SULLE TRACCE DEL GRAAL (Quarta parte)

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Percorrendo l’Italia alla ricerca del Santo Graal, si possono ammirare opere sconosciute, reperti misteriosi, riferimenti ad altre leggende, intrecci storici che coinvolgono personaggi il cui nome è scritto nel mito. A Bari ad esempio, recandosi presso la Basilica di San Nicola, si potranno scoprire interessanti segni che parlano di un lontano passato.

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Questo edificio fu edificato dopo il 1086, anno in cui venne trafugata la salma di Nicola, il Vescovo cristiano di Myra, dalla città turca in cui era sepolta, per essere portata a Bari, consentendo l’adorazione dei fedeli cristiani. Secondo le cronache dell’epoca furono dei mercanti a rubare il corpo, ma, altri storici sostengono che in realtà i mercanti non fossero tali, bensì cavalieri, incaricati da Papa Gregorio VII del ritrovamento del Santo Graal, che si diceva fosse accanto a Nicola. E già dall’apertura della tomba, effettivamente, qualcosa di miracoloso avvenne, poiché la salma era sospesa in un liquido trasparente, che venne identificato come manna. E lo stesso liquido si forma ancora oggi, visibile ogni 9 maggio, quando viene aperto un foro nel sarcofago, da cui sgorga. Come era ovvio attendersi, la spiegazione liturgica parla di liquido che sgorga dalle ossa del santo, mentre per la scienza, che ha analizzato la manna certificando si tratta di acqua, è un fenomeno di vaporizzazione. Eppure, per chi cerca il Graal, questo miracolo sarebbe spiegato dalla vicinanza del corpo con il Graal, secondo alcuni una coppa dell’abbondanza, e ciò giustificherebbe anche l’associazione di San Nicola con Santa Klaus, il nostro Babbo Natale, in quanto i doni che portava il santo sarebbero stati elargiti dal Graal.

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E poi, per una curiosa coincidenza, nella Basilica si trova anche un’altra reliquia connessa alla crocifissione di Gesù, e si tratta della riproduzione della Lancia di Longino, il legionario che trafisse il corpo di Cristo con una lancia sulla cui lama, ed in terra, caddero alcune gocce di sangue. Coincidenza appunto, come il fatto che sull’archivolto della “Porta dei Leoni”, uno degli accessi alla Basilica, sia rappresentato Re Artù assieme ai suoi cavalieri, coloro che cercarono il Graal. Se si considera che queste immagini risalgono al 1100, quindi prima della diffusione delle leggende legate al ciclo di Artù, allora le coincidenze diventano davvero molte. Ed un altro mistero, all’interno di questa Basilica, sempre riconducibile al Graal, è costituito dal “Crittogramma di San Nicola”, una serie di 622 lettere apparentemente senza nessuna connessione logica tra loro, incise su una lastra d’argento sopra l’altare maggiore.

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Ebbene, uno studioso, tra i tanti che si sono cimentati nella decodifica del crittogramma, per cui venne istituito anche un premio da un istituto bancario, premio peraltro mai riscosso, ha proposto la seguente soluzione: “Arca tecta tecta a cripta in mira et, gradale a sacel(lo) in (ihs) galva(ni) sepulcr(o)”, ossia “la cassa ed il vaso provenienti dalla cripta di Mira ed il Gradale proveniente dall’Eremo di Galvano (Galgano) sono qui nascosti”. Galvano, Gawain o forse Galgano, e potrebbe essere il Cavaliere sepolto vicino Siena, dove esiste la famosa Spada nella Roccia. Per il momento invece a Bari, nessuno ha trovato il Graal, e nemmeno una cripta segreta di cui si sussurra l’esistenza, citata anche in una iscrizione sopra un portale dell’edificio, ma la ricerca è tutt’ora in corso. Seguendo le tracce rimaste.

Paolo Varese

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