Sos privacy. Norme più sicure e sanzioni più severe
Gli effetti della globalizzazione, a medio e a lungo termine, presentano ogni giorno che passa un conto sempre più salato agli abitanti del pianeta. Paura, senso di insicurezza e buon ultimo l’invasione digitale nelle nostre vite, rappresentano gli spettri che si aggirano attorno alle nostre esistenze rendendo la nostra quotidianità sempre più una gara a chi riesce a salvarsi dall’incerto e dal transeunte. Questa però è anche un’epoca di forti paradossi, tra cui l’illusione e la falsa convinzione di vivere in un mondo che permette a tutti una larga partecipazione alla vita pubblica attraverso il meccanismo dei “like”, della condivisione, del retweet.
Come detto è solo una pia illusione riuscire a influenzare il dibattito e la vita politica attraverso i nostri interventi sotto forma di “post”. La banalità di un’operazione di tal genere nasconde al contrario un’altra verità, ovvero l’utilizzo di quei milioni di commenti e di post per trasformarli in dati da raccogliere e profilare in modo da far confluire tutte le informazioni in quel grande calderone chiamato “big data”. Le recenti iniziative della CE sulle modalità di raccolta e trattamento dati da parte dei soggetti pubblici e privati con i quali giornalmente ci interfacciamo (vedi Regolamento europeo GDPR), non sembrano non solo essere sufficienti, ma non offrire le giuste garanzie e sicurezze ai cittadini/utenti. E se dunque la soluzione al problema sulla privacy e sulla nostra riservatezza non fosse di natura prettamente politica, intendendo una corresponsabilità di opinione pubblica, partiti (o di ciò che ne rimane) e dei signori della Silicon Valley?
Guardare al futuro e a ciò che potrà accadere nel brevissimo termine se non si pone un argine alla mancanza di consapevolezza del vuoto legislativo (problema eminentemente politico) e soprattutto etico (utenti e signori del silicio), significa assumersi ognuno le proprie brave responsabilità, ponendo innanzitutto un freno al quel fortissimo potere di strumento decisorio rappresentato da quell’arbiter che è divenuto il mercato e dalla sua diretta genia, ovvero il dominus del brand. Inutile appare demonizzare tout court le nuove tecnologie avendo imparato dalla storia che ciò non porterebbe a nessun risultato razionalmente accettabile. Diventa invece utile per tutti implementare un sistema di regole che serva a tenere a freno la corsa a quello che è ormai definito come l’oro nero del nuovo secolo, ovvero le nostre vite.
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