SHOAH: LA MEMORIA “VACCINO CONTRO L’INDIFFERENZA”

Nominata senatore a vita Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto

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“E’ stato un fulmine a ciel sereno. Io mi sento una donna qualunque, una nonna. Non ho mai pensato a tutto questo”: con queste parole Liliana Segre ha accolto l’inaspettata nomina a senatore a vita giunta venerdì mattina dal Quirinale. Per la prima volta dall’inizio del mandato, l’attuale Presidente della Repubblica ha deciso di sfruttare il diritto conferitogli dall’articolo 59 della Costituzione, che recita: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”. Una scelta dettata, come ha confermato lo stesso Mattarella, dall’ “aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo sociale”.

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Liliana è tuttora l’emblema vivente di una memoria storica che non intende spegnersi, nella viva speranza di un futuro lontano dalle nebbie del passato. La sua giovane esistenza dovette scontrarsi con le leggi razziali del ’38, che le preclusero la possibilità di continuare gli studi quando lei aveva appena 8 anni. La sua unica colpa consisteva nell’essere ebrea, un peccato da espiare attraverso una forzata rinuncia alla normalità. Dopo un vano tentativo di fuga in Svizzera, finì nella rete dei gendarmi fascisti del Canton Ticino, trascorrendo un periodo di detenzione di circa 46 giorni, prima nel carcere Selvetta di Viggiù (Varese) e poi al San Vittore (Como). Ma il vero incubo cominciò il 30 gennaio 1944, quando fu deportata ad Auschwitz insieme al padre, morto il 27 aprile dello stesso anno all’interno del campo di concentramento.

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Un inferno durato più di un anno, fatto di lavori forzati e angherie di ogni genere da parte degli ufficiali nazisti. Insieme a lei, solo altri 24 bambini dei 776 catturati poterono varcare i cancelli del campo di lavoro di Malchow - dove era stata trasferita - il giorno della liberazione, avvenuta il 1° maggio del 1945. Seguirono 45 anni di silenzio, in cui il ricordo dell’orrore bruciava come sale sulle ferite ancora aperte di una famiglia distrutta.

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Il 1990 fu l’anno della svolta: con coraggio e tenacia, Liliana decise di urlare a gran voce la propria testimonianza, trasferendo ai più giovani il racconto di una delle pagine più buie nella storia dell’umanità. Partecipò ad alcuni incontri con gli studenti delle scuole di Milano, a cui sono seguite conferenze, manifestazioni e iniziative che portano il suo nome, e che tutt’oggi trovano prosecuzione. La Segre è infatti Presidente del Comitato per le “Pietre d’inciampo” di Milano, valido supporto per tutti i sopravvissuti che continuano a far conoscere le loro storie. Molti i riconoscimenti che hanno premiato il suo impegno in questi anni: dalla nomina a Commendatore Ordine al Merito della Repubblica Italiana, conferitale da Carlo Azeglio Ciampi nel 2004, alle due lauree ad honorem (in Giurisprudenza e Scienze Pedagogiche) delle Università di Trieste e Verona, passando per una Medaglia d’oro con cui la Provincia di Milano l’ha premiata nel 2005. Onorificenze che non hanno mai mutato la sua natura di donna semplice e forte, orgogliosa di essere mamma e nonna piuttosto che un volto noto alle cronache dello star system o della politica.

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Liliana siederà dunque accanto ai senatori Mario Monti, Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Giorgio Napolitano, con l’intento di diffondere la Memoria di un passato oscuro, “un vaccino prezioso contro l’indifferenza che ci aiuta, in un mondo così pieno di ingiustizie e di sofferenze, a ricordare che ciascuno di noi ha una coscienza”. Lo farà con lo stesso spirito che la caratterizza da anni, veicolando un racconto autentico, privo di inutili ipocrisie e buonismi: “Continuerò finché avrò forza a raccontare ai giovani l’orrore della Shoah, la follia del razzismo, la barbarie della discriminazione e della predicazione dell’odio. - ha ribadito nelle ultime ore - L’ho sempre fatto, non dimenticando e non perdonando, ma senza odio e spirito di vendetta. Sono una donna di pace e una donna libera: la prima libertà è quella dall’odio”.

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Quella matricola indelebile che Liliana porta sul braccio è il simbolo di un dolore che non va dimenticato, del ricordo che deve farsi oggi azione concreta contro ogni forma di discriminazione in onore di coloro che “sono stati uccisi per la sola colpa di essere nati, che non hanno tomba, che sono finiti nel vento”. Ricordare diviene dunque, al tempo stesso, un legittimo diritto e un imprescindibile dovere perché, come recita un’incisione nel campo di concentramento di Dachau (Baviera), “quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.

Federica Marocchino

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