione, ti piace leggere libri di poesia? Sì. Puoi quantificare il numero annuale? Qualche decina. Quali sono i poeti della tradizione novecentesca che ritieni essenziali per la tua formazione poetica? Per quali motivi?
Ungaretti, Sbarbaro, Montale, Campana, Betocchi, Penna, Bertolucci, Caproni, Sereni, Luzi, Pasolini, Giudici, Raboni, Rosselli, Merini, Guerra, Baldini, Loi, Sanguineti, Porta e tanti altri. Il Novecento è un secolo fertile per la poesia (l’abbiamo sempre detto, NdA) e ognuno di questi poeti (e altri che qui non cito) costituisce un tentativo di reinventare lingua e tradizione della nostra poesia.
Ti occupi di promuovere la letteratura e la poesia attraverso iniziative pubbliche? Sì. Quale ruolo hanno la rete e i social network nel tuo occuparti di poesia?
La rete è uno dei possibili canali, non il fondamentale.
Pensi che si potrebbe intervenire sulla politica culturale attuale e, se sì, in quale modo?
Favorire la conoscenza e la divulgazione di linguaggi come quello poetico, anche attraverso i grandi media (radio e televisione). Formare un gusto non appiattito sui generi popolari e di mercato, anche attraverso l’insegnamento. Sottrarre la poesia a piccole e discrezionali lobby editoriali.
Complimenti dunque a Daniele Piccini per la sintesi, la chiarezza e per l’onestà dell’ultima affermazione. Inizio fine è stato riproposto al pubblico nel 2021, mentre nel 2017 è uscito Regni. Già collaboratore con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, scrive sulla rivista Poesia edita da Crocetti, su Famiglia Cristiana e Avvenire. Quanto a “sottrarre la poesia a piccole e discrezionali lobby editoriali”, che poi più che lobby sono conventicole di osanna al capopopolo di turno, officiate da ministranti della domenica spesso senza né arte né parte, non dubitiamo che Piccini abbia ragione. Ma ci chiediamo chi davvero possa farlo. E come.
I muri della patria sono miele
che lega la tua sorte e forma il mondo,
nulla vi è conosciuto: in questo lago
avvenne forse l’Odissea, vicino
la nascita della specie, le guerre
che hanno lasciato torri smozzicate.
Non anni, ma millenni nelle arterie
del bambino che apprende il tempo cavo
e prova orrore sacro a ritornare
dove è iniziato il film, e lampi e bestie
che visitano la memoria, eterna.
Non generare figli che dovranno
pagare questo prezzo, ma una bolla,
un soffio nel creato, che ci liberi.
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