Siria: ecatombe di bambini

Il rigido freddo invernale contribuisce alla strage e le ostilità provocano un™ulteriore ondata di sfollati da Idlib

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La crisi siriana costituisce una delle parentesi più complesse e controverse della nostra contemporaneità, vista la varietà degli attori che hanno preso parte alla vicenda e considerata soprattutto la molteplicità degli interessi in gioco. È sicuramente complessa a causa della sistematica mutevolezza dei suoi profili e la rapidità di questi cambiamenti, ormai caratteristica peculiare dei conflitti contemporanei di cui la questione siriana è emblema. L’unico aspetto che pare essere lungi dal cambiare se non nel verso di una crescita esponenziale è il bilancio delle vittime civili, dei rifugiati e sempre più degli sfollati, che demarca la catastrofe umanitaria prodotta da ormai 10 anni di incessanti ostilità. L’ultima straziante storia giunta dall’improvvisato campo per sfollati di Ma’rata, a ovest della città di Afrin, nella provincia di Aleppo, storia che ancora una volta riporta come protagonista un’innocente, è quella di Iman Mahmoud Laila. Iman era una bambina di un anno e mezzo, scappata con la sua famiglia dalla regione della Ghouta orientale e stabilitasi in un centro per sfollati, i quali molto spesso essendo improvvisati, vengono meno alla diramazione della rete di corridoi umanitari, e quindi mancano di approvvigionamenti di viveri e beni di prima necessità. Purtroppo note ad esempio sono le barricate incendiate, fonti di fumi tossici,che vengono utilizzate in queste situazioni per far fronte alle temperature rigide dell’inverno siriano.

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La piccola Iman seriamente ammalata, lo scorso giovedì aveva iniziato ad avvertire difficoltà respiratorie. Il padre della piccola, allarmato dalle sue flebili condizioni, ha deciso di intraprendere quello che si può assolutamente denominare un viaggio della speranza verso l’ospedale di Al-Shifa, ad Afrin, distante pochi kilometri, camminando per due ore nel gelo delle 5 del mattino, portandosi la figlioletta stretta in grembo, avvolta in coperte e in tutto ciò che possedeva per mantenerla al caldo. Purtroppo però arrivato in clinica, la sconcertante verità. Il corpicino della piccola Iman giaceva inerme tra le braccia congelate ma piene d’amore di suo padre, sciogliendo il cuore dei medici che hanno assistito alla scena. Secondo i rilevamenti, la bambina era deceduta un’ora prima per assideramento. Scrive il dottor Housam Adnan su Facebook: “Questa mattina presto, una bambina è arrivata nel nostro ospedale di Afrin – si legge nel post – l’ha portata suo padre dalla tenda in cui vivono a pochi chilometri da qui perché accusava problemi respiratori. Gli ha messo addosso tutto ciò che possedeva per tenerla al caldo. Ha fatto tutto il possibile per scaldare il suo cuoricino. L’ha abbracciata forte e piangendo ha camminato dalle cinque del mattino nella neve e nel vento. Ha camminato tra le macerie del suo Paese. I suoi arti erano congelati, ma il suo cuore continuava ad abbracciarla. Ha camminato per due ore prima di arrivare al nostro ospedale. Quando siamo riusciti a separarlo dalla figlia, abbiamo visto il viso angelico della bambina, sorridente. Ma immobile. Abbiamo provato a sentire i battiti del suo cuore ma era morta! Un’ora fa! Quest’uomo ha portato il corpo della figlia senza saperlo".

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Quello che deve spingerci a riflettere è che quello di Iman, non è un episodio isolato; anche il piccolo Abdul Wahhab Ahmad al-Rahhal, di poche settimane ha perso la vita a causa del freddo, nella sua tenda ad Atma, nella campagna settentrionale di Idlib, mentre all’inizio della scorsa settimana, un’intera famiglia sarebbe morta nel sonno per l’inalazione di monossido di carbonio da una stufa accesa dentro la loro tenda vicino alla città di Kafr Rumah nella campagna di Idlib. Save the children fa sapere che le violenze messe in atto ad Aleppo, ripresa la scorsa estate dalle forze governative, hanno portato ad un’escalation delle fughe verso le zone limitrofe, aggravando il problema del sovraffollamento dei campi profughi, che sfocia nella questione sfollati, mentre le temperature rigidissime dell’inverno contribuiscono alla strage umanitaria, rendendo le condizioni dei profughi sempre più vulnerabili. Da dicembre le Nazioni Unite hanno contato 700.000 civili sfollati dalla zona nord-occidentale della Siria, a causa delle continue ostilità, su una popolazione di 3 milioni di abitanti. Perciò è evidente che se fare previsioni circa il destino della crisi è prematuro, sicuramente è un errore affermare che il conflitto con la ritirata delle truppe americane sia concluso, anzi, la stessa questione della ricostruzione di un intero paese distrutto comporterà non poche controversie negoziali.

(Foto di copertina: Globalist - Interne dal Web)

Federica Scippa

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