SANT’ANTONIO DA PADOVA

Conosciuto in tutto il mondo come Antonio diPadova, il suo vero nome è Fernando Martins de Bulhões.
Nasce a Lisbona (Portogallo) il 15 agosto 1195 ed è contemporaneo di San Francesco d’Assisi.
Come anche quest’ultimo, Fernando vive in un periodo storico di profondi cambiamenti: nascono la società urbana e i Comuni, nonché una nuova classe sociale - la borghesia - di cui fanno parte artigiani, mercanti, notai, medici e banchieri. Questa nuova classe sociale va ad aggiungersi a quella dei nobili, dei cavalieri e del clero.
In questo periodo nascono le grandi Cattedrali, centro della vita religiosa della comunità ma anche le Crociate: la prima nel 1096 e l’ultima nel 1270, otto in totale. Della quinta crociata, si narra anche dell’incontro tra San Francesco d’Assisi e il Sultano Malik al-Kāmil.
Anche la Chiesa è in pieno fermento spirituale: figure cardine di questo periodo sono Papa Innocenzo III e suo nipote papa Gregorio IX. A loro il merito di aver avallato la nascita di nuovi ordini religiosi tra cui i Cistercensi, fondati da San Bernardo, i Francescani e le Clarisse fondati, rispettivamente, da San Francesco e Santa Chiara d’Assisi.
Non si sa molto dell’infanzia di Antonio, se non il suo nome di battesimo, la città di nascita e l’origine aristocratica. Il padre, cavaliere del re, probabilmente indirizza il figlio al mestiere delle armi ma ciò che è certo è che si prende cura della sua istruzione spirituale facendolo studiare presso i canonici della cattedrale di Lisbona.
Nel 1210, appena quindicenne, Fernando sente la chiamata alla vita religiosa ed entra nel monastero di San Vincenzo a Lisbona. Dopo due anni, ostacolato nel suo raccoglimento dalle continue visite di amici e parenti, si fa trasferire nel convento dei Canonici regolari di Sant’Agostino a Coimbra, a 230 Km dalla capitale.
La vita di Fernando in questa abbazia non è per nulla facile in quanto, durante il suo soggiorno, governa la comunità un priore più devoto al Re e al lusso, che al Papa. Ma Fernando non si lascia trascinare in questo vortice e si rifugia nello studio, gettando così le basi della sua proverbiale cultura. Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato sacerdote. Proprio mentre la sua vita sembra ormai tracciata, decide di lasciare l’ordine, non sopportando più i maneggi politici tra i religiosi e il Re Alfonso II. Fernando aspira ad una vita religiosa più autentica.
Incontro tra San Francesco d’Assisi e Fernando
Nello stesso anno, Francesco d’Assisi parte alla volta del Marocco insieme ad altri cinque confratelli, con l’intento di predicare il Vangelo in quella terra. Il gruppo passa anche per Coimbra, lasciando una forte impressione su Fernando. Dell’incontro tra Francesco e il Sultano si hanno notizie dalle Fonti Francescane; quanto ai cinque frati, non volendo sottostare al divieto di predicare il Cristo nelle moschee, sono dapprima malmenati e, infine, decapitati. I loro corpi, dopo un lungo viaggio, vengono traslati nella chiesa agostiniana di santa Cruz a Coimbra, la stessa dove Fernando ha vissuto per otto anni. Tale evento contribuisce a porre il movimento francescano al centro dell’attenzione del popolo, nonché ad ad orientare Fernando nella sua decisione di entrare nell’Ordine Francescano.
Nel 1221, Fernando - divenuto frate Antonio - si reca ad Assisi per il Capitolo Generale dei Frati Minori, presieduto da San Francesco in persona. È la sua occasione per incontrarlo poiché, fino a quel momento, ne ha soltanto sentito parlare. È, quello, un Capitolo molto doloroso per il fondatore dei Francescani in quanto vi si discute la modifica della Regola primitiva. L’Ordine si è molto ingrandito e l’entusiasmo iniziale - con tutti i suoi rigori - si è spento. Francesco teme che l’Ordine si spacchi in due tra lassisti e spiritualisti. Si giunge quindi ad un compromesso che salvaguarda, da un lato, l’autorità del fondatore e, dall’altro, l’integrità dell’Ordine. Nello stesso capitolo si discutono anche le nuove destinazioni dei frati: Antonio viene assegnato all’eremo di Montepaolo, vicino a Forlì. Qui si dedica alla vita ascetica, alla preghiera e ai lavori umili perché nessuno è al corrente dei suoi studi e della sua grande cultura.
Sant’Antonio predica a Forlì
Solo un anno dopo, nel corso dell’ordinazione sacerdotale di alcuni confratelli a Forlì, si scopre il suo talento. Ecco come le cronache raccontano il fatto: «Venuta l’ora della conferenza spirituale il Vescovo ebbe bisogno di un buon predicatore che rivolgesse un discorso di esortazione e di augurio ai nuovi sacerdoti. Tutti i presenti però si schermirono dicendo che non era loro possibile né lecito improvvisare. Il superiore si spazientì e rivoltosi ad Antonio gli impose di mettere da parte ogni timidezza o modestia e di annunciare ai convenuti quanto gli venisse suggerito dallo Spirito. Questi dovette obbedire suo malgrado e la sua lingua, mossa dallo Spirito Santo, prese a ragionare di molti argomenti con ponderatezza, in maniera chiara e concisa». Naturalmente il fatto arriva alle orecchie dei superiori di Assisi che, da quel momento, investono Antonio della missione di predicatore. Inizialmente predica nei villaggi e nelle città della Romagna, allora funestata da continue guerriglie civili. Parla con la gente e insegna la scienza sacra ai confratelli, alternando la catechesi alla lotta contro le eresie. In quel tempo i movimenti ereticali più importanti erano i Catari e i Patarini: entrambi sono caratterizzati da un profondo desiderio di rinnovamento spirituale ma differiscono dalla teologia cattolica per una visione del Cristo più divina che umana. Antonio è decisamente portato alla predicazione ma si rende anche conto che il talento naturale non è sufficiente: per argomentare, è necessaria una solida base dottrinale. Per questo chiede ed ottiene, nel 1223, la fondazione del primo studentato teologico francescano a Bologna, approvato dallo stesso Francesco d’Assisi: «A frate Antonio, mio vescovo, frate Francesco augura salute. Mi piace che tu insegni teologia ai nostri fratelli, a condizione però che, a causa di tale studio, non si spenga in esso lo spirito di santa orazione e devozione, com’è prescritto nella regola.»
Sant’Antonio predica ai pesci
Oltre al territorio della Romagna, gli vengono affidati anche quelli dell’Emilia, della Marca Trevigiana, della Lombardia e della Liguria. Non trova sempre orecchie ben disposte ad ascoltarlo, come a Rimini, città che ospita un’importante comunità catara. Qui si situa uno dei suoi miracoli più famosi: al disprezzo ricevuto per la sua predicazione, Antonio si rivolge ai pesci che si affollarono a riva, come per ascoltarlo.
La sua intensa attività di predicatore antieretico, gli vale l’appellativo di malleus hereticorum, “martello degli eretici".
Tra il 1224 e il 1226 - anno della morte di san Francesco - Antonio espleta la sua missione di predicatore in Francia. Qui ha luogo il miracolo del mulo che, nonostante il digiuno, trascura la biada per inginocchiarsi dinanzi al SS. Sacramento.
Nel 1227 torna di nuovo ad Assisi per il Capitolo Generale, nel quale si deve eleggere il successore di Francesco. Viene eletto frate Giovanni Parenti, colui che ha accolto Antonio nell’Ordine Francescano. Appena eletto, nomina Antonio ministro provinciale per l’Italia settentrionale. Questo nuovo ed importante compito, porta frate Antonio in giro per i conventi d’Italia, scegliendo Padova come sua residenza fissa quando non è in viaggio. Gli anni dal 1227 al 1231 sono i più importanti per la sua eredità spirituale. Scrive i Sermones, un’opera di profonda teologia, che gli varrà il titolo di Dottore della Chiesa.
Proverbiale anche la sua affabilità. Nonostante le alte cariche di cui è investito, sa far convivere il rigore con la dolcezza d’animo. Riporta la Benignitas: «Resse con lode per più anni il servizio dei frati, e sebbene per eloquenza e dottrina si può dire superasse ogni uomo d’Italia, tuttavia nell’ufficio di prelato si mostrava cortese in modo mirabile e governava i suoi frati con clemenza e benignità.»
Basilica di Sant’Antonio a Padova
Frate Antonio predica anche in favore delle vittime dell’usura: «Razza maledetta, sono cresciuti forti e innumerevoli sulla terra, e hanno denti di leone. L’usuraio non rispetta né il Signore, né gli uomini; ha i denti sempre in moto, intento a rapinare, maciullare e inghiottire i beni dei poveri, degli orfani e delle vedove… E guarda che mani osano fare elemosina, mani grondanti del sangue dei poveri. Vi sono usurai che esercitano la loro professione di nascosto; altri apertamente, ma non in grande stile, onde sembrare misericordiosi; altri, infine, perfidi, disperati, lo sono apertissimamente e fanno il loro mestiere alla luce del sole.» (Cit.)
Le sue prediche, tenute davanti a folle cosmopolite, sono spesso udite, da queste ultime, nella propria lingua madre.
Antonio è anche autore di una forma esorcistica breve che porta il suo nome. Papa Sisto V ha fatto incidere questo testo sulla base dell’obelisco che si trova al centro di Piazza San Pietro.
Nel 1231, molto malato e prossimo alla morte, si ritira nel romitorio di Camposampiero dove il conte Tiso gli fa allestire una celletta tra i rami di un grande albero di noce. Qui, una notte, il conte ha la visione di Antonio con in braccio Gesù Bambino. Ancora oggi è così che il Santo viene raffigurato.
Il 13 giugno 1231 ha un mancamento e chiede di essere riportato a Padova dove desidera morire. Mentre i confratelli cantano il suo inno mariano preferito, "O gloriosa Domina”, alle parole Video Dominum meum (vedo il mio Signore), la sua anima vola in cielo. Ha 36 anni.
L’obelisco Vaticano di Papa Sisto V
Tanti e tali sono i miracoli di frate Antonio che Papa Gregorio IX decide di canonizzarlo dopo solo un anno dalla morte, il 30 maggio 1232.
Nel 1946, Papa Pio XII lo proclama Dottore della Chiesa con il titolo di Doctor Evangelicus.
Sant’Antonio da Padova è tra i santi più noti e amati in tutto il mondo. A lui è dedicata la Basilica di Padova, dove riposano le sue spoglie mortali. Qui è conservata anche la reliquia della lingua, trovata incorrotta da San Bonaventura da Bagnoregio trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle spoglie.
Sant’Antonio di Padova è festeggiato dalla Chiesa Cattolica il 13 giugno.
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