Save the children denuncia l’infanzia negata

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In occasione della Giornata internazionale dei bambini, Save the children pubblica il suo secondo “Indice annuale della fine dell’infanzia”, che offre una vasta visuale degli eventi che sottraggono ai bambini il loro diritto ad un’infanzia serena, impedendogli di raggiungere il proprio pieno potenziale per poter affrontare il futuro.

Ma è anche vero che per molti dei 1.2 miliardi di bambini finiti nelle stime dell’associazione perché afflitti da povertà, conflitti e varie forme di discriminazione, il concetto stesso di futuro nella situazione di estrema precarietà che vivono quotidianamente sembra essere quasi utopico. Le cosiddette “infanzie perdute” sono frutto di scelte che tendono ad escludere intere popolazioni infantili volontariamente, perché magari appartenenti a gruppi etnici perseguitati; basti pensare ai Rohingya in Myanmar, ad oggi la minoranza più perseguitata al mondo o per negligenza, perché vittime di conflitti troppo lontani dal nostro raggio di interesse, o di problemi quali la malnutrizione, troppo lontani dal nostro vissuto e persino dal nostro immaginario. Eppure, se molti di noi non saprebbero neanche immaginare cosa significa vivere di stenti, molti di questi bambini sparsi nel mondo sono incapaci di immaginare una vita diversa dalla loro, condizioni di vita diverse da quelle imposte da un’esclusione decisa da terzi e che nella realtà assume miriadi di facce differenti. L’esclusione, infatti, è negli occhi di una bambina alla quale si dice che non può andare a scuola perché nata figlia e non figlio; nello stomaco dei bambini che non hanno da mangiare e sono costretti a lavorare per aiutare la propria famiglia; nei piedi delle ragazzine costrette a macinare chilometri in compagnia di una tanica da riempire di acqua, facili prede di eventuali branchi; nelle orecchie dei piccoli costretti a crescere convivendo con il rumore delle bombe o nelle lacrime delle bambine costrette a gravidanze e matrimoni forzati.

Sono loro i mille volti dell’esclusione.

cms_9336/2.jpgSecondo la convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’infanzia approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989, ogni bambino, senza eccezione, ha diritto alla sopravvivenza, a nutrirsi, alla salute e alla casa, all’affetto e alla protezione dei propri genitori, a ricevere stimoli attraverso l’educazione, a vivere senza paura, senza violenza e senza subire abusi e sfruttamento. Nel 2015 i leader mondiali si sono riuniti in una plenaria delle Nazioni Unite per lanciare un’audace sfida alla questione della povertà nel mondo, contro la quale ognuno si è impegnato a combattere con i propri mezzi, per cercare una soluzione concreta e definitiva entro il 2030, in modo tale da salvaguardare le nuove generazioni. Gli “Obiettivi dello sviluppo sostenibile” descrivono un futuro nel quale tutti i bambini possano godere del proprio diritto all’infanzia; gli aspetti cruciali, infatti, di questa convenzione sono la volontà di assicurarsi che gli obiettivi raggiungano ogni segmento di società, con la priorità per i più emarginati. Secondo lo studio redatto da Save the Children, rispetto allo scorso anno, la situazione generale dell’infanzia è migliorata in 95 dei 175 Paesi analizzati, ma ancora in 40 Paesi sembra che il progresso non avanzi con un ritmo incalzante. L’indice mette a paragone vari Paesi in funzione di un insieme di indicatori che rappresentano fattori con un forte impatto per la vita del bambino e che determinano la fine dell’infanzia. Le maggiori minacce sono: la povertà, i conflitti e le discriminazioni di genere nei confronti delle bambine. Sono ben 153 milioni i bambini che si trovano in una situazione di estremo pericolo perché vivono nel mirino di tutte queste minacce. Le stime di Save the children ci parlano di 1000 milioni di bambini che vivono in Paesi assediati dalla povertà estrema, questa fascia di popolazione infantile corre maggiormente il rischio di morte prima dei 5 anni compiuti, oltre che ritardi nella crescita dovuti alla malnutrizione, l’impossibilità di andare a scuola e il lavoro minorile. Sarebbero invece 240 milioni i bambini che vivono in Paesi caratterizzati da equilibri fragili o in fase di conflitto, e per loro la maggiore minaccia oltre al rischio di morte infantile è l’essere obbligati ad abbandonare la propria casa e i propri affetti in circostanze pericolose e terrificanti per un bambino; ancora, 575 milioni sarebbero invece le bambine vittime di discriminazioni di genere, alle quali è negato il diritto all’educazione, alle quali è imposto il matrimonio forzato e la gravidanza prima che siano pronte dal punto di vista fisico e psicologico.

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Una delle foto vincitrici del concorso World press photo of the year di quest’anno, scattata dal fotografo Magnus Wennman, ci rende nota una reazione assurda alle atrocità vissute da quell’1.2 milardi di bambini. Si tratta della “sindrome da rassegnazione”, che colpisce in particolare i bambini dei profughi arrivati in Svezia. La RS rende i malati passivi, immobili, muti, incapaci di bere e mangiare, incontinenti e insensibili agli stimoli fisici. La foto immortala Djeneta e Ibadeta, delle rifugiate rom ospiti a Horndal, in Svezia, provenienti dal Kosovo, entrambe costrette a letto rispettivamente per 2 anni una e per 6 mesi l’altra, per aver contratto questa sindrome. Questa situazione, seppur tragica e paradossale, assedia tacitamente il nostro stesso mondo e colpisce gente come noi che si pensa sia stata meno fortunata a nascere nelle zone dimenticate del pianeta. In realtà non è affatto questione di fortuna questa, perché non dovrebbero affatto esistere aree abbandonate a se stesse, aree dove tutto è concesso e dove sembra concentrarsi tutto il male del mondo quasi ad assumere un valore catartico. E’ a questo che ognuno di noi dovrebbe opporsi, rompendo questo silenzio assordante e cogliendo l’invito all’ “INDIGNEZ VOUS!”.

Federica Scippa

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