Smaltimento illegale di rifiuti sull’asse Milano-Calabria

In Italia spesso il problema dello smaltimento dei rifiuti diventa una ghiotta occasione per la criminalità organizzata di creare una fitta rete di profitti illegali.
Infatti, grazie alle indagini della procura di Milano, con il supporto di diversi fascicoli riguardanti discariche abusive situate nell’Italia settentrionale, è emerso un traffico illegale di rifiuti in alcuni capannoni situati in Lombardia e in una cava calabrese, dal valore complessivo di più di un milione e mezzo di euro annui.
Per ora sono stati effettuati 11 arresti di natura cautelare e sequestri di alcuni capannoni situati nelle località di Gessate e Cinisello Balsamo. Tra gli indagati figura anche un pregiudicato calabrese già coinvolto in altre operazioni contro le cosche della ‘ndrangheta.
Il centro di tutte le operazioni di smaltimento era la discarica Smr Ecologia di Como, che alcune intercettazioni hanno confermato essere sotto il controllo della ‘ndrangheta, mentre altri stabilimenti della zona erano già stati sequestrati nei mesi precedenti e nel 2018 a seguito di altre operazioni della procura milanese.
Secondo gli inquirenti questo traffico illegale di rifiuti era gestito dalle cosche della ‘ndrangheta della zona di Lametino, fautori anche di un commercio illegale di armi e droga.
Le bande della zona proponevano agli impianti di stoccaggio in difficoltà economica prezzi molto più agevoli rispetto a quelli delle discariche, alimentando così un interminabile giro di affari da milioni di euro.
Le somme di denaro venivano raccolte attraverso prelievi fatti su PostePay per evitare qualsiasi tracciabilità, per poi essere reinvestiti di nuovo nelle suddette attività illecite.
Secondo alcune testimonianze, a questo si aggiungerebbero anche ripetute aggressioni e minacce ai proprietari degli stessi stabilimenti o altri imprenditori della zona per velocizzare le operazioni di smaltimento e tenere costantemente in moto la macchina di guadagno assemblata in questi anni. Infatti, il titolare dell’impianto di Como, per problemi economici e giudiziari, era stato costretto a cedere ai calabresi la gestione dello stesso.
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