SANT’ANTONIO ABATE

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Qual è La vera storia del santo protettore degli animali domestici, comunemente conosciuto come Sant’Antonio Abate?

Contrariamente a quello che si può credere, la figura di questo santo non ha nulla a che fare con una visione edulcorata e romantica della vita, anzi, tutto il contrario.

Comunemente raffigurato come un anziano signore che incede scuotendo un campanello, in compagnia di un maialino e di altri animali, in realtà Sant’Antonio è ricordato come il santo delle tentazioni demoniache.

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Sant’Antonio Abate

Sant’Antonio il Grande, Sant’Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Deserto, Sant’Antonio del Fuoco: ecco alcuni dei titoli che gli vengono attribuiti.

Ma chi è veramente?

Antonio, nato a Qumans - in Egitto - il 12 gennaio 251, è un monaco anacoreta cristiano.

Che cos’è un anacoreta? È un eremita dedito alla contemplazione e alle pratiche ascetiche.

La vita di Antonio, infatti, è tutta costellata di opere di pietà, di digiuni impossibili e di tentazioni al limite del sopportabile.

Figlio di agiati agricoltori cristiani, rimane orfano all’età di vent’anni, con una sorella a carico. Ricevuta la chiamata del Cristo a lasciare tutto e seguirlo, distribuisce i suoi beni ai poveri e, dopo aver affidato la sorella ad una comunità femminile, si ritira nel deserto della Tebaide per condurvi una vita di solitudine e di preghiera.

Le sue giornate trascorrono tra orazioni, digiuno e lavoro manuale, consapevole che l’alternanza di queste azioni è necessaria per condurre una vita equilibrata.

Nei primi anni della sua nuova vita è tormentato da tentazioni fortissime. Ma la sua volontà di essere un uomo di Dio è sostenuta ed incoraggiata dagli altri eremiti, che gli consigliano di staccarsi ancora più radicalmente dal mondo. Ecco allora che si ritira in una grotta, ignaro che il luogo della sua unione con Dio sarà lo scenario delle più violente battaglie con il demonio. Un giorno, infatti, trovato privo di sensi da alcune persone che si recano alla grotta per portargli da mangiare, è condotto nella chiesa del villaggio, dove recupera le forze.

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Egitto, grotta di Sant’Antonio Abate

Si sposta in seguito sulle rive del Mar Rosso, all’interno di una fortezza abbandonata: è il 285 e rimane in questo luogo vent’anni, nutrendosi del solo pane che gli viene portato - due volte l’anno - dai suoi seguaci.

In questo luogo Antonio prosegue il suo percorso spirituale, attirando a sé numerosi discepoli. Il numero di coloro che desiderano seguire il suo esempio è talmente elevato che ben presto si formano delle vere e proprie comunità di eremiti che vivono nelle grotte del deserto, guidati da un “abba”, o padre spirituale. È una delle prime forme di monachesimo, di cui Sant’Antonio è considerato il fondatore.

Mai sentito parlare dei Padri del Deserto? Ebbene, si tratta proprio di questo!

Il successo di Antonio a livello spirituale ha, però, un prezzo. Le vessazioni demoniache continuano senza sosta, fornendo non pochi spunti iconografici agli artisti del futuro.

Ma questo corpo a corpo con le ombre gli permette non soltanto di purificare il proprio spirito ma anche di “acquisire” informazioni sul nemico.

Antonio, infatti, è uno dei più grandi esorcisti e taumaturghi della storia.

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“Sant’Antonio bastonato dai diavoli” - Sassetta, Pinacoteca di Siena

Il “padre dei monaci” è dunque un padre anche per tutti coloro che ricorrono a lui per essere liberati da ogni sorta di tormento del corpo o dell’anima.

Nel XII secolo la Francia diffonderà il culto del potere taumaturgico delle reliquie del Santo, tanto che il suo nome sarà utilizzato per definire una grave forma di herpes: il famoso “fuoco di Sant’Antonio”. Ma Sant’Antonio è spesso invocato anche contro la peste, insieme a San Sebastiano e San Rocco.

Antonio si adopera anche a sostenere la Chiesa nella sua lotta contro l’eresia ariana e, nel 311, durante la persecuzione dell’imperatore Massimino Daia, torna ad Alessandria per confortare i cristiani perseguitati.

Vive i suoi ultimi anni nel deserto e muore, ultracentenario, il 17 gennaio 356.

Dopo che il suo corpo fu sepolto in un luogo segreto dai suoi discepoli, le cronache ci riportano le lunghe peripezie dei suoi resti mortali. Dal deserto della Tebaide, passano ad Alessandria nel VI secolo, per poi approdare a Costantinopoli un secolo più tardi. Nell’XI secolo arrivano in Francia grazie al nobile Jaucelin, che fa costruire una chiesa in onore del Santo: Saint-Antoine-l’Abbaye. È in questo stesso luogo che nasce l’Ordine degli Ospedalieri Antoniani, la cui missione è di accogliere e curare le persone affette dal fuoco di Sant’Antonio.

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Sant’Antonio Abate, esorcista e taumaturgo

Perché Sant’Antonio Abate è rappresentato con un fuoco e con il maiale in braccio o ai suoi piedi?

Ci sono due versioni della storia, la prima legata alla sua qualità di taumaturgo e la seconda a quella di esorcista.

Nel primo caso, si racconta che mentre Sant’Antonio era in viaggio per mare, una scrofa depose ai suoi piedi il suo piccolino malato. Egli lo guarì con il segno della croce e da quel momento, il maialino non volle più lasciarlo, rimanendo sempre con lui.

Nel secondo caso, invece, la leggenda dice che mentre il Santo discese all’inferno per salvare alcune anime, al fine di distrarre gli altri demoni inviò il suo maialino con un campanello al collo a seminare scompiglio. Non soltanto Antonio salvò quelle anime ma riuscì anche a rubare il fuoco infernale per farne dono agli uomini.

Bisogna aggiungere - per onestà intellettuale - che i monaci dell’Ordine fondato da Antonio, curavano l’Herpes Zoster (il “fuoco di Sant’Antonio) con il grasso del maiale unito ad erbe officinali, per lenire i bruciori.

Così Antonio - uno dei quattro Padri della Chiesa d’Oriente - diventa patrono dei maiali e, in seguito, di tutti gli animali domestici.

Simona HeArt

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