STATO DI EMERGENZA IN KIRGHIZISTAN
Clima teso e manifestazioni violente nella capitale Bishkek
Il Kirghizistan è una repubblica parlamentare situata nell’Asia centrale, abitata da circa 5 milioni di abitanti. È situata perlopiù al di sopra dei 3000 metri e due terzi del suo territorio sono ricoperti dai ghiacci. La regione è attualmente al centro di un acceso dibattito a causa dello stato di emergenza apertamente dichiarato dal presidente Soronbay Jeenbekov in seguito a violente proteste dovute al risultato delle elezioni parlamentari. Si parla, infatti, di brogli elettorali frutto di una diffusa corruzione che caratterizza il paese. Quest’ultimo non è certamente nuovo a questo tipo di problemi, già verificatisi in passato con diverse figure politiche; si prospetta quindi l’ennesima questione irrisolta per una regione che non riesce a trovar pace.
Oltre alla corruzione, a gravare sul Kirghizistan è anche la presenza costante della Russia, la quale, nonostante l’indipendenza concessa al paese nel 1991, si trova coinvolta in qualsiasi affare che lo riguardi. Una situazione che potrebbe anche non costituire un problema, se non fosse per la convivenza forzata tra etnie e religioni diverse, che nutrono convinzioni politiche diametralmente opposte. Non a caso la corruzione avanza a passo lungo e incurante delle difficoltà di un paese che non conosce ancora una indipendenza effettiva, almeno nei fatti. Abituato alla sottomissione dei turchi, degli arabi, dei mongoli e, infine, della Russia, si ribella ad un equilibrio mai trovato.
Dispiegato l’esercito a Bishkek e dichiarato lo stato di emergenza fino al 21 ottobre, il clima è teso. A nulla serve l’annullamento delle elezioni: il parlamento non trova intesa e le condizioni sembrano critiche. Mosca intanto si muove con delicatezza per evitare ulteriori danni, ma certamente ha l’ultima parola per stabilizzare la situazione. Certo è che le preoccupazioni aumentano e i giorni passano, mentre le ostilità non accennano a cessare.
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