SMARTPHONE E SOCIAL
Compagni di vita degli italiani

Compagno di vita, amico inseparabile, ora anche amante ideale. Non si può rinunciare ad esso, un oggetto che ci accompagna durante tutta la giornata tanto che quasi 1 italiano su 2, cioè circa 19,5 milioni di persone, ha dichiarato di utilizzare il cellulare anche a letto. L’indagine commissionata dal sito Facile.it agli istituti di ricerca mUp Research e Norstat e realizzata su un campione rappresentativo della popolazione nazionale in età compresa fra 18 e 74 anni, certifica una realtà ben nota a tutti, ovvero l’onnipresenza dello smartphone in ogni ambito quotidiano e inoltre accerta come questo dispositivo sia parte del nostro corpo, seppur protesi esterna. I dati della ricerca stabiliscono che sono quasi 11 milioni (il 25,2%), coloro che hanno ammesso infatti di portarselo sempre dietro. Se la location nella quale usiamo maggiormente il cellulare è, dato quasi scontato, il salotto, fa riflettere che invece siano oltre 19 milioni gli italiani che utilizzano lo smartphone/Iphone mentre sono a letto: l’atto di accendere il cellulare è la prima cosa che moltissime persone fanno prima di addormentarsi e al risveglio (in questo intervallo intanto il cellulare spesso rimane acceso).
L’onnipresenza del dispositivo più amato dagli italiani non risparmia nemmeno i luoghi deputati alla privacy più assoluta, ovvero il bagno; sono infatti 11 milioni gli italiani che non si staccano dallo smartphone nemmeno quando stanno espletando le loro funzioni fisiologiche o semplici abluzioni. Vi sono poi luoghi nei quali il cellulare, nonostante la pericolosità o l’inappropriatezza della situazione, viene regolarmente usato, come per esempio mentre si è al lavoro (il 20% del campione ovvero 8,7 milioni di persone) o mentre si è alla guida. Infine si arriva persino alla maleducazione più sfacciata, maneggiandolo mentre si è a tavola con qualcun altro (quasi 2 milioni, il 4,6%, una percentuale che raddoppia nella fascia di età tra i 35 e i 44 anni). Se, come si può evincere dai dati snocciolati dalla ricerca, il cellulare invade spazi e luoghi della nostra vita senza chiedere il permesso, gli italiani si dimostrano di conseguenza molto protettivi nei suoi confronti, confessando la fobia di poterlo smarrire, e dunque perdere i contenuti al suo interno; si parla di foto, video, chat di cui quasi nessuno effettua un backup su un cloud o, meglio, scarica esternamente. Nei nostri dispositivi c’è la nostra vita, i dati più scottanti, le immagini più intime e riservate che potrebbero cadere in mani inappropriate, per esempio, ed è un’altra paura, in quelle di un partner geloso (lo confessano coloro che hanno un’età compresa tra i 45 e i 54 anni) o di genitori troppo apprensivi (i giovani tra i 18 e i 24 anni). La trasformazione delle nostre vite negli ultimi anni è stata velocissima e ha interessato ogni fascia di età. Alla base di questo cambiamento vi è non solo l’apparizione di una tecnologia che ha sconvolto la vita relazionale e sociale di miliardi di individui, ma vi è anche un cambiamento di prospettiva, di visione delle cose.
Non vi è campo della vita e del lavoro in cui la nostra attenzione, così tanto ricercata e ambita dai progettisti e dai think tank della Silicon Valley, non sia così tanto incentrata solo ed esclusivamente su un solo oggetto. L’intera comunità mondiale è dentro una spirale di sollecitazioni percettive e sensoriali senza un punto centrale che sfogano inevitabilmente in superficialità se non assenza argomentativa, deficit di attenzione e varie patologie legate alla disfunzionalità. Attratti da uno tsunami di immagini, la nostra mente si perde e non riesce a dare un’organizzazione coerente e razionale alle varie (troppe) sollecitazioni esterne. Guardiamo la realtà attraverso schermi ridotti che ci fanno perdere la capacità di provare ad allargare i nostri orizzonti cognitivi, così come succede per esempio ogniqualvolta assistiamo a un evento pubblico, presi dall’uso maniacale dello smartphone cadiamo nella tentazione di filmare ciò che accade attorno a noi non solo per testimoniare l’evento stesso ai nostri occhi e a quello degli altri, ma come prova della propria esistenza (video ergo sum). Paradossalmente lo smartphone invece di aumentare il nostro potere di comprensione della realtà, ne ha ridotto lo sguardo su di essa, costringendoci a ricorrere a schemi interpretativi sempre più ridotti e sempre più filtrati da terze persone per noi.
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