SHESHEKALA RAJU

Storie di donne

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Sheshekala Raju non sa quanti anni ha. Non ne ha idea. Sa solo che saranno circa venti anni che si distrugge di fatica, per tagliare le canne da zucchero, dalle 6 del mattino alle 8 di sera. Fino a 8 tonnellate al giorno, con il freddo o sotto il sole cocente. Vive in una capanna, dorme per terra, si sveglia alle tre per preparare il cibo e poi inizia un lavoro sfiancante e massacranti.

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Non esiste riposo, non esistono ferie. Se sta male e non lavora viene multata. E questo vale per tutte le tagliatrici di canna da zucchero in India, in particolare nello stato del Maharashtra.

Se hanno mal di pancia devono lavorare lo stesso.

Se hanno i dolori mestruali non hanno il diritto di lamentarsi. Perché una soluzione apparentemente facile, semplice e indolore viene proposta a tutte: togliere l’utero.

Che problema c’è? È un modo per non soffrire più una volta al mese. Perché la sofferenza fa rallentare il ritmo di lavoro, e se non si lavora bene non si viene pagate.

Invece basta rimuovere l’utero per poter lavorare in pace. Medici corrotti incoraggiano questa pratica, sostenendo che serve per evitare complicazioni, ma in realtà hanno semplicemente interesse a operare. Queste donne non capiscono realmente di cosa si tratta, ma la possibilità di non soffrire più le porta ad accettare la rimozione di un organo. Ignorando che non è l’utero la causa dei loro dolori, ma la fatica enorme cui sottopongono il loro corpo.

Negli ultimi dieci anni sono più di quattordicimila le donne che hanno preso questa decisione assurda non giustificata da alcuna ragione medica.

Donne che non sono in grado di comprendere la violenza che subiscono. Che rischiano la vita per continuare a lavorare come animali in turni massacranti.

Maschi che decidono del corpo e della salute di donne indifese solo per trasformarle in macchine da lavoro sempre più efficaci.

Donne che nonostante tutto lo rifarebbero, perché l’unica cosa che rimpiangono è di essere nate donne.

Questa storia è tanto vera quanto sconcertante, e se fino a poco tempo fa non se ne sapeva nulla, un documentario prodotto da Arte ha finalmente squarciato il velo che nascondeva tanto orrore e sofferenza dando voce non solo alla disperazione di queste donne, ma anche a un’unica possibilità di speranza: Manisha Tokle un’attivista che gira per tutto lo stato del Maharashtra per diffondere consapevolezza sul tema, per invitare le donne a pensarci bene prima di procedere alla rimozione di un organo.

Una battaglia di civiltà di cui si parla troppo poco.

Perché la libertà delle donne passa anche per non doversi mai pentire di essere nata donna.

La Farfalla della gentilezza(Valentina M. Donini)

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