RILEGGENDO POESIA – CESARE PAVESE

L’istinto

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cms_23337/1.jpgAffermava Silvio Ramat nella consueta rubrica La poesia italiana 1900-1945, parlando di Cesare Pavese e della famosissima silloge Lavorare stanca: “A nessuno verrebbe mai più da giudicare la poesia di Cesare Pavese nei termini emotivi, polemici di una quarantina di anni fa (e siamo nel novembre 1993, n. 67, NdA).

Pronunciarsi a favore o contro di essa comportava allora, lo si volesse o no, un prender posizione anche su altro; per esempio equivaleva a dichiararsi pro o contro l’ermetismo, esperienza, per la verità, a quella data storicamente conclusa. A dirsi sostenitori di un poetare astratto, stilizzato in bella cifra, o, all’opposto d’un caldo, concreto realismo.” Eppure Lavorare stanca passò senza quasi suscitare risonanza nella sua prima edizione. Ma gli ermetici, dopo il 1945, di Pavese tacciono anche il nome, almeno per quanto riguarda la poesia. Mentre i giovani ormai considerarono quella additata da Lavorare stanca “l’unica via aperta alla letteratura”: le altre vie erano chiuse, nella tecnica e nei contenuti. Non solo: i vinti, i disadattati e i reprobi di Lavorare stanca “ci sono fraterni, sono materia viva e nostra” (Antonio Russi).

cms_23337/cesare_pavese.jpgEsiste un sito cui sarebbe doveroso il rimando:https://fondazionecesarepavese.it/cesare-pavese/,sia per i consueti cenni biografici, sia per ricordarci che Cesare Pavese (1908-1950), è stato poeta, scrittore, romanziere, traduttore, critico; anch’egli, come Pasolini, considerato uno dei maggiori intellettuali del ‘900. Anch’egli scomparso prematuramente e tragicamente. L’Italia e l’Europa perdevano un personaggio di tale statura proprio nel momento in cui ci sarebbe stato più bisogno di lui. Per fortuna la fama postuma non è stata scalfita, e le notizie sulla sua vita (tormentatissima) e sulle sue opere sono ampiamente reperibili. Tuttavia dobbiamo rilevare che il link della fondazione è “pericoloso” e “bloccato” dall’antivirus; questo fatto o è momentaneo e dunque dev’essere risolto in tempi brevi, oppure – come temiamo – è lasciato all’incuria magari sopraggiunta dopo un frenetico e un po’ avventato attivismo. Pavese non merita questo. Chi sa, chi può faccia qualcosa. Ecco dal sito https://biografieonline.it/biografia-cesare-pavese alcuni cenni biografici.

cms_23337/2-cesare-pavese.jpgCesare Pavese nasce il 9 settembre 1908 a Santo Stefano Belbo, paesino delle Langhe in provincia di Cuneo, dove il padre, cancelliere del tribunale di Torino, aveva un podere. Ben presto la famiglia si trasferisce a Torino, anche se il giovane scrittore rimpiangerà sempre con malinconia i luoghi e i paesaggi del suo paese, visti come simbolo di serenità e spensieratezza e come luoghi dove trascorrere sempre le vacanze. Una volta nella città piemontese di lì a poco il padre muore; questo episodio inciderà molto sull’indole del ragazzo, già di per sé scontroso e introverso. Già nell’età dell’adolescenza Pavese manifestava attitudini assai diverse da quelle dei suoi coetanei. Timido e introverso, amante dei libri e della natura, vedeva il contatto umano come il fumo negli occhi, preferendo lunghe passeggiate nei boschi in cui osservava farfalle e uccelli. Rimasto dunque solo con la madre, anche quest’ultima aveva subìto un duro contraccolpo alla perdita del marito. Rifugiatasi nel suo dolore e irrigiditasi nei confronti del figlio, questa comincia a manifestare freddezza e riserbo, attuando un sistema educativo più consono ad un padre "vecchio stampo" che a una madre prodiga di affetto.[…] In questo caso ne consigliamo la lettura integrale: la vita e le opere di Cesare Pavese vanno di pari passo, da Lavorare stanca (1936) a Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1951, pubblicata postuma). Inoltre romanzi, racconti, saggi, traduzioni, epistolario (l’elenco è lunghissimo, e vale la pena scorrerlo su https://www.sololibri.net/cesare-pavese-vita-opere-pensiero.html): ci dànno un quadro a tutto tondo dell’intellettuale piemontese. Antifascista, costretto al confino, non partecipò alla resistenza e con rimorso la raccontò nei suoi romanzi. In seguito affermò: “Ho finalmente regolato la mia posizione iscrivendomi al PCI”, fra delusioni sentimentali (moltissime) e “tentativi di rompere l’isolamento, di collegarsi, di camminare assieme agli altri. Era l’ultima risorsa alla quale si aggrappava per imparare il mestiere di vivere.” (Davide Lajolo). E tuttavia alcuni suoi interventi politici non furono apprezzati negli ambienti degli intellettuali comunisti, tanto meno La letteratura americana e altri saggi. Nonostante la fama e la celebrità raggiunta, che culminò col premio Strega (1950), Cesare Pavese non uscirà mai più dalla spirale depressiva che lo stava risucchiando. Il mestiere di vivere lo aveva stremato. “Non fate troppi pettegolezzi” aveva scritto nel biglietto d’addio. Evidentemente ne aveva sentiti troppi anche in vita. Nessuno ebbe mai il coraggio di rimangiarseli.

l’istinto

L’uomo vecchio, deluso di tutte le cose,
dalla soglia di casa nel tiepido sole
guarda il cane e la cagna sfogare l’istinto.

Sulla bocca sdentata si rincorrono mosche.
La sua donna gli è morta da tempo. Anche lei
come tutte le cagne non voleva saperne,
ma ci aveva l’istinto. L’uomo vecchio annusava
non ancora sdentato, la notte veniva,
si mettevano a letto. Era bello l’istinto.
Quel che gli piace nel cane è la gran libertà.
Dal mattino alla sera gironzola in strada;
e un po’ mangia, un po’ dorme, un po’ monta le cagne:
non aspetta nemmeno la notte. Ragiona,
come fiuta, e gli odori che sente son suoi.

L’uomo vecchio ricorda una volta di giorno
che l’ha fatta da cane in un campo di grano.
Non sa più con che cagna, ma ricorda il gran sole
e il sudore e la voglia di non smettere mai.
Era come in un letto. Se tornassero gli anni,
lo vorrebbe far sempre in un campo di grano.

Raffaele Floris

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