RILEGGENDO POESIA – NICCOLO’ TOMMASEO

La mia piccola lampa

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cms_29799/poesia.jpgOgni tanto un salto all’indietro lo dobbiamo fare. I nostri lettori ci perdonino il linguaggio colloquiale e il conseguente pleonasmo, ma siamo convinti che senza la consapevolezza della storia della poesia, o peggio, senza la conoscenza dei grandi autori del passato (e autrici, ça va sans dire), le fondamenta della poesia contemporanea sarebbero costruite sulla sabbia e sull’argilla. Silvio Ramat, nel gennaio 2009 (n. 234) scriveva di Niccolò Tommaseo e delle sue cinque lingue.

Cosa intendeva dire? “Scintille, opera del 1841, aveva una struttura originalissima, in cui verso e prosa liberamente si alternavano. Opera senza reali termini di raffronto, composta com’è in più lingue. Il Tommaseo, oltre all’uso dell’italiano, si cimenta infatti nel latino traducendo le Odi di Orazio e le Georgiche di Virgilio, nel francese, nel neogreco e dell’illirico, una lingua slavo-meridionale appresa o rinfrescatagli dalla competenza di valenti maestri (Tommaseo era nato in Dalmazia, NdA). Ma questa sezione suscitò i sospetti dell’imperiale censura austriaca. “Il richiamo alla coscienza delle nazioni e alle virtù dei popoli, esortati a (ri)conoscere la propria storia, nella lingua e nell’arte, nei trionfi e nelle sventure, minava il principio d’autorità su cui si fondano gli Stati e gli imperi? Il libro del Tommaseo precede di alcuni anni le rivoluzioni italiane ed europee del ’48, ma non si può dire che scientemente le prepari.” Immaginiamo che non pochi, leggendo queste parole, possano domandarsi se ci possa essere qualche collegamento cogli odierni “sovranismi”, ma Ramat aggiungeva: “voler proiettare le scintille su un orizzonte attuale sarebbe arbitrario, pretestuoso.” Cenni biografici approfonditi sono reperibili su https://www.treccani.it/enciclopedia/niccolo-tommaseo_%28Dizionario-Biografico%29/. Sintetizziamo.

cms_29799/tommaseo_ritratto.jpgNato a Sebenico, in Dalmazia, nel 1802 in una famiglia di commercianti italiani, compiuti i primi studi nel seminario di Spalato, nel 1817 si trasferì per gli studi di legge a Padova, dove conobbe Antonio Rosmini. Si trasferì poi a Milano (1824-27), dove si legò di devota amicizia ad Alessandro Manzoni e cominciò a collaborare all’«Antologia» di Vieusseux. A Firenze strinse amicizia con Gino Capponi ed ebbe una sofferta relazione amorosa con Geppina Catelli. Nel 1847 fu nel mirino della polizia asburgica, venne arrestato a seguito di alcune dichiarazioni sulla libertà di stampa, che rivendicavano il diritto di vedere applicate leggi che non la limitassero; fu liberato il 17 marzo 1848, insieme con Daniele Manin, durante l’insurrezione di Venezia contro gli austriaci. Alla successiva proclamazione della Repubblica di San Marco, ottenne il maggior numero di voti dopo Manin e prima di Giacomo Treves dei Bonfili, e assunse importanti cariche nel nuovo Stato. Esiliato a Corfù nel 1849, dopo l’entrata degli austriaci a Venezia, si ammalò agli occhi (conseguenza della sifilide contratta durante il soggiorno parigino) ma trovò comunque il modo di scrivere numerosi saggi, tra cui Rome et le monde in francese, in cui da cattolico dichiarava la necessità della rinuncia della Chiesa cattolica al potere temporale. Risale a questo periodo anche l’insofferenza del Tommaseo verso la via "moderata" all’unità d’Italia, da raggiungersi tramite l’unione al Piemonte sabaudo. Fu poi ministro nel governo provvisorio di Venezia, ambasciatore a Parigi e tra i più accesi protagonisti della difesa della Repubblica veneziana. Esule a Corfù tornò in Italia nel 1854, stabilendosi a Torino e poi a Firenze (1859), dove morì. Figura tra le più significative e controverse dell’intellettualità cattolica italiana dell’Ottocento, alla lessicografia diede due opere importanti come il Nuovo dizionario de’sinonimi della lingua italiana (1830) e il grande Dizionario della lingua italiana (4 voll., in 8 parti, 1865-79; prime dispense nel 1861, dopo un saggio nel 1858). Autore di versi di accorata, cristiana introspezione (riuniti in Poesie, 1872), anticipò nella sua più importante opera narrativa, Fede e bellezza(1840), temi e atmosfere che saranno poi ripresi da Fogazzaro. Pochissimi i blog e i siti di letteratura che si sono recentemente occupati di lui. Fra questi citiamo https://poetarumsilva.com/ e https://www.laboratoripoesia.it/niccolo-tommaseo/, autentiche mosche bianche dal flebile ronzio che non sovrasta il silenzio assordante. “Niccolò Tommaseo, in Italia, continua a patire l’esclusione dal canone dei classici moderni, canone dal quale molte altre letterature non lo avrebbero bandito. Nella nostra debbono avergli nuociuto la (contraccambiata) antipatia per Leopardi, sviluppatasi di colpo, si sa, nella Firenze del 1827.” Il grande Leopardi contro il piccolo Tommaseo, si diceva all’epoca. Sarebbe anche ora di smetterla.

La piccola mia lampa
Non, come sol, risplende,
Né, com’incendio, fuma;
Non stride e non consuma,
Ma con la cima tende
Al ciel che me la dié.

Starà su me sepolto
Viva, né pioggia o vento,
Nè in lei le età potranno;
E quei che passeranno
Erranti a lume spento,
Lo accenderan da me.

Raffaele Floris

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