TEHERAN,UCCISO MOHOSEN FAKHRIDAZEN

Ipotesi di coinvolgimento dei servizi segreti israeliani

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L’assassinio dello scienziato iraniano Mohosen Fakhridazen, nonché direttore generale del programma iraniano sul nucleare, apre un amplio varco circa la decennale vicenda del contrasto allo sviluppo e alla proliferazione delle utilizzazioni dell’energia atomica da parte della potenza mediorientale. Imputati per la commissione di tale illecito internazionale, secondo quanto riportato dalle fonti del New York Times, sarebbero ancora una volta, membri dell’intelligence israeliana, che già in passato si era resa responsabile di episodi analoghi ai danni di altri esponenti del mondo della ricerca. "Ancora una volta, le mani malvagie dell’arroganza globale, con il regime usurpatore sionista come mercenario, sono macchiate con il sangue di un figlio di questa nazione", scrive Rohani sul suo sito ufficiale riferendosi all’omicidio dello scienziato, e sottintendendo un’accusa di mercenarismo nei confronti di una Tel Aviv subordinata alla volontà statunitense che al contrario si dichiara all’ignaro dell’operazione. Lo stupore degli States però lascia molto desiderare considerata la stretta alleanza con Israele e il sistematico scambio di informazioni sull’Iran. Storicamente gli Stati Uniti sono stati i primi ad incentivare la realizzazione di un programma nucleare iraniano attraverso la sottoscrizione dell’accordo di cooperazione per l’uso civile dell’energia atomica del 1957, le cui clausole di garanzia, escludenti l’impiego delle risorse fornite per la costruzione di armamenti atomici e per intraprendere studi mirati allo sviluppo di tecnologie ad essi correlati, si inserivano nella politica dell’ “Atoms for Peace” di Eisenhower. L’obiettivo di tutto ciò era quello di convogliare la diffusione del nucleare a livello globale, verso un utilizzo pacifico nella speranza che quest’ultimo ne precludesse quello militare.

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Allo stesso tempo però dopo i primi importanti sviluppi del programma nucleare iraniano includenti la costruzione di reattori, di impianti per l’arricchimento dell’uranio, attività di estrazione, furono gli stessi americani a voler ridimensionare la portata degli avvenimenti, negoziando una serie di limitazioni al programma nucleare, che però vennero inevitabilmente rifiutate dall’Iran, nel nome del diritto a dotarsi di energia atomica come un qualsiasi altro stato sovrano. È in questo contesto che si inseriscono gli interessi di Israele analogamente volti a monitorare la situazione iraniana se non ad annichilirne la capacità atomica. L’Iran infatti potrebbe benissimo costituire un’egida guida del Medio Oriente sciita, avendo la potenzialità e l’influenza necessario a livello regionale per assumerne la leadership, e questo rappresenta un’eminente minaccia per Israele, che fino ad ora si è fatta forza sull’esclusività del suo arsenale nucleare e dell’appoggio degli USA, nonostante sia fisicamente isolata. Dalle ipotesi di certi opinionisti scaturisce la possibilità che il governo israeliano stia approfittando degli ultimi momenti dell’amministrazione Trump per il compimento di tali atti, forte della presunzione di impunità, mentre si vocifera su una strategia per cui l’Iran indebolito dalla pandemia e da tali assassini, sarebbe indirettamente indotto ad approcciarsi alla stipulazione di un nuovo accordo con il presidente entrante.

Federica Scippa

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