Riforme in Arabia Saudita

Progresso reale o semplice illusione?

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Fino a ieri nel regno saudita, all’interno dei ristoranti esistevano due aree: una riservata alle famiglie, alle donne, e un’altra dedicata alla clientela maschile. Alle donne era riservata un’entrata laterale perché fossero meno in vista.

La nuova legge voluta dal principe ereditario Mohammed bin Salman stabilisce che da ora, per gli uomini e le donne l’entrata sia la stessa.

Il divieto d’incontro in luoghi pubblici fra uomini e donne che non siano famigliari è stato dunque abolito. Lo annunciano le autorità di Riad.

Al Jazeera scrive che non è tuttavia chiaro se uomini e donne potranno sedere agli stessi tavoli all’interno dei ristoranti, e aggiunge che la misura non è obbligatoria, e che quindi potrebbe esserci qualche ristoratore che preferisce mantenere la rigida separazione.

Si tratta dunque di un altro passo in avanti nell’abolizione delle discriminazioni nei confronti delle donne promossa dal principe ereditario Mohammed bin Salman che ha già da diverso tempo promosso una modernizzazione del Paese.

Dalla fine del 2017, infatti, sono state eliminate una serie di norme discriminatorie nei confronti delle cittadine saudite che possono accedere a mondi che, fino a pochi anni fa, erano riservati soltanto agli uomini.

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Le riforme di Mohammad bin Salman stanno, a poco a poco, cambiando il profilo dello stato.

A Riad, iniziano a girare le prime donne alla guida e molte di loro scelgono di non indossare l’hijab, il velo non integrale ed è calato in modo abbastanza sostanziale anche l’uso del niqab, l’indumento che copre più di tutti il corpo delle cittadine,

Anche l’abaya, il lungo soprabito nero, non sarà più obbligatorio indossarlo.

L’imposizione era già stata tolta alle cittadine straniere in visita nel Paese, anche e soprattutto in vista dell’apertura del regno al turismo che, dalla fine di questo mese, vedrà la sua prima stagione internazionale, con l’apertura di siti prima inaccessibili, come per esempio l’oasi di al-Ula.

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Le progressive riforme sociali del governo non devono però ingannare.

Perdurano, infatti, leggi discriminatorie contro le donne e moltissimi sostenitori dei diritti delle donne sono stati arrestati. A luglio si sono verificati gli ultimi arresti di attivisti che rischiano una condanna a cinque anni di carcere.

Se da una parte è quindi vero che da quando Mohammed bin Salman è salito al potere nel 2017, ha cercato di imporre una spinta verso la modernizzazione della società araba, riconosciuta unanimemente come molto conservativa e che le sue riforme hanno incassato il supporto della comunità internazionale, è altresì vero che allo stesso tempo si è verificata una violenta ondata di repressione.

In particolare l’omicidio del giornalista Jamal Kashoggi, grande critico di Riad, ha attirato molte polemiche, anche se i più importanti leader politici mondiali, compreso il presidente Trump, continuano a supportare l’Arabia Saudita.

Di fatto c’è un dato oggettivo: una radicalizzata cultura che sancisce l’inferiorità della donna è difficile da demolire.

Secondo Amnesty International "negli ultimi anni si sono susseguite delle riforme volte a migliorare la condizione della donna nel Paese, ma malgrado ciò, le donne e le ragazze saudite hanno continuato a subire discriminazioni nella legge e nella prassi, senza essere sufficientemente protette da abusi sessuali e altre forme di violenza".

Grazie alle dure lotte delle femministe molto è stato fatto ma occorrerà ancora molto tempo perché si possa parlare di effettiva emancipazione delle donne arabe.

Si pensi che fino a poco tempo fa per compiere alcune commissioni e svolgere determinate azioni come viaggiare all’estero, sottoporsi a un intervento chirurgico e sposarsi, le donne arabe avevano bisogno del consenso di un uomo, in genere il padre, il marito o il fratello ma anche il figlio.

Occorre ad esempio il permesso del tutore per lamentarsi o protestare in polizia, contro ciò che dice l’uomo.

Una delle limitazioni indicative dello stato d’inferiorità della donna è, ancora oggi, il valore della sua parola, che vale due volte di meno rispetto a un uomo.

Alla donna araba spetta solo metà dell’eredità che invece è interamente data ai maschi. In alcune zone rurali, le donne non hanno nemmeno quella metà.

Sposarsi per amore è possibile, ma solo con il consenso del wali. Allo stesso tempo i genitori possono decidere di fare sposare una ragazza di età molto giovane con uomini anche molto più grandi di lei mentre in caso di divorzio, le donne non possono avere la custodia dei figli.

Fino a pochi mesi fa alle madri non era nemmeno fatto sapere dove fossero i propri figli mentre dallo scorso gennaio sono avvisate tramite SMS.

Un’altra pesante restrizione per la donna saudita è che non ha il diritto di aprire un conto in banca, non avendo così il diritto di gestire le proprie finanze.

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Una situazione, insomma, davvero difficile che spinge molte ragazze a fuggire dall’Arabia Saudita a causa delle violenze e vessazioni da parte dei loro famigliari e le nuove riforme non bastano a far loro cambiare idea.

E comunque, delle riforme anche importanti ci sono state.

Da dicembre 2015, ad esempio, le donne possono votare per la prima volta.

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Dalla fine del 2017 sono state abolite una serie di norme discriminatorie: il divieto alla guida di automobili, nel giugno del 2018, poi l’obbligo di aver il permesso del “custode” per viaggiare all’estero, infine l’obbligo di essere accompagnata da un maschio della famiglia nei soggiorni in albergo all’interno del Regno.

Nel febbraio 2019 l’Arabia Saudita ha nominato la sua prima ambasciatrice donna: la principessa Rima bint Bandar al Saud, nota per la sua lotta in favore delle donne, ambasciatrice negli Stati Uniti.

Sempre nello stesso anno durante i mondiali le donne hanno avuto accesso per la prima volta allo stadio. Alcune di loro sono entrate a volto scoperto e con le maniche degli abiti tirate sopra.

Da maggio 2019 per la prima volta a Gedda hanno potuto partecipare alla maratona, anche se con il capo coperto e una tunica leggera che le copriva fino ai piedi.

Da giugno 2019 le donne Saudite possono esercitare la funzione di notaio nel regno, mentre da ottobre dello stesso anno possono arruolarsi all’esercito, ricoprendo però, al massimo la carica di sergente. Dallo stesso mese possono anche pernottare da sole in un albergo con il loro solo documento d’identità, e condividere la loro stanza con un loro fidanzato o non familiare.

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Paradossalmente però sono proprio le riforme messe in atto dal principe ereditario Muhammed bin Salman, accolte positivamente dalle opinioni pubbliche saudite e internazionali a mettere ancora più in evidenza la mancanza di libertà delle donne, ancora oggi costrette a dipendere per molti aspetti, soprattutto legali, per tutta la vita da un guardiano.

Si procede insomma a piccoli passi, mentre c’è da scalare una montagna. Per comprendere di quale modernizzazione si parla, basti considerare che oggi le donne possono ricevere un avviso di notificazione via sms quando il marito decide di divorziare, mentre prima nemmeno quello.

Ben vengano dunque, le modifiche apportate dal principe alla legge saudita in favore delle donne, ma la comunità internazionale non deve lasciarsi ingannare né abbassare la guardia nella lotta per la rivendicazione dei diritti delle donne.

Di fatto, in sostanza, non c’è molto di cui esultare. Le donne in Arabia sono ancora oggi costrette a sottostare a una cultura e una religione patriarcale che le considera proprietà dell’uomo.

Gianmatteo Ercolino

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