SAN BENEDETTO ABATE

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Nato a Norcia, in Umbria, nell’anno 480, San Benedetto è, secondo San Gregorio, “un astro luminoso in un secolo buio” segnato da una grave crisi di valori.

Il padre Eutropio Probo e la madre Abbondanza Claudia de’ Reguardati fanno parte, rispettivamente, della gens Anicia e della gens Claudia, due antiche famiglie Romane molto attive politicamente. Il padre è addirittura Console e Capitano Generale dei Romani nella regione di Norcia. La coppia mette al mondo due figli: Benedetto e Scolastica, anch’essa futura santa.

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San Benedetto da Norcia - Abate

Alla morte della madre, i due bambini sono affidati alle cure della nutrice Cirilla e, quando Benedetto compie dodici anni, vengono mandati a Roma per completare la loro formazione. L’impatto con la città eterna è, per Benedetto, uno choc tremendo. Egli non si capacita dello stile di vita dissoluto dei Romani, così diverso dal suo sentire interiore, e non vuole farne parte. Racconta San Gregorio che egli «ritrasse il piede che aveva appena posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente nell’immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la casa e i beni paterni e volle far parte della vita monastica».

All’età di diciassette anni, insieme alla sua nutrice Cirilla, si ritira nella Valle dell’Aniene per poi proseguire, da solo, verso la Valle di Subiaco. Qui Benedetto incontra Romano, un monaco di un vicino monastero che, rivestitolo dei panni religiosi, lo indirizza alla grotta del Monte Taleo, oggi inclusa all’interno del Monastero del Sacro Speco. Qui Benedetto si ritira a vita eremitica per ben tre anni, fino al giorno di Pasqua dell’anno 500. Infatti, dopo aver raccolto attorno a sé un gran numero di discepoli, decide di passare alla forma cenobitica presso Vicovaro. Ma qui lo aspetta una sgradevole sorpresa: alcuni monaci tentano di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato. Torna, dunque, a Subiaco dove rimane circa trent’anni, predicando la "Parola del Signore" e accogliendo così tanti discepoli da poter fondare tredici monasteri. Ognuno di questi monasteri, composto da dodici monaci con a capo un abate, sul modello della comunità dei Dodici apostoli e di Cristo, ha lui come guida spirituale. Nascono i Benedettini.

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Monastero del Sacro Speco di Subiaco

Tra il 525 e il 529, Benedetto è vittima di un secondo tentativo di assassinio, questa volta con un pane avvelenato. A questo punto, decide di lasciare definitivamente Subiaco insieme ai suoi monaci e si stabilisce a Cassino dove fonda, edificandolo sopra i resti di templi pagani, l’abbazia di Montecassino.

Di tutti i miracoli attribuiti a San Benedetto, il più potente - perché ancora oggi produce i suoi effetti - è sicuramente la stesura della Regola. Redatta a Montecassino intorno al 540, essa prende spunto da alcune regole precedenti tra cui quelle di San Giovanni Cassiano, San Basilio, San Pacomio e San Cesario.

Fin dalle prime parole, lo stile è familiare: «Ascolta, o figlio, gli insegnamenti del maestro, e tendi l’orecchio del tuo cuore; accogli di buon animo i consigli di un padre che ti vuole bene per ritornare con la fatica dell’obbedienza a Colui dal quale ti eri allontanato per l’accidia della disobbedienza».

Il desiderio di Benedetto è di fondare una «scuola del servizio del Signore, in cui speriamo di non ordinare nulla di duro e di rigoroso». Dall’inizio alla fine della sua Regola, egli coniuga la disciplina al rispetto per la personalità e le capacità individuali, con l’obiettivo di facilitare l’ascesa spirituale di ciascun monaco creandogli una cornice portante.

ORA ET LABORA è il motto di San Benedetto e dei suoi seguaci.
«L’ozio – recita la Regola – è nemico dell’anima; è per questo che i fratelli devono, in determinate ore, dedicarsi al lavoro manuale, in altre invece, alla lettura dei libri contenenti la parola di Dio».

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Abbazia benedettina di Montecassino

Non c’è dicotomia tra preghiera e lavoro, anzi, l’una sostiene l’altro e viceversa.

In questa scuola di servizio del Signore hanno un ruolo determinante la lettura meditata della parola di Dio - lectio divina - e la lode liturgica. Ma Benedetto è consapevole del fatto che l’uomo è un essere incarnato e che, di conseguenza, necessita di manifestare concretamente la sua devozione spirituale.

Un’altro punto interessante della Regola di San Benedetto è la cosiddetta stabilitas loci, ovvero l’obbligo di risiedere per tutta la vita nello stesso monastero. Questo obbligo andava a contrastare il vagabondaggio, allora molto diffuso, nonché la “fuga” dall’obbedienza da parte dei monaci meno virtuosi. Tale obbligo è oggi d’uso in tutti i monasteri di clausura, sia maschili che femminili.

Benedetto dimora a Montecassino fino al giorno della sua morte, 21 marzo 547, quaranta giorni dopo sua sorella Scolastica, prima Abbadessa del ramo femminile dell’Ordine Benedettino. Insieme nella vita e insieme nella morte, le loro sacre spoglie trovano comune sepoltura.

Con la sua Regola, il patriarca del monachesimo occidentale dà l’avvio al formarsi della cultura europea.

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La medaglia di San Benedetto

Le origini della medaglia di San Benedetto sono molto antiche ma il disegno definitivo è ideato da Papa Benedetto XIV che ne approva il conio concedendo indulgenze a quanti la portano con devozione. I simboli e le scritte che vi sono incise non hanno nulla di magico ma sono uno “stimolo spirituale” per i credenti. È la consapevolezza umana che crea la connessione necessaria affinché il simbolo attivi il suo “potere”.

San Benedetto è stato canonizzato nel 1220 da Papa Onorio III e proclamato Patrono d’Europa da Papa Paolo VI nel 1964.

La sua memoria liturgica cade l’11 luglio.

Simona HeArt

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