RILEGGENDO POESIA - SERGIO SOLMI
Canto di donna

Il numero 315 del nostro mensile (maggio 2016) pubblicava un articolo, Il bifrontismo di Sergio Solmi, curato da Enza Silvestrini. La quale spiegava il significato di questa scelta lessicale. Essendo nato nel 1899 Sergio Solmi era uno dei tanti ragazzi del ’99 destinati alla guerra. Generazione che, “delusa dai cattivi maestri, deve fabbricarsi da sola gli strumenti esercitando il pensiero su un mondo in frantumi.”
Ma Solmi non ne ebbe mai il tempo: alla guerra seguì la prematura morte del padre, con le conseguenti difficoltà economiche. “Pubblicò una silloge nel 1933, Fine di stagione, e, a distanza di quarant’anni, Meditazioni sullo scorpione (1972, che in realtà erano prose, NdA)”, un’opera difficilmente collocabile entro movimenti più ampi che fanno di Solmi un isolato, un fuori moda. “Il bifrontismo ha forma di scorpione, […] una bestia dalla natura doppia, poiché all’esatta bipolarità si sottrae attraverso la coda inclinata a destra.”
Nonostante l’acuta metafora che qualcosa ci lascia intravedere, non siamo completamente convinti che la pubblicazione integrale di quel breve saggio (anche ammesso di avere spazio sufficiente) possa far conoscere a un pubblico che ci auguriamo il più vasto possibile la figura e l’opera di Sergio Solmi (1899-1981).
Fondatore, con G. Debenedetti e altri, della rivista torinese Primo tempo (1922-23) e socio corrispondente dei Lincei (1968). La sua notevole produzione saggistica ha spaziato dalla letteratura francese (Il pensiero di Alain, 1930; La salute di Montaigne e altri scritti di letteratura francese, 1942; Saggio su Rimbaud, 1974) alla paraletteratura (Della favola, del viaggio e di altre cose. Saggio sul fantastico, 1971), da Leopardi (Studi e nuovi studi leopardiani, 1975) alla letteratura contemporanea, che ha penetrato con fine intelligenza (Scrittori negli anni, 1963). È stato poeta tanto originale quanto radicato nella tradizione italiana (Fine di stagione, 1933; Poesie, 1950; Levania e altre poesie, 1956; Dal balcone, 1968; Poesie complete, 1974), nonché felice traduttore (Versioni poetiche da contemporanei, 1963; Quaderno di traduzioni, 1969; Quaderno di traduzioni II, 1977); da ricordare anche la raccolta di prose poetiche Meditazioni sullo scorpione (1972). L’edizione completa delle Opere di S. S. è stata avviata nel 1983 (il 5°vol. è uscito nel 2000). (Da https://www.treccani.it/enciclopedia/sergio-solmi/). Al termine degli studi universitari, laureatosi in Giurisprudenza, iniziò a lavorare presso la Banca Commerciale Italiana come avvocato e consulente giuridico, occupazione che svolse per tutta la vita. Negli anni quaranta Solmi partecipò attivamente anche alla Resistenza; in seguito alla sua detenzione presso il carcere di San Vittore nacquero i versi Aprile a San Vittore, una delle espressioni più intense della poesia partigiana, raccolti in seguito nel Quaderno di Mario Rossetti. Dopo la seconda guerra mondiale, Solmi diresse La Rassegna d’Italia (fondata a Milano da Francesco Flora) e collaborò a diverse riviste, Il Baretti, Pegaso, Pan, Solaria. Nel 1948 per la poesia si aggiudicò il Premio Saint Vincent e l’anno dopo il premio Montparnasse. Vinse il premio Viareggio per due volte: nel 1963 per Scrittori negli anni e nel 1976 per la Luna di Laforgue. Quindi, se rileggiamo le note biografiche, l’espressione usata dalla Silvestrini (a distanza di quarant’anni) è quasi fuorviante. Solmi pubblicò: Comete, Torino, 1923; Fine di stagione, Lanciano, 1933; Poesie, Milano, 1950; Levania e altre poesie, Milano, 1956; Dal balcone, Milano, 1968; Poesie complete, Milano, 1974. Poesie 1924 - 1972, a cura di Lanfranco Caretti, Mondadori, 1978. Solmi stesso scrisse nel 1952 che ci sono sostanzialmente “due modi per seppellire i poeti”: uno è l’oblio, l’altro è quello dell’ “imprigionamento in una formula”. La formula insistentemente usata per imbalsamare Solmi è quella del “poeta minore”, o, come specificò Franco Fortini, “deliberatamente minore” (ironia amara ma efficace). Nonostante fosse amico di Montale, nonostante la sua ricerca stilistica – di prim’ordine – e le numerosissime pubblicazioni di saggistica, l’imbalsamazione funzionò: non era un addetto ai lavori, di professione faceva l’avvocato, in banca per di più: caratteristiche, queste, che a molti con la puzza sotto il naso non andavano giù. E Solmi, nel proporre la sua poetica priva di retorica e, nel contempo, priva di reazione alla retorica stessa, riluttante alle correnti letterarie e ai movimenti, sembrava rassegnato alla sconfitta.
Canto di donna
Canto di donna che si sa non vista
dietro le chiuse imposte, voce roca,
di languenti abbandoni e d’improvvisi
brividi scorsa, di vuote parole
fatta, ch’io non discerno.
O voce assorta, procellosa e dolce,
folta di sogni,
quale rapiva i marinai in mezzo
al mare, un tempo, canto di sirena.
Voce del desiderio, che non sa
se vuole o teme, ed altra non ridice
cosa che sé, che il suo buio, tremante
amore. Come te l’accesa carne
parla talora, e ascolta
sé stupefatta esistere.
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