Scuola e Società: patto di corresponsabilità

LE INTUIZIONI DELLA MENTE

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In ogni dove si discute di un patto di corresponsabilità educativa fra scuola e territorio. Intanto, intorno a tale argomento, si sono organizzati convegni, tavole rotonde e proposte di riforme, quest’ultime essenziali per un proficuo lavoro di un’istituzione, la scuola, il cui lavoro didattico e pedagogico sarebbe di gran lunga utile, qualora fosse in un’unità d’intenti, o almeno in relazione, con altre agenzie educative e non solo.

Si tratterebbe di mettere in atto percorsi di formazione basati sul rapporto dialogico fra varie esperienze e che coinvolgerebbe cittadini di ogni età e ceto sociale, dai genitori, gli insegnanti, i catechisti ed educatori, istruttori sportivi, al mondo del Terzo Settore e del volontariato.

D’altronde, lo stesso decreto sull’autonomia scolastica descrive “il rapporto tra la scuola e il territorio” come “strategico”. Tale strategia, oltre che mettere in atto dei processi utili e funzionali alla stessa cittadinanza attiva e partecipata, insieme alle competenze fondamentali, garantirebbe quelle relazioni con il territorio utili e fondamentali per ogni completa formazione e crescita, personale e comunitaria.

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La mancanza di interessi e di concrete interazioni fra le varie agenzie educative molto spesso rivelano una certa passività e una non utile politica sociale che non sono proficue per la creazione di quelle stesse basi, atte per un lavoro in comune, che hanno come motivo principe l’utilizzo di un linguaggio comune.

Si lavora, ognuno, a scuola, nelle parrocchie, nei centri sociali, per scompartimenti stagni. Invece, sarebbe utile che la scuola, in modo particolare, facesse proprio delle informazioni sul contesto territoriale, e quindi sociale e culturale di un popolo, il substrato su cui impiantare quell’utile percorso formativo che non è solo trasmissione di saperi, ma prevenzione del disagio relazionale, per esempio, una delle cause principali di politiche - comprese quelle proprie della scuola - deleterie e niente affatto utili al cambiamento.

E’ chiaro che tale tipo di formazione richiede una maggiore attenzione e responsabilità da parte degli insegnanti, genitori, educatori, adulti in generale, perché li vedrebbe come minimo a documentarsi e industriarsi per far fronte al grave problema della responsabilità educativa, vista la profonda crisi della capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli.

Sarà a causa della crisi dei tre “pulpiti”, scuola-famiglia-chiesa, che ha messo bene in guardia tutti relativamente al prezzo delle cose, ma ci si cimenta ancora troppo poco a riflettere sul poco prezzo che diamo alla trasmissione dei valori, i quali non avrebbero prezzo, in termini di vera crescita. La scuola, in questo, deve ancora imparare a fare del proprio patrimonio formativo e culturale il mezzo per difendere ogni giorno il senso stesso di un’istituzione che si dovrebbe sempre più confrontare con la società complessa ed incerta, convivendo con i continui tagli di risorse economiche e di personale, che, quindi, la vedrebbero ancora di più con-partecipe con altre istituzioni locali per garantire la formazione e la crescita.

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C’è, innanzitutto, bisogno di abbandonare certe logiche di auto-difesa della scuola nei confronti delle altre istituzioni educative territoriali. Solo questo porrebbe questa istituzione in grado di valorizzare se stessa, riconoscendosi il grande valore che le si confà, relativamente alla crescita di un popolo, compreso, però, in uno spazio urbano, abitato da diverse economie e diverse religioni… diverse altre istituzioni. Tutte altrettanto utili a garantire la crescita di un popolo verso quel grande valore unico, ma nello stesso tempo vario, che si esprime nella democrazia partecipata, perché vissuta nei vari ambiti di vita. Fra cui la scuola ha senza ombra di dubbio un ruolo importantissimo.

Leonardo Bianchi

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