RILEGGENDO POESIA – GILDA MUSA

Cento, mille finestre illuminate

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cms_25439/poesia.jpgOggi ci occupiamo di Gilda Musa, figlia del pittore-xilografo Romeo Musa, nata in Romagna e scomparsa a Milano nel febbraio 1999. Suoi inediti, Fra la veglia e il sonno, comparvero nel n. 128 di quello stesso anno. Con una premessa che probabilmente potremmo condividere con Mariella Bettarini: parlare di Gilda Musa e dire “figlia di” è una pura e semplice contestualizzazione storica per un’autrice che ha in sé la possibilità e la forza di proporsi ancora oggi al “suo” pubblico, senza bisogno di puntelli patriarcali. Nata a Forlimpopoli, nel 1926, Gilda Musa si laurea in Lettere a Milano e si specializza in Germanistica a Heidelberg, per poi diplomarsi in lingua inglese a Cambridge. Considerata una delle voci più rilevanti del panorama fantascientifico italiano, la sua forma espressiva originaria è rappresentata dall’attività poetica: la raccolta d’esordio, dal titolo ungarettiano, è Il Porto quieto (1953), a cui faranno seguito Amici e nemici (1961), Gli onori della cronaca (1964)e La notte artificiale (1965), attraverso le quali Gilda Musa passa a un maggior coinvolgimento morale e a un’attenzione sempre più precisa per quegli aspetti malati e violenti della società neocapitalistica, per arrivare infine alla rappresentazione della totale alienazione del soggetto. All’accresciuta importanza che assume la riflessione critico-ideologica sulla realtà contemporanea, si lega l’esigenza di estendere il proprio pubblico, cui è derivativo l’avvicinamento alla fantascienza, con il racconto Memoria totale (apparso sulla rivista «Futuro» nel 1963), cui si affiancheranno la partecipazione all’antologia I labirinti del terzo pianeta.

cms_25439/gilda-musa.jpgNuovi racconti italiani di fantascienza (1964)e la collaborazione alla rivista «La collina», la quale ha contribuito a delineare il filone narrativo del neofantastico. Lungo tutto questo percorso di lavoro, Gilda Musa non utilizza mai alcuno pseudonimo: un fattore significativo di una fantascienza italiana in grado di rivendicare un proprio spazio e una propria autonomia dai modelli stranieri.

Con il racconto L’unico abitabile (1963), Gilda Musa segna l’inizio di una serie di racconti concentrati su un singolo protagonista e sul suo dramma interiore; seguiranno poi Giungla domestica (1975), Fondazione «ID» (1976), Marinella super (1978), Esperimento donna (1979) e L’arma invisibile (1982),opere in cui l’autrice cerca di promuovere un progetto di crescita e civiltà nel pieno rispetto della risorse umane e naturali: in una società basata sempre più sull’individuo e sullo sfruttamento delle sue risorse naturali, con l’arroganza di piegare il proprio habitat al servizio dell’uomo e della scienza, il messaggio ecologico veicolato da Musa diventa mezzo di riavvicinamento alla propria Terra, ritrovando un rapporto armonico e naturale con essa, e di riscoperta di se stessi in una dimensione più “umana” e innocente.

cms_25439/GM2.jpgGilda Musa muore a Milano nel febbraio del 1999. Le note biografiche sono tratte da https://www.dovenondove.it/pagine%20autrici/musa_gilda.html. Quindi non solo poetessa, ma anche germanista di grande valore, giornalista, scrittrice di fantascienza, talento che condivideva col marito Inisero Cremaschi, scrittore e critico. Le opere in poesia: ll porto quieto, Schwarz, 1953, Morte di volo, Sciascia, 1957, Poesia tedesca del dopoguerra, Schwarz, 1958, Le armi, Rebellato, 1959, Amici e nemici, Ca’ Diedo, 1961, Gli onori della cronaca: 1961-1962, Sciascia, 1964, La notte artificiale, Quartiere, 1965, Lettere senza francobollo, Sciascia, 1972.

Per quanto riguarda i racconti (e i romanzi) di fantascienza, invece, lo spazio non ci è sufficiente: è un elenco lunghissimo e, a detta degli appassionati al genere, molte sono le opere di valore assoluto.

Basta attivare i motori di ricerca per rendersene conto. Vittorio Curtoni, su https://web.archive.org/web/20110926070559/https://www.fantascienza.com/delos/delos45/musa.html, ha affermato: “Se n’è andata in punta di piedi, con discrezione, com’era nello stile di questa signora minuta, tanto amabile, sempre pronta ad accendersi in discussioni vivacissime sulla natura del lavoro letterario, sul senso e sul perché della scrittura. Per questo, forse, ne conservo un ricordo così vivido: Gilda era una di quelle persone che puoi vedere poco, magari in occasioni particolari come una convention o la riunione di una giuria di un premio letterario, ma quegli incontri ti restano impressi per la vigoria, il calore intellettuale che sprigionano. Gilda era un vulcano d’idee, di proposte, di voglia di fare.” Una persona entusiasta e cordiale in un universo come quello della letteratura, dove tanta gente è perennemente pronta a scannare tanta altra gente. “Mamma” RAI non solo non ha reso sufficiente omaggio a Gilda Musa, ma la miniserie La traccia verde, del 1975, era chiaramente ispirato a Giungla domestica, senza il consenso dell’autrice e – ovviamente – senza riconoscerle nulla.

CENTO, MILLE FINESTRE ILLUMINATE

La mia finestra, qua. E forse cento

forse mille finestre nella sera

poetica, là fuori – a una a una,

a triadi, a grappoli – si accendono.

Quelle luci-notizie si trasmettono

quali esempi di vita individuali

differenti e a contrasto nel mosaico

poliedrico di casi e di destini.

Mi piace immaginare che fra tante

anche la luce-notizia risplenda

di un compagno-poeta che si ostina

fantasioso e ribelle sulla pagina.

Già ieri si accendevano, là e qua.

Così domani: almeno, è supponibile.

Ma d’improvviso – là e qua – le colgo

– non per supposizione, ma certezza –

imparzialmente uguali nel procedere

sul segmento fissato: alfa-omega.

Raffaele Floris

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