RILEGGENDO POESIA – LIBERO DE LIBERO
Da tempo è l’assenza di te

Silvio Ramat, nella sua rubrica La poesia italiana 1900-1945 (n. 73, maggio 1994), avvertiva l’urgenza di non prendere per buone, sempre e incontrollatamente, le parole della critica riservate a Libero de Libero: esponente, secondo alcuni, di un “vero e proprio surrealismo italiano”, secondo altri un “ermetico della seconda generazione”.
Anche perché “surrealismo è frasi che vanno in cortocircuito, bruciando per impensati contatti che creano una semantica alternativa a quella contemplata nei canoni correnti; surrealismo è scorci che dànno la scossa perché la lingua soggiace alla prepotenza di un dettatore intimo e oscuro, su cui il poeta non dovrà cercare di chiarirsi troppo. Ma in de Libero non v’e nulla che bruci o scuota nei termini or ora accennati.” Quindi, ora che Silvio Ramat ci ha introdotto nel mondo di Libero de Libero e nella sua Eclisse, diamo qualche suggerimento biografico a beneficio dei nostri lettori. Rileviamo intanto che il sito https://www.associazionedelibero.com/ organizza un festival, un premio letterario, letture, convegni ma non presenta adeguatamente la figura del poeta, nonostante affermi: Associazione ufficiale intitolata a Libero de Libero, poeta, drammaturgo e critico d’arte tra i più apprezzati del Novecento. Proponiamo quindi https://www.italian-poetry.org/libero-de-libero/.
Libero De Libero è nato a Fondi nel 1906. Ha compiuto gli studi classici tra Ferentino e Alatri. Si è trasferito a Roma nel 1927 per frequentare i corsi universitari di giurisprudenza, inserendosi presto nell’ambiente artistico e letterario di quegli anni.
Con Luigi Diemoz ha fondato e diretto la rivista letteraria Interplanetario, che ha avuto tra i suoi collaboratori Corrado Alvaro, Massimo Bontempelli e Moravia. In quegli stessi anni, dal 1928 al 1934, frequentava lo studio di Mario Mafai dove si formava il gruppo dei pittori della scuola romana, dedicandosi alla critica d’arte.
Nel 1941 ottiene la cattedra di Storia dell’arte nel liceo artistico di Roma, dove è vissuto fino alla scomparsa avvenuta nel 1981.Ha pubblicato di poesia: Solstizio (1934), Proverbi (1938), Testa (1938), Eclisse (1940), Epigrammi (1942), Il libro del forestiero 1930-1942 (1945), Banchetto (1949), Ascolta la Ciociaria (1953), Sono uno di voi (1963), Romanzo, (1965), Madrigali (1967), Preludio (1971), Di brace in brace (1971, Premio Viareggio), Circostanze (1976), Poesie (1980). Di narrativa ha pubblicato: Malumore (racconti, 1945), Amore e morte (romanzo, 1951), Camera oscura (romanzo, 1952), Il guanto nero (racconti, 1959), Racconti alla finestra (1969). Costatiamo inoltre che uno dei link di riferimento è https://www.liberodelibero.org/: peccato che il sito non sia più funzionante. Ecco infatti quanto afferma Luigia Lorenzini nel suo blog: Bisogna sempre tenere presente che i curatori delle antologie, spesso non selezionano e non segnalano un nuovo autore, ma lo escludono, cioè lo tagliano.
Decidono, ad esempio, di scegliere un certo poeta, ma non quell’altro, o quell’altra. E allora: è irragionevole affermare che il Novecento italiano è il secolo dei poeti tagliati?Uno fra questi, è Libero de Libero. Una strana sorte la sua: famoso e premiatissimo in vita, soltanto e quasi uno sconosciuto post mortem. Anzi, un “forestiero”, richiamando il titolo di una sua raccolta “Il Libro del Forestiero”. La Ciociaria, la sua amata terra, alla quale dedicò il componimento “Ascolta la Ciociaria”, ne attesta l’importanza e il ricordo, tant’è che al poeta è stato dedicato un premio di poesia a Fondi. Eppure, sembra che di Libero de Libero, se ne siano perse le tracce. Ma come? Proprio lui? Che ha vissuto un’esperienza poetica così intensamente profonda, tanto da essere definita: “Il miglior modo di essere uomo”? Il viaggio nella sua poesia potrebbe apparire tortuoso se ci lasciassimo interamente fagocitare dall’ampio numero di scritti che il “forestiero” ci ha consegnato. A differenza di molti, che nel corso degli anni hanno modificato o addirittura stravolto il proprio afflato poetico, sembra che de Libero abbia tracciato per la sua poesia una linea retta in cui è riuscito a coltivare una koinè tanto personale e forte da non poter essere abbandonata. La parola è per lui è come se diventasse, più che rifugio, dimora. E il lettore, in questo modo, sente di essere ospitato in luogo antico eppure moderno, vicino ma a volte lontanissimo dove “il sole è un grido la vita una parola mai scritta”. Ben detto! Ecco il link per chi volesse approfondire: https://poesia.blog.rainews.it/2014/05/poeti-da-riscoprire-libero-de-libero/. Proponiamo dunque una poesia del poeta di Fondi: ci rifugiamo nella sua dimora. Ed egli è un perfetto padrone di casa.
XLIV
Da tempo è l’assenza di te
e tutto è da vendere ormai
che mi fa triste erede.
Non più benigno il sole
sulla porta fa nero
l’emblema dei nostri nomi.
Gioventù è una vecchia festa
celebrata da tante parole.
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