SE SOLO SOMIGLIASSI

L’eredità genetica

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(Per gentile concessione dell’Artista Maria Casalanguida - “Genesi formale di un fiore in boccio”, acrilico su tela)

In quale misura ci sentiamo testamento dei nostri genitori e chi prima di loro ha tramandato una serie di caratteristiche? Chi siamo veramente? Ci immedesimiamo davvero in noi stessi? Riusciamo pienamente a percepire l’eredità lasciata dai nostri avi? In quale misura? e questo quanto ci influenza? O al contrario ci crediamo rami spezzati di un albero genealogico?

Molti di noi, troppo spesso, credono di non riscontrare attinenze, si sentono lontani dalle proprie origini e così capita di non avvertire l’appartenenza. Quelle caratteristiche quasi uniche per dire: “sì, io discendo da, sono figlio di”. Anzi, sono gli altri, i loro occhi, la loro attenzione a mettere il punto sulle somiglianze. Quante volte ci siamo sentiti dire: “ ma dai sei uguale a lei, parli come lui, hai suoi capelli, il suo naso”, poi ci guardiamo allo specchio e niente ritorna.

La non somiglianza è più uno stato d’animo, il non volersi rivedere in altri, nell’allontanarci consapevolmente da ciò che sentiamo di non appartenere. Perché se è vero che geneticamente non possiamo contrapporci, c’è da dire che noi siamo il risultato di una serie di fattori e le combinazioni potevano essere molteplici; così ci ritroviamo con le orecchie di una zia, il caratteraccio del bisnonno, l’arte creativa della mamma. Siamo un prodotto unico, di qualcuno di unico e così via. Non sappiamo vedere cosa ci accomuna solo perché non ci conosciamo abbastanza e i tempi diversi, hanno generato fattori più o meno imparagonabili. Alcune caratteristiche rimangono lì, che noi siamo in grado di vederle o meno, che gli altri siano in grado di riconoscere. Le somiglianze ci raggiungeranno tutte in una volta quando persi in un profumo, in un ricordo, in una presente assenza, ci muoveremo nello stesso modo, faremo quella identica espressione, gli occhi rideranno o piangeranno come chi ci ha preceduto. E allora tutto ciò che pensiamo di non essere ritornerà chiarissima sorgente.

Nella muta sentenza dei numeri

se solo somigliassi a mia madre
avrei parole a spartitraffico per chiunque
avrei imparato ad urlare meglio
quando i pensieri resi carne e rabbia
avrebbero sciolto questa bocca inutile

se solo fossi stata vortice in una bibbia
avrei potuto capire le rose di santa Rita
ma nella muta sentenza dei numeri
un padre è solo un padre, mia madre
equipaggio e corona

(testo tratto da “Ultimatum dall’inverno”, edito Esemble)

Francesca Coppola

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