SI TORNA A INVESTIRE IN CULTURA

Dopo anni di tagli, c’è la legge sullo spettacolo dal vivo che aumenta le risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo

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La cultura è sviluppo, la cultura è ricchezza, la cultura è progresso e una società che investe in cultura è una società più giusta, più aperta, più inclusiva e più dinamica. E’ per questo che anche il Parlamento si occupa di cultura. E’ per questo che la Camera ha approvato definitivamente il Codice dello Spettacolo. E’ di fatto la prima legge, dal dopoguerra a oggi, che regolamenta un settore variegato e complesso come quello della musica, del teatro, della danza, del circo. La legge approvata dal Parlamento - derivante dallo stralcio dell’articolo 34 del testo originario "Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali" - costituisce una risposta ad un settore che attende una riforma organica da più di trent’anni. Se, infatti, per troppo tempo il settore dello spettacolo e della cultura sono stati oggetto di tagli, trattati come uno spreco, con il provvedimento sul Codice dello Spettacolo si segna finalmente un punto di svolta: la cultura diventa finalmente elemento fondamentale su cui investire.

cms_7695/2.jpgIl Codice aumenta le risorse del Fondo Unico per lo Spettacolo con fondi pari a +9.5 milioni di euro per il 2018 e altrettanti per il 2019. L’aumento diventerà +22.5 milioni di euro a decorrere dal 2020. Grazie al provvedimento anche le orchestre, i teatri nazionali, i teatri di rilevante interesse culturale, i festival, i centri di produzione teatrale e di danza, i circuiti di distribuzione potranno avvalersi del credito d’imposta del 65% per favorire le erogazioni liberali finora riservato esclusivamente alle fondazioni lirico-sinfoniche e ai teatri di tradizione. Inoltre, la legge autorizza la spesa di 4 milioni di euro per attività culturali nei territori colpiti dal sisma del centro Italia. Il Codice prevede anche deleghe al governo per la promozione della diffusione delle produzioni italiane e dei giovani. Previsto anche il sostegno statale alla musica popolare contemporanea, ai carnevali storici e alle rievocazioni storiche e verrà riconosciuto il valore di diverse forme di spettacolo, tra cui le pratiche artistiche amatoriali, le espressioni artistiche della canzone popolare d’autore, il teatro di figura, gli artisti di strada.

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Qualcuno potrebbe chiedersi perché la Repubblica dovrebbe riconoscere chi lavora in questo settore. Perché la democrazia nasce con il teatro; la democrazia nasce con la cultura diffusa; la democrazia nasce se ci sono i luoghi dello stare insieme.Per questo il Parlamento italiano ha deciso di riconoscere allo spettacolo e alle persone che svolgono questo lavoro il fatto di essere, al tempo stesso, persone che, lavorando, provano ad ottenere il loro reddito e anche un guadagno. Certo, per tanto tempo questo argomento è stato un tabù. Come se operare nella cultura dovesse essere necessariamente separato dalla dimensione economica, come se le due cose non dovessero mai incrociarsi, come se la cultura fosse un che di angelico che, quando incontra il denaro, perde la sua dimensione spirituale e importante. E invece non è così, anzi. La dimensione economica - il mercato dello spettacolo, la possibilità di far tornare i conti, di guadagnarci, di vivere dignitosamente - è una dimensione rilevante e oggi è una strategia di politica economica e di politica di sviluppo di questo Paese. Con questa legge, lo Stato finalmente decide di sostenere un pezzo dell’economia del Paese e un pezzo delle attività industriali e produttive di questo Paese che sono collegate nell’industria dello spettacolo. Con questa legge, lo Stato decide di investire in cultura.

Mary Divella

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