RILEGGENDO POESIA - ANGIOLO SILVIO NOVARO

Che dice…

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cms_27176/POESIA.jpg“Angiolo Silvio Novaro ebbe molto successo nel ventennio 1910-30, quando poté essere gustato dai molteplici lettori come un vero e proprio successore di Pascoli (di un Pascoli domestico-fanciullo, quello comunque più vulgato). Novaro fu poeta dei fanciulli, ma nell’Italia deamicisiana e perbene questo voleva dire molte cose.” Così esordiva Stefano Verdino presentando ai lettori di POESIA Angiolo Silvio Novaro (n. 164, settembre 2002).

Con stupore costatiamo che esiste anche un sito a lui dedicato, pertanto lo suggeriamo ai lettori: https://angiolosilvionovaro.it/opere/.

Per quanto riguarda le note biografiche ricorriamo invece a https://www.treccani.it/enciclopedia/angiolo-silvio-novaro_(Dizionario-Biografico)/.

cms_27176/Angiolo_Silvio_Novaro.jpgAngiolo Silvio Roberto Novaro (1866-1938) nasce a Diano Marina; intorno al 1880 il padre fonda un’industria olearia a Porto Maurizio. Frequenta un istituto tecnico, non si iscrive all’università pensando di seguire le orme del padre, ma ben presto la propensione alla scrittura si manifesta in tutta la sua urgenza: racconti e novelle (ma fu anche pittore). Nel 1894 sposa una pianista, Laura Butta e successivamente si iscrive al Partito Socialista (fu anche condannato al domicilio coatto, poi revocato).

Cura e coordina col fratello Mario la rivista La Riviera Ligure di Ponente, pubblicata dallo stabilimento di famiglia (P. Sasso e Figli). Dal 1899 la rivista si chiamerà La Riviera Ligure, Angiolo subentra al fratello e le darà un impulso innovatore e una forte impronta letteraria, aprendola alla collaborazione dei più importanti scrittori dell’epoca. Nel volger del nuovo secolo, l’attenzione si sposta sulla scrittura in versi e, in particolare, su quella per ragazzi: nel 1905 esce la prima opera poetica, La casa del Signore (Torino-Genova), ma fu la raccolta di poesie per i piccoli Il cestello (Milano 1910), che rimase il suo volume più celebrato, a far raggiungere a Novaro una grande notorietà. Nel novembre 1913 il figlio Jacopo si trasferisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, per frequentare poi, dal novembre 1915, l’Accademia a Modena. Assegnato nel marzo 1916 al 1° reggimento degli alpini, muore il 3 giugno nella Conca di Marcésina in un’azione eroica per la quale fu insignito con la medaglia d’argento e promosso al grado di sottotenente. Le Lettere di Jacopo Novaro ai suoi genitori (Torino 1931) comprendono un arco che va dal 16 novembre 1914 al 2 giugno 1916. Quando Jacopo era ancora sotto le armi, Novaro aveva scritto le poesie de Il cuore nascosto (Milano: apparse a stampa per Treves solo nel 1920), in cui affiorava uno strano presentimento nel rievocare la felicità familiare insieme al figlio. Insignito già dal 1926 della tessera ad honorem del Partito Nazionale Fascista (come molti altri artisti a lui contemporanei, NdA) e nominato nel 1929 accademico d’Italia per la classe delle Lettere, rimane in seguito fortemente deluso dal fascismo.

cms_27176/000.jpgLungo il corso della sua vita aveva stretto amicizia con personalità di rilievo come Verga, D’Annunzio, Marino Moretti, Giovanni Papini, Giuseppe Prezzolini; tuttavia rimane lontano dal rinnovamento poetico risolto in chiave novecentesca, proponendo invece una poesia intima, musicalmente suggestiva, caratterizzata da una vena malinconica e legata al suo mondo familiare. Muore a Oneglia nel 1938, annus horribilis per l’Italia, stretta nella morsa del Fascismo, delle leggi razziali e a un passo dalla Seconda Guerra Mondiale. Chissà se quella delusione di cui si accennava prima si sarebbe potuta trasformare in avversione, e opposizione politica vera e propria. “Ma davvero la poesia di Angiolo Silvio Novaro è tutta da buttare?” proseguiva Stefano Verdino, “in fondo la memoria dei più anziani è tutto sommato grata per quella Pioggerellina di marzo e forse può valere la pena di un avvio d’indagine. Meritano di essere riletti i versi de Il cuore nascosto (1920) e Tempietto (1939, postumo), da premiare decisamente sui restanti volumi di versi (Il piccolo Orfeo, 1929; La madre di Gesù, 1936, poemetto narrativo che pure piaceva a Betocchi). Fu uomo meno disattento all’evolversi del gusto di quanto si supponga. La sua non è solo poesia à la page di un tempo lontano: a volte il connubio tra eleganza e percezione scatta saldamente in presenza di una poesia dell’estasi, senza nostalgie pascoliane.” Persino Montale – aggiungiamo – ne fu in parte affascinato, anche se poi stroncò il ligure più anziano. Ma soltanto dopo avergli rubato qualche verso (si confronti La mia musa con I limoni). Ci auguriamo che nessuno, fra i nostri lettori, si stracci le vesti se oggi osiamo riproporre quella Pioggerellina di marzo. È come sbalzare all’indietro, risentire le nonne, rivederci bambini.

Che dice la pioggerellina di marzo

Che dice la pioggerellina
Di marzo, che picchia argentina
Sui tegoli vecchi
Del tetto, sui bruscoli secchi
Dell’orto, sul fico e sul moro
Ornati di gèmmule d’oro?

- Passata è l’uggiosa invernata,
Passata, passata!
Di fuor dalla nuvola nera,
Di fuor dalla nuvola bigia
Che in cielo si pigia.
Domani uscirà Primavera


Guernita di gemme e di gale,
Di lucido sole,
Di fresche vïole,
Di primule rosse, di battiti d’ale,
Di nidi,
Di gridi,
Di rondini, ed anche
Di stelle di mandorlo, bianche...

Ciò dice la pioggerellina
Di marzo, che picchia argentina
Sui tegoli vecchi
Del tetto, sui bruscoli secchi
Dell’orto, sul fico e sul moro
Ornati di gèmmule d’oro.

Ciò canta, ciò dice;
E il cuor che l’ascolta è felice.

Raffaele Floris

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