SPIRITUALITÀ DAL BASSO - I^PARTE

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I padri del deserto - monaci del primo cristianesimo - furono gli psicologi del loro tempo.

Gli Apoftegmi, ovvero le massime che contengono verità profonde e stringenti al contempo, recano insegnamenti tutt’ora attuali che sarebbe utile riprendere per affrontare la nostra vita quotidiana e i fatti di attualità.

Tutto comincia da sé stessi.

Non esiste cambiamento che parta dall’esterno: è una chimera, un’illusione che sarebbe ora di scrollarci di dosso. È dal singolo che tutto inizia, perché il mondo che vediamo non è altro se non la rappresentazione in 3D del nostro modo interiore. Non il contrario.

cms_25064/FOTO_1.jpgEvagrio Pontico, uno dei più conosciuti e importanti padri della vita monastica, scrisse: “Se vuoi conoscere Dio, inizia a conoscere te stesso”. Poiché in Dio sono tutte le cose, potremmo tradurre questa frase in: “Se vuoi conoscere l’Universo, conosci te stesso”.

Ecco un buon punto di partenza per riflettere sulla nostra vita e sull’andamento della società umana.

Nei suoi scritti Evagrio Pontico tratta, tra l’altro, dei vizi capitali, che chiama “pensieri”. Fu lui a farne una prima classificazione, aggiungendo ai sette che tutti conosciamo, un ottavo: la tristezza. Essendo lui stesso continuamente tormentato da tali pensieri, ce ne spiega la natura e il modo di combatterli.

Di certo la preghiera, la meditazione, il perseguimento di alti ideali sono cose importanti, tuttavia egli ci consiglia - e non a torto - di cominciare da noi stessi e dalle nostre passioni.

Questo perché passare dall’ideale all’idealismo è un attimo: identificarci con un progetto che non tiene conto delle nostre lacune e debolezze può portarci, nel peggiore dei casi, a dissociarci da noi stessi.

La dissociazione, in ambito spirituale, è il peggior male che esista. Essa porta a non riconoscere la nostra specifica realtà e a rigettare tutto ciò che, in noi, non corrisponde all’ideale che ci siamo prefissati.

E la dissociazione ci fa ammalare. Ecco perché molti fra coloro che si dichiarano spirituali, ci appaiono come persone rigide, tristi, incapaci di lasciarsi andare e di accettare l’altrui comportamento.

Quello che ci insegnano i padri del deserto è, invece, una spiritualità dal basso che accolga tutto ciò che siamo e sentiamo per trasformarlo in “carburante divino” che ci conduce a Dio.

cms_25064/FOTO_2.jpgÈ stata tramandata questa sentenza di Sant’Antonio Abate: “Se vedete un giovane che cerca di arrivare al cielo con le proprie forze , bloccatelo, tiratelo in basso, perché questo darsi da fare non gli giova a nulla”.

Che cosa significa? Che per quanto ci si sforzidi raggiungere il proprio scopo, non vi è in realtà altra via se non la conoscenza di sé stessi.

Vi è mai capitato di sentirvi impotenti, stanchi, frustrati malgrado abbiate messo in opera tutte le vostre energie per conseguire un obiettivo? Ecco, ciò non dipende dal fatto che il progetto sia più o meno elevato, né dipende dal vostro impegno.

Il problema è che spesso - più o meno consapevolmente - si vuole arrivare in cielo volando e non utilizzando la scala.

Contrariamente a quanto si pensa, non vi è nulla di più concreto della vita spirituale, in quanto essa tocca tutte le corde - interne ed esterne - dell’essere umano. Per questo motivo tutto ciò ciò che viviamo, sperimentiamo e sentiamo, sia con i nostri sensi interni che con quelli esterni, DEVE essere preso in considerazione.

La tentazione, invece, è proprio quella di farne astrazione, di negarlo in quanto ritenuto inidoneo se non addirittura un ostacolo al progresso spirituale.

Niente di più falso! Questo, purtroppo, è il frutto del retaggio della teologia moraleggiante che ha creato più depressi che santi.

Se consideriamo impossibile calcolare equazioni complesse senza aver prima imparato a contare, come possiamo solo immaginare di elevarci fino al cielo senza scalare, piolo dopo piolo, la scala della nostra terrena umanità?

cms_25064/FOTO_3.jpgLa via che conduce a Dio, alla conoscenza dei segreti dell’Universo e di tutto il Creato, passa sempre - e direi, inesorabilmente - da NOI STESSI. Diversamente, incorreremmo nell’illusione e condurremmo un’esistenza basata sulla menzogna, nonostante le nostre buone intenzioni.

Quando si parte per un viaggio, si mettono in valigia tutte quelle cose che ci serviranno durante il tragitto e il soggiorno e, se manca qualcosa, si provvede per tempo. Ora, questo implica una presa di coscienza di ciò che si ha e di ciò che manca, sulla base del progetto che si vuole realizzare. La stessa cosa vale in ambito spirituale. Non possiamo pretendere di scalare una montagna senza equipaggiamento e risorse, perché rischieremmo di fermarci a metà strada, se non addirittura di abbandonare il progetto.

Il confronto con la realtà è fondamentale perché ci permette di avere una visione chiara delle nostre possibilità e delle nostre forze attuali, finalizzate a un determinato progetto. Senza questo “preventivo”, rischieremmo di addentrarci in un’avventura che, in realtà, è solo una proiezione del nostro ego, più che un’aspirazione della nostra anima.

Come riconoscere questa trappola? È semplice: quando avvertiamo in noi stessi il conflitto tra ideale e realtà, significa che stiamo mirando più in alto di quanto dovremmo.

Arriveremo, certamente, alle alte vette, ma non senza aver fatto i conti con la nostra umanità, i nostri pensieri, le nostre passioni e le nostre zone d’ombra.

Tutto ciò non è “materia oscura” ma una leva potente che può sollevare il mondo.

Basta saperla usare.

(continua)

Simona HeArt

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