SCIENZA E PROFESSIONI

L’Optometria

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cms_22114/1.jpgIl 1908 è la data storica: presso la Columbia University si tenne il primo corso universitario di Optometria, promosso da due Ottici, Cross e Prentice. Gli studi precedenti a quella data, avevano messo in evidenza che non era sufficiente un buon visus per definire “normale” un soggetto. Coloro a cui era stato detto che non avevano bisogno di nulla, soffrivano nello studio e/o nella resa scolastica, mentre quelli a cui era stato prescritto un occhiale, non ne sentivano il bisogno, avevano addirittura fastidio nell’uso. La ricerca mise in evidenza che molti difetti visivi erano indotti e non congeniti ed era possibile prevenirli.

cms_22114/2.jpgNegli anni venti il Dr. Skeffington, optometrista, ideò con la sua equipe un metodo di indagine, che prese il nome di Analisi Visiva: un insieme di test (21 punti) che permettevano di comprendere l’efficienza del soggetto nel lavoro a breve distanza, spesso causa di quasi tutti i problemi di rendimento e di apprendimento. Proprio la lettura di quei test mette in condizione l’Optometrista Comportamentale, di comprendere quali sono le lacune che lo studente presenta ed aiutarlo con gli esercizi di Visual Training , migliorando la sua resa scolastica, spesso classificata con sigle che bollano il bambino, creandogli complessi che possono essere evitati. Dal 1942 gli studi in questo campo del training visivo, hanno permesso di recuperare l’efficienza scolastica di tanti bambini, che avrebbero avuto difficoltà di resa e di apprendimento e alla fine lasciato la scuola. Quegli studi misero in evidenza come l’aver saltato o fatto male le tappe visive-evolutivo-motorie (es. gattonamento, ecc.) può influire sul riconoscimento dello schema corporeo e , come affermava un luminare dell’Optometria, il Prof. Armand Bastien: ”il bambino che non controlla se, non controlla fuori di se”. L’ipermotricità, legata all’inefficienza scolastica è la condizione che rispecchia quelle lacune nelle tappe evolutivo-motorie. Il bambino spende le energie che ha ma non riesce a canalizzarle nell’apprendimento.

cms_22114/3.jpgAlcuni soggetti possono lamentare fenomeni astenopici, mal di testa, bruciore oculare, lacrimazione, fotofobia e un insieme di disturbi che non vengono presi in considerazione, se il soggetto vede bene da lontano e non presenta difetti visivi. Oppure non ha manifestazioni astenopiche, ma in entrambi i casi presenta una postura scorretta: legge con “il naso sul libro” e la resa scolastica è deficitaria. E’ inutile dirgli di allontanare il capo dal libro, perché la distanza a cui legge non dipende dalla sua volontà ma dal sistema accomodativo gestito dal sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico). In quella condizione c’è un consumo enorme di energia che impedirà al soggetto di poter apprendere. L’Optometria affronta questi problemi e li risolve orami da anni.

Purtroppo l’Optometria in queste sue potenzialità, ormai confermate dalla grande mole dei risultati ottenuti negli anni, con il reinserimento di tanti bambini nell’apprendimento, è sconosciuta in Italia e in quasi tutta l’Europa.

Chi scrive ha scelto la professione di optometrista.

Gli studi sui “difetti visivi” ed in particolare sulla miopia, hanno permesso di affrontare il problema non solo per “assecondare” ma per “contrastare”.

Gli studi effettuati sulla miopia dall’Optometria in 110 anni hanno messo in evidenza che raramente si nasce miopi. Miopi si può diventare ad età diverse secondo se si è più o meno robusti geneticamente e a causa dell’impossibilità dell’apparato accomodativo (il sistema autonomo interno all’occhio che ci permette di mettere a fuoco le immagini a distanze ravvicinate) di sostenere la richiesta di lavoro visivo da vicino.

Se si è dotati di ottime abilità visive (convergenze, divergenze, accomodazione, ecc.) ed uno sviluppo visuo-motorio normale, il soggetto sarà in grado di studiare senza manifestare astenopia (cefalea, dolori oculari, stanchezza, ecc.) e non avrà necessità di mettere in atto cattivi adattamenti (miopia, astigmatismo).

Se non ha buone abilità visive, non è in grado di sostenere l’impegno scolastico e/o lavorativo prossimale. In questo caso le possibilità che ha sono: lasciare l’impegno prossimale o mettere in atto una forma di adattamento per diventare efficiente nel lavoro da vicino. La miopia è l’adattamento.

cms_22114/4.jpgSi diventa miopi funzionali perché, quando il soggetto ha esaurito la riserva accomodativa fisiologica per sostenere il lavoro da vicino, e ha ancora altre ore di studio, l’apparato accomodativo riceve altre energie dal sistema nervoso causando una ulteriore contrazione del muscolo ciliare delegato alla fase accomodativa (condizione che si evidenzia posturalmente con un avvicinarsi molto con il capo e gli occhi all’oggetto di lavoro); tutto ciò crea un consumo di energia elevato che, ripetuto nel tempo –anno scolastico- crea stress (chiarificatori gli studi del Dr. Hans Hugo Selye sullo stress “The stress of life” 1956).

Per risolvere lo stress l’organismo mette in atto una modifica prima funzionale e poi strutturale dell’occhio che prende il nome di miopia, astigmatismo. Diventato miope con una quantità sufficiente a sostenere il lavoro prossimale senza consumo alto di energia accomodativa, il soggetto sarà, in genere, molto efficiente da vicino ma lamenterà cattiva visione da lontano.

L’uso di lenti da miope gli daranno buona visione da lontano, ma usandole da vicino è tornato nella situazione di partenza quando non era miope e rimetterà in moto il processo di adattamento miopico: la miopia crescerà a causa della lente. La lente monofocale da miope usata da vicino è iatrogenica: è lei responsabile della crescita miopica.

cms_22114/5.jpgJ.D. Spooner autore di: “Anatomia Oculare” afferma: “Prima della nascita l’occhio umano cresce 5000 volte, mentre dopo la nascita cresce poco più di due volte. In molti libri di testo l’aumento post natale viene dato come 3,25 volte. Anche se si concede una tolleranza per la porzione asferica anteriore prodotta dalla cornea, la porzione calcolata è solo 2,86 volte (H.E. Wilmer & R.E. Scammon, 1950).

Anche la crescita del cervello ritenuta presso che parallela a quella degli occhi, produce un aumento di 3,86 volte mentre il corpo cresce 18 volte (femmina) e 19 volte (maschio) (E.H. Watson & G.H. Lovery, 1954).

In ogni caso è evidente che la crescita dell’occhio è più strettamente collegata al sistema nervoso che ad altre strutture, aspetto già del resto evidenziato dagli studi embriologici che indicano una forte influenza ectodermale”.

cms_22114/6.jpg Un soggetto normale alla nascita presenta una “ipermetropia di circa +1,60 dr.” (F.J. Slataper, 1950) che si riduce nella crescita dell’occhio per attestarsi intorno allo +0,50 dr. a 12 anni (Hirsh) e rimanere con tale valore fino intorno ai 46 anni, dove si avranno modifiche strutturali che porteranno a modifiche visive.

Questa è la norma. L’emmetropia non è la norma ma l’anticamera della miopia. Il soggetto miope ha consumato questa riserva ipermetropica. Quindi l’occhio miope non può crescere dopo una certa età; quello che avviene è paragonabile a ciò che avviene se un nostro braccio è sottoposto a sostenere un peso eccessivo per lunghi periodi: i muscoli si modificheranno per adattarsi a sopportare l’eccesso di sforzo. Così l’occhio si modifica per sopportare uno sforzo (studio) che in natura non potrebbe reggere. Quindi la miopia cresce quando non si aiuta l’apparato accomodativo e non per crescita del soggetto. Come abbiamo visto i due sistemi non sono legati. Bisogna ricordare che i nostri occhi ereditano una funzione visiva soprattutto per la caccia e pesca, dovuta a 12 milioni di anni di evoluzione. Popolazioni nomadi analfabete, che ancora vivono di caccia e pesca, non presentano miopie. I loro nipoti se scolarizzati presentano il 72% di miopie (Youn & Balduin – Barrow study, Alasca).

Gli studi fatti in Optometria Comportamentale e ora in Optometria Unicista hanno dimostrato che agendo sulla causa (sostenendo l’apparato accomodativo nella lettura) la miopia si può arrestare e nei soggetti più fragili rallentarne la crescita. L’Analisi Visiva mette in condizione l’Optometrista Comportamentale di prevenire la miopia perché l’alterazione della funzione visiva precede la variazione di struttura (occhio).

Lo studio Bastien-De Saint Andrè (1974): 84% dei casi la miopia è controllata e di questi un 20% ha una regressione e in alcuni casi anche notevole.

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Lo studio più recente (M. Biondi & V. Mirante, 2015, testo pubblicato per conto dell’Istituto Internazionale Ricerche Optometriche) effettuato in due località diverse, Macerata e Formia su un campione di 215 soggetti ha ottenuto 94% e 88% rispettivamente di stabilità miopica negli anni, con 57% e 34% rispettivamente di riduzione, in molti casi non solo numerica ma effettiva tanto da permettere una riduzione dei valori miopici in uso. In questo studio sono state utilizzate lenti con misure diversificate per il lontano e per il vicino per sostenere, aiutare l’apparato accomodativo. Lo studio ha dimostrato che la miopia è stata arrestata in soggetti in crescita fisica.

Non è noto, se non a professionisti particolari, come ortodonzisti, gnatologi, osteopati, posturologi, fisioterapisti, che alcune tensioni sullo scheletro o sul cranio, possono dipendere da tensioni che si verificano nell’apparato visivo; tensioni che l’Optometria può contribuire a risolvere.

L’Optometria usa solo lenti e esercizi per risolvere i problemi optometrici. Le patologie sono di competenza dell’Oftalmologo.

Vincenzo Mirante

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