RILEGGENDSO POESIA – LUCIANO LUISI

"Ma all’improvviso…"

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Luciano Luisi è morto a Roma lo scorso 29 maggio. Era nato a Livorno il 13 marzo 1924 da madre toscana e padre pugliese. Ecco un suo breve ritratto pubblicato nel gennaio 1994 nella rubrica Inediti del mensile POESIA.

cms_22084/2.jpg“Giornalista e telecronista, ha pubblicato Racconto e altri versi (Guanda 1949), Un pugno di tempo (Guanda 1967), La vita che non muta (Ed. Pandolfo), tutte confluite in La sapienza del cuore (Rusconi 1986), che ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Ha curato l’antologia Luna d’amore (Newton Compton 1989), numerose monografie di scrittori e artisti e ha pubblicato il romanzo Le mani nel sacco (Camunia 1992)”.

A distanza di tanti anni possiamo dire qualcosa di più: la vita artistica di Luciano Luisi è stata davvero longeva e proficua. Nato nel 1924 da madre toscana e padre pugliese (originario di Ginosa), ha trascorso l’infanzia in Lombardia e a Parma.

Ha insegnato giornalismo televisivo all’Università Pro Deo di Roma e storia dell’arte all’Accademia di belle arti di Foggia. Ha diretto L’Informatore librario ed è stato segretario generale del premio Fiuggi dirigendo la collana di saggistica dedicata ai vincitori e, insieme a Cosimo Fornaro, quella del premio Ori di Taranto. Ha pubblicato racconti, romanzi e raccolte di poesie oltre a traduzioni e monografie su Mario Luzi, Vasco Pratolini, Leonardo Sciascia, Eraldo Miscia e, fra quelle per artisti figurativi, su Emilio Greco, Renato Guttuso, Renzo Vespignani e tanti altri, ricevendo importanti riconoscimenti e vincendo numerosi premi. È stato inoltre un collezionista e studioso di conchiglie. A Roma, per diversi anni, è stato una figura preminente della vita artistica italiana sullo schermo televisivo. È cittadino onorario di Ginosa. (da https://www.railibri.rai.it/person/luciano-luisi/). Queste, invece, le parole di Vincenzo Guarracino: È stato molte cose, Luciano Luisi (Livorno, 13 marzo 1924 – Roma 27 maggio 2021), in una vita ricca di eventi e di libri: storica “voce” e presenza della televisione, vaticanista, critico d’arte, docente, firma autorevole del giornale e soprattutto poeta, ha incarnato una figura di intellettuale a tutto tondo che ha fatto della sua professione una testimonianza, di scrittore e di cristiano.

cms_22084/1.jpgTestimonianza di fede nella comunicazione come civiltà e dialogo, attraverso la parola, con la consapevolezza del suo potere salvifico e catartico, per raccontare una società dove sulla scena del quotidiano convivono piccoli e grandi eroismi tra slanci di solidarietà e le grette tragedie del consumismo: parola come “eucaristizzazione” di un ethos, insomma, di un sapere teso a superare i “muri”, i limiti angusti dell’io nel dono di sé agli altri, a partire dalla cronaca di tutti i giorni, armato di una curiositas che da credente non arretra o indietreggia di fronte al Mistero, forte di quella “sapienza del cuore” che dava il titolo a una sua raccolta poetica dell’’86 e che lo ha fatto sempre palpitare di passione di fronte alla scena dell’oggi, alla “città cristiana che non sa più la pietà e l’amore”.

(prosegue su: https://www.facebook.com/vincenzo.guarracino.1481)

Nonostante la sua presenza – dicevamo – ininterrotta dal 1949 a oggi nell’ambito della poesia, dell’informazione, dell’arte in generale, con più di venti libri al suo attivo (pubblicarne l’elenco completo ci sottrarrebbe troppo spazio: per chi volesse approfondire Wikipedia ha pubblicato le opere e i premi conseguiti), i blog, i siti letterari, i forum sembrano essersi dimenticati di lui. O forse non lo conoscono proprio. Pare impossibile per un autore che ha pubblicato Tutta l’opera in versi: 1944-2015, a cura e con un saggio di Dante Maffia, introduzione di Giuseppe Langella, Nino Aragno editore, Torino 2016 (una pubblicazione, quindi, abbastanza recente, introdotta e curata da nomi di grosso calibro quali quelli di Maffia e di Langella). Coraggio, bloggers: c’è ancora tanto spazio sulle autostrade del web.

Ma all’improvviso…

Ma all’improvviso, a mezzo della notte,

se fugge il sonno, il pensiero di te

come una piovra stende i suoi tentacoli

a soffocarmi. E ormai lo so: è inutile

che io cerchi di metterti in fuga

con il clic della lampada.

Sono le ore tue, queste le ore

in cui, come un affanno, un ansimare

che cresce nella mente, da quel gorgo

sale il tuo assiduo chiamarmi,

ma sbarra gli occhi, ferma

il flusso del mio sangue.

Ma volto su un fianco, la bocca

premuta sul cuscino per nascondermi,

per non vederla quella mia dimora

che già m’additi,

e rannicchiato prego:

“…ora e nell’ora…

Raffaele Floris

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