Somalia: ucciso l’Iman “eretico”

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Nel 2006 l’Unione delle Corti Islamiche, il movimento che riuniva la maggior parte degli oppositori all’allora governo nazionale, si sciolse definitivamente. Sembrava che ciò potesse rappresentare un passo avanti verso una risoluzione pacifica dei problemi del Paese, soprattutto considerando che fino ad allora le Corti islamiche avevano promosso atti di intimidazione e di violenza in svariate regioni. All’interno del movimento, tuttavia, esistevano numerosi giovani ragazzi che, forse per l’incoscienza tipica dell’età o forse per la risolutezza del proprio fondamentalismo islamico, si rifiutarono di abbandonare le proprie storiche battaglie. Da una costola dell’Unione decisero dunque di fondare un gruppo autonomo, l’Al-Shabaab (“il partito della gioventù”). Ben presto tale movimento raggiunse una struttura sempre più complessa ottenendo il consenso, tra gli altri, di quelli che erano stati i veterani della guerra di Mogadiscio.

Approfittando della debolezza dell’allora governo di Sharif Ahmed, un uomo in contrasto con gran parte del proprio parlamento, l’Al-Shabaab conquistò l’importante centro di Baidoa e numerose province del sudest del Paese. Fu solamente alla fine del 2011, quando l’esecutivo Somalo dopo aver chiesto l’aiuto del vicino Kenya organizzò l’operazione militare Linda Nchi, che il governo nazionale riuscì a recuperare quasi tutti i territori fino ad allora occupati dall’Al-Shabaab.

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Col tempo, il gruppo terroristico ha certamente visto decrescere la propria influenza, ma non per questo ha abbandonato i propri folli obiettivi; al contrario, oggigiorno dal rovesciamento dell’esecutivo filo occidentale sino alla più rigida applicazione della sharia ognuno degli scopi del gruppo sembra essere sopravvissuto non solo alle sconfitte sul campo di battaglia, ma perfino al trascorrere degli anni.

Nel frattempo a Gallacaio, una piccola città universitaria già nota come “Rocca Littorio” ai tempi dell’occupazione italiana, un carismatico Iman di nome Sheikh Abdiweli aprì un santuario sufi dove organizzare seminari e culti religiosi. Ben presto, l’Iman iniziò a guadagnarsi l’amore della sua gente grazie alla propria capacità di promulgare un islam moderato distante sia dal materialismo ateo che dal fanatismo delle cellule religiose. Col passare del tempo, però, la sua popolarità gli attrasse anche le invidie e lo scetticismo di chi, a differenza sua, non vedeva di buon occhio un’interpretazione troppo progressista della religione. In particolare, venne contestata l’abitudine di Abdiweli di incoraggiare i suoi allievi a cantare e a ballare, due attività che dal suo punto di vista dovevano servire ad avvicinare i ragazzi a Dio, ma che evidentemente per qualcuno rappresentavano solamente una trasgressione alle rigide leggi di Allah.

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Sul conto dell’Iman iniziarono a circolare sempre più calunnie, come quella secondo cui avrebbe osato autodefinirsi un “profeta”, parola che nella religione islamica rappresenta una blasfemia se non viene associata alla figura di Maometto. Malgrado Abdiweli tentò ripetutamente di negare questa accusa, essa venne più volte ribadita al punto che sul pover’uomo si abbatté l’ira dei membri dell’Al-Shabaab, ansiosi di trovare qualcuno su cui sfogare la propria sete di sangue. Più volte l’Iman è stato reso protagonista di scherni e di minacce di morte nelle ultime settimane, eppure coraggiosamente egli non ha mai desistito dal lottare per ciò che credeva giusto. Non fino a quando almeno, nella mattinata di lunedì è accaduto ciò che nessuno avrebbe mai voluto accadesse.

I terroristi di Al-Shabaab hanno fatto esplodere un’auto nei pressi del santuario e, non appena chiunque vi si trovasse all’interno ha tentato di fuggire per mettersi al riparo dalle fiamme, è stato freddato da spietati e ben addestrati miliziani dell’organizzazione. Dieci persone sono decedute, tra cui ovviamente il bersaglio principale dell’operazione, Abdiweli, ma anche alcune donne e ragazzi adolescenti. Il numero delle vittime tuttavia potrebbe salire ulteriormente nelle prossime ore dal momento che una volta giunta sul posto la polizia locale, gli uomini dell’Al-Shabaab non hanno neppure preso in considerazione l’idea di arrendersi o di fuggire, ma hanno piuttosto dato vita a un conflitto a fuoco perdurato per diverse ore.

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Il gruppo non è nuovo a questo genere di attentati: sempre più osservatori, anzi, sembrano convinti dell’esistenza di un’alleanza strategica fra loro e al Qaeda al fine di seminare morte e distruzione e del fatto che molte delle proprie operazioni sarebbero finanziate dalla pirateria somala, fortemente interessata a destabilizzare gli equilibri del Paese; inoltre, da alcuni mesi il proprio raggio d’azione non si limiterebbe al proprio semplice territorio d’origine ma anche ad altre nazioni dell’Africa orientale come il Kenya, è dunque probabile che siano proprio loro a celarsi dietro il recente rapimento di Silvia Romano. Purtroppo, come sappiamo, quando un gruppo religioso vuole imporre in maniera violenta la propria visione dogmatica della società e della politica, a farne le spese il più delle volte sono proprio le persone più innocenti.

Gianmatteo Ercolino

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