SUDAN
Si rinnovano colloqui di Roma per la pace

Sembra che stia giungendo al termine il lungo cammino verso la pace nel Sud Sudan, un paese spaccato in due dagli scontri armati tra il governo di Juba e l’Alleanza di opposizione. L’ultima tappa dei trattati di pace si è conclusa a Roma, con la mediazione della Comunità di Sant’Egidio.
Il lungo conflitto in Sud Sudan ha inizio nel 2011, quando dopo un referendum il paese ottiene l’indipendenza dal Nord, trovando un valido appoggio nelle Nazioni Unite. Si tratta di un territorio popolato al suo interno da moltissime etnie, con altrettanti usi, costumi e religioni diverse.
Dopo due anni, nel 2013, scoppia un conflitto per la guida del Sud Sudan, tra i militari delle etnie dei dinka, guidati da Salva Kiir Mayardit, e dei nuer, capeggiati da Riek Machar.
Dopo anni di conflitto e guerriglie, nel 2018 i due leader firmano un accordo di non belligeranza, per co-governare il paese. A distanza di appena qualche settimana, però, Machar stringe un patto con alcuni ribelli e non rispetta gli accordi presi con Kiir. Nello stesso anno, sotto la spinta di altri paesi vicini - tra cui Etiopia, Uganda e Kenya - viene siglato l’Accordo di pace di Addis Abeba tra i due leader rivali. Ma anche quest’ultimo non viene rispettato e gli scontri armati riprendono a macchiare il Sud Sudan.
Insomma, il più giovane paese africano, per un motivo o per un altro, non riesce a trovare pace, dato che Kiir e Machar, sempre sul punto di trovare un accordo, rifiutano costantemente di operare per il bene del paese, con l’unico obiettivo di accaparrarsi quanto più potere possibile godendo dell’appoggio di gruppi dissidenti.
Agli inizi di questo 2020, nella sede della Comunità di Sant’Egidio, i due leader, insieme ad altri gruppi politici, siglano insieme la Dichiarazione di Roma, un patto di non belligeranza, che pone fine al lungo conflitto che ha macchiato il Sud Sudan. Nel febbraio successivo, sempre a Roma, cominciano i negoziati, a cui partecipano tutte le forze politiche del paese africano, sotto la speciale sorveglianza di Nazioni Unite e Unione Europea. Nasce così il SSOMA, volta a raggruppare tutti i partiti di opposizione che non avevano preso parte alle negoziazioni passate. L’accordo viene siglato definitivamente il 21 febbraio 2020 a Juba, e fissa tre punti cardine: “L’impegno alla cessazione delle ostilità; l’impegno a discutere e a valutare - insieme a Sant’Egidio - meccanismi per risolvere le divergenze; la garanzia per le organizzazioni umanitarie di poter operare nel Paese a sostegno della popolazione civile”.
Tra la primavera e l’estate, in piena pandemia Covid, più volte i firmatari del patto violano questi punti. Intanto, le alluvioni del Nilo peggiorano la già critica situazione socio-sanitaria, mettendo a repentaglio la vita di moltissime persone. Per questo, ai primi di ottobre, tutte le forze politiche del Sud Sudan sono richiamate a Roma per un nuovo accordo di pace, con altri incontri in programma a novembre, per monitorare di volta in volta la situazione del paese africano.
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